Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 30-03-2011, n. 295 Procedimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con provvedimento del 17 novembre 2009 l’Assessorato appellato ha ingiunto al sig. Co. di ridurre in pristino l’area demaniale marittima da lui abusivamente occupata in località Punta Grande del comune di Realmonte.

In concreto è stata ingiunta all’odierno appellante la demolizione di una piattaforma pavimentata e contornata da muretti, dell’estensione di mq. 24 circa, appunto realizzata su suolo del demanio marittimo.

L’ordinanza di sgombero sopra citata è stata impugnata dal destinatario avanti al T.A.R. Palermo il quale con la sentenza semplificata in epigrafe indicata – resa all’esito della camera di consiglio fissata per l’esame dell’incidente cautelare – ha respinto il gravame.

A sostegno del decisum il Giudice di primo grado ha osservato che l’opera abusiva è stata realizzata su una porzione di suolo demaniale per la quale non risulta concessa (e a dire il vero nemmeno richiesta) la necessaria concessione.

La sentenza è stata impugnata dal soccombente il quale ne ha chiesto l’integrale riforma, deducendo a tal fine tre motivi di impugnazione.

Si sono costituite in resistenza le Amministrazioni intimate.

Nella udienza del 16 dicembre 2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

L’appello è nel suo complesso infondato e va pertanto respinto, con integrale conferma della sentenza gravata.

Con il primo motivo di impugnazione l’appellante sostiene che erroneamente il Tribunale ha definito il giudizio con sentenza semplificata resa all’esito della camera di consiglio fissata per l’esame della domanda cautelare, non sussistendo i presupposti all’uopo divisati dall’art. 26 della legge n. 1034 del 1971 e successive modifiche.

Il mezzo non è fondato e va pertanto disatteso.

Come chiarito da costante giurisprudenza, presupposti per l’adozione della sentenza in forma semplificata sono la completezza del contraddittorio (cioè la rituale notifica del ricorso e il rispetto del termine per la discussione sull’istanza incidentale), la completezza dell’istruttoria, l’avviso alle parti.

Fermo quanto sopra, l’esigenza e l’opportunità della sollecita decisione nel merito di una causa è da intendersi rimessa al prudente apprezzamento del giudice e non alla volontà delle parti, alle quali è stato riconosciuto il diritto di essere avvertite dell’intenzione del giudice (di decidere immediatamente nel merito la causa) al fine precipuo di non esaurire le loro difese sul piano della misura cautelare incidentalmente richiesta e di sviluppare pertanto le proprie argomentazioni difensive anche nel merito.

Di conseguenza, la censura proposta contro la sentenza di primo grado, con cui si denuncia la carenza dei presupposti per la pronuncia in forma semplificata all’esito della camera di consiglio fissata per la trattazione dell’incidente cautelare, è infondata, atteso che la doglianza si sostanzia in una censura di difetto di motivazione della sentenza impugnata che non rileva nel giudizio di appello, giacché l’effetto devolutivo di quest’ultimo consente al giudice di appello di provvedere sulle domande, eventualmente integrando la motivazione mancante (cfr. fra le recenti IV sez. n. 4244 del 2010).

Peraltro la doglianza ora scrutinata esibisce anche profili di inammissibilità, risultando dagli atti da un lato che la parte ricorrente fu resa edotta dell’intenzione del collegio giudicante di definire immediatamente nel merito la causa; dall’altro che la stessa non ha formulato al riguardo obiezioni.

Con il secondo motivo l’appellante sostiene che lo spostamento della linea di battigia e il mutamento del perimetro costiero – dimostrati in base a perizia tecnica – hanno nel tempo determinato una situazione di obiettiva incertezza circa l’effettiva estensione del demanio marittimo in loco: pertanto l’Assessorato, prima di adottare l’ordinanza gravata in prime cure, avrebbe dovuto avviare il procedimento di delimitazione del demanio marittimo previsto dall’art. 32 del codice della navigazione.

Anche questo mezzo non può essere positivamente valutato.

Come è noto, il fatto che un terreno (come quello per cui è controversia) sia indicato negli atti ufficiali e nelle mappe catastali come compreso nel demanio marittimo dimostra che è stata a suo tempo espletata la procedura di delimitazione di cui al combinato disposto dell’art. 32 cod. nav. e dell’art. 58 reg. nav. mar. (regolamento di attuazione per la navigazione marittima). La natura demaniale del terreno in questione, così come verificata e accertata a livello documentale, avrebbe quindi potuto essere contestata solo con la prova, da parte del privato interessato dell’intervento di obiettive alterazioni dello stato di fatto, quali determinate da reali sconvolgimenti del terreno o da effettivi fenomeni di spostamento della linea di battigia per cause naturali.

A giudizio del Collegio i documenti versati dal ricorrente non forniscono in realtà questa prova, la quale non può essere surrogata da affermazioni che a ben vedere risultano nel loro complesso generiche, meramente assertive o addirittura formulate in via di ipotesi.

In ogni caso ogni questione relativa alla effettiva natura demaniale del suolo occupato dall’appellante esula dai confini della giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo: la contestazione dell’esistenza della proprietà demaniale e conseguentemente l’affermazione del diritto dominicale del privato non possono infatti che rientrare nella cognizione del giudice ordinario.

Con ulteriore motivo l’appellante osserva che la piattaforma di cui si discute è stata realizzata in epoca assai risalente: l’Amministrazione avrebbe dovuto quindi esternare espressamente le ragioni di pubblico interesse che a distanza di tanti anni ne imponevano la demolizione.

Il mezzo è del tutto infondato in quanto per consolidata giurisprudenza l’esercizio del potere di autotutela demaniale non richiede alcuna particolare motivazione in ordine alla prevalenza dell’interesse pubblico al ripristino dello status quo ante rispetto a quello del privato alla conservazione dell’occupazione dell’area demaniale marittima, posto che l’ordine di ripristino dello stato dei luoghi è inequivocabilmente configurato dall’art. 54 cod. nav. come un atto dovuto.

Sulla scorta delle considerazioni che precedono l’appello va quindi respinto.

Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

Le spese di questo grado del giudizio possono essere compensate, avuto riguardo alla ridotta attività difensiva dell’Amministrazione.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Compensa tra le parti spese e onorari di questo grado del giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo il 16 dicembre 2010 dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio, con l’intervento dei signori: Raffaele Maria De Lipsis, Presidente, Filoreto D’Agostino, Antonino Anastasi, estensore, Pietro Ciani, Giuseppe Mineo, Componenti.

Depositata in Segreteria il 30 marzo 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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