Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 30-03-2011, n. 290 Giustizia amministrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Giunge in decisione l’appello proposto dal Comune di Melilli avverso la sentenza, di estremi specificati nell’epigrafe, con la quale il T.A.R. per la Sicilia, sezione staccata di Catania, ha respinto il ricorso, promosso dall’amministrazione civica appellante, onde ottenere l’annullamento della delibera n. 3 dell’Assemblea del Consorzio ATO di Siracusa del 26 ottobre 2007, con la quale, tra l’altro, si è deliberato di "provvedere all’approntamento degli atti necessari per autorizzare la stipula della Convenzione per la gestione del SII nella Provincia di Siracusa …", dando mandato al dirigente del settore appalti e contratti di integrare le previsioni contrattuali, di modo che "…la compresenza del contratto bancario con IRFIS e quello di garanzia dei soci (Sogeas e Saceccav) per 7.000.000,00 di Euro (settemilioni di euro) ciascuno da parte di Banca Intesa e Banco di Sicilia sono condizioni essenziali in sede di stipula della convenzione di concessione per SII. Il concessionario dovrà produrre entro quattro mesi dalla firma del contratto i finanziamenti di start up sopra indicati (Banca Intesa e Banco di Sicilia) immediatamente operanti ed incondizionati …", con la ulteriore precisazione "… che, ove l’organizzazione complessiva dell’operazione di project finance relativa all’intero Piano d’Ambito non venga completata con l’istituto finanziario entro tre anni dalla esecutività della convenzione, ed entro lo stesso termine non venga sostituita con altra identica o migliorativa, il contratto è risolto per responsabilità esclusiva del concessionario".

2. – Si sono costituiti, per resistere all’impugnazione, il Consorzio ATO di Siracusa (d’ora in poi denominato, breviter, "Consorzio") e la SAI 8 S.p.A., già Sogeas ATO Idrico 8 S.pA. (nel prosieguo, soltanto "Sogeas"); quest’ultima ha altresì interposto, contro la medesima sentenza impugnata dal Comune di Melilli, un appello incidentale, condizionato all’accoglimento del gravame proposto in via principale.

3. – All’udienza pubblica del 15 dicembre 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.

4. – Ai fini della migliore intelligenza delle questioni devolute alla cognizione del Collegio è indispensabile dedicare brevi cenni alla ricostruzione delle vicende dalle quali ha tratto origine la controversia; a questi fini è possibile attingere alla compiuta narrativa del fatto contenuta nella sentenza impugnata.

Giova allora riferire che la Provincia di Siracusa e i Comuni del medesimo territorio provinciale si determinarono a gestire il Servizio Idrico Integrato (SII) dell’Ambito Territoriale Ottimale (ATO) di Siracusa nella forma del consorzio.

L’assemblea del Consorzio ATO di Siracusa, con deliberazione del 23 aprile 2003, n. 7, decise di scegliere, quale forma di gestione del SII, l’affidamento a terzi mediante pubblico incanto.

Fu quindi indetta una prima gara nella quale si fissò il 10 ottobre 2004 quale termine ultimo per la presentazione delle offerte.

Entro detta data pervenne una sola offerta e pertanto, ai sensi del comma 2 dell’art. 15 del bando di gara, non si procedette ad alcuna aggiudicazione, essendo stata espressamente prevista la necessità, a detti fini, di almeno due offerte valide.

In data 27 dicembre 2004 il consiglio di amministrazione dell’ATO approvò un nuovo bando di gara, emendando l’art. 15 come di seguito "…in caso di ammissione di un solo concorrente non si procederà all’espletamento della gara così come non si procederà all’aggiudicazione in presenza di una sola offerta valida. Ove si verifichi tale condizione è nella facoltà della stazione appaltante avviare procedura negoziata, ai sensi dell’art. 13 del decreto legislativo 158/95, con l’unico concorrente che eventualmente abbia presentato offerta e con altri soggetti che siano in possesso dei necessari requisiti di carattere generale, pervenendo, in caso di esito positivo della negoziazione, alla stipula della concessione contratto". L’art. 10 di detto atto indittivo richiedeva che "(…) il piano finanziario contenuto nell’offerta del concorrente, predisposto sulla base della documentazione di gara, dovrà essere garantito da impegno irrevocabile, rilasciato da banche iscritte all’albo di cui all’art. 13 del testo unico delle leggi in materia bancaria e finanziaria ovvero abilitate ad operare in Italia, a provvedere ai finanziamenti necessari all’attuazione di quanto previsto nell’offerta (…)"; ossia detto impegno avrebbe dovuto avere una durata di trenta anni, cioè per un periodo corrispondente a quello di efficacia temporale della concessione.

Entro il prescritto termine del 25 febbraio 2005 pervenne una sola offerta dell’ATI costituenda Sogeas (con SACECCAV) e il consiglio di Amministrazione dell’ATO, in linea con quanto disposto dall’art. 15 comma 2 del bando di gara, decise di avviare la procedura negoziata. Con avviso del 17 marzo 2005 l’ATO invitò a presentare delle offerte, oltre all’ATI sunnominata, anche due ulteriori imprese.

Entro la data di scadenza, fissata al 18 aprile 2005, giusta proroga deliberata dal consiglio di amministrazione, l’unica offerta valida pervenuta fu, ancora una volta, quella dell’ATI costituenda Sogeas. Il 19 dicembre 2005, a seguito di un’istruttoria delegata ad un’apposita commissione tecnica, l’assemblea dei rappresentanti del Consorzio affidò, con delibera n. 4, all’ATI Sogeas la gestione del SII e i lavori connessi all’ATO di Siracusa.

In data 3 luglio 2006 l’Assemblea del Consorzio approvò definitivamente lo schema di convenzione di gestione tipo ed il disciplinare tecnico.

In data 7 agosto 2006, con relativo atto notarile, i componenti della ATI aggiudicataria della gara costituirono la "SOGEAS ATO IDRICO 8 S.p.A.", odierna resistente e appellante incidentale.

Con nota n. 601 del 5 ottobre 2006 la Sogeas avanzò una proposta di avviamento della gestione dei lavori, proponendo, nelle more del completamento dell’istruttoria finalizzata all’ottenimento dell’impegno finanziario da parte delle banche, l’immediato inizio del servizio ("start up") mediante un piano operativo triennale, anziché trentennale, come previsto all’art. 10, comma 5, del bando di gara in correlazione al periodo di durata della concessione del servizio.

In ordine a tale proposta, il Consorzio chiese un parere ad un legale: in particolare, si richiese di verificare la possibilità di far luogo alla stipula del contratto di concessione, limitando tuttavia l’impegno irrevocabile dell’istituto di credito agli interventi in cofinanziamento da realizzarsi nel primo piano operativo triennale.

Il parere fu reso il 3 dicembre 2006 e in esso si osservò che sebbene l’impegno ridotto, quanto meno formalmente, non soddisfacesse la condizione al cui avveramento era stata subordinata l’efficacia della concessione e la stipula del contratto di concessione, né la previsione del bando di gara di cui all’art. 10 comma 4, che non limitava affatto l’obbligazione di garanzia da parte della banca ad un periodo determinato (prevedendolo, invece, con riferimento a tutti gli interventi da effettuarsi nell’arco di validità trentennale della concessione, posto che l’impegno irrevocabile richiesto alle banche avrebbe dovuto riguardare il piano finanziario nella sua interezza e per l’intero arco temporale di durata della concessione), nondimeno, considerata l’eventualità della perdita di un finanziamento comunitario, era opportuno che il Consorzio valutasse l’idoneità e la sufficienza, non di una garanzia diversa, ma di una diversa modalità di prestazione della stessa che, per un verso, facesse salvi gli interessi del Consorzio e, per altro verso, rendesse più agevole l’ottenimento di garanzie per la realizzazione di quanto previsto nel piano finanziario del concessionario, sempre per la durata di trent’anni, frazionando nel tempo l’esecuzione dell’obbligazione del concessionario.

Il 26 ottobre 2007, con l’impugnata delibera n. 3, l’Assemblea, avendo giudicato idoneo il sistema di garanzie offerto dalla Sogeas, diede mandato al dirigente competente di provvedere all’approntamento degli atti necessari alla stipula della convenzione, assegnando alla Sogeas un termine di quattro mesi dalla stipula per produrre i finanziamenti di "start up" e uno di tre anni, decorrente dalla esecutività della convenzione di gestione, per il completamento dell’operazione di project financing relativa all’intero piano d’ambito.

A questo punto il Comune di Melilli, premesso che il proprio rappresentante non aveva partecipato alla votazione con la quale l’Assemblea del Consorzio aveva adottato la delibera sunnominata, adì il T.A.R. per la Sicilia, sezione staccata di Catania, deducendone l’illegittimità per eccesso di potere e violazione di legge con riferimento all’art. 10, comma 5, del bando di gara. In particolare, il Comune di Melilli si lamentò del contrasto tra la delibera n. 3 del 26 ottobre 2007 e quanto disposto con il citato art. 10, comma 5, del bando di gara, dal momento che non risultava rispettata la condizione, alla quale era stata subordinata l’efficacia della concessione e la stipula del relativo contratto, della presentazione di garanzie bancarie irrevocabili per il finanziamento di tutti gli interventi da effettuarsi per la durata trentennale della concessione; secondo il Comune ricorrente, il Consorzio, così operando, avrebbe posto in essere un atto illegittimo, in violazione dei principi di trasparenza e par condicio insiti nel concetto stesso di gara, sia pure negoziata.

5. – Il T.A.R. ha respinto il ricorso promosso dal Comune di Melilli sulla base delle seguenti argomentazioni:

– innanzitutto, ha affermato, respingendo un’eccezione sollevata dal Consorzio e dalla Sogeas, che la controversia apparteneva alla giurisdizione del giudice amministrativo, vertendo la causa sull’impugnazione di un provvedimento posto "a monte" dello stipulando contratto e, quindi, in nessun modo riconducibile a un assetto negoziale e paritario di interessi, tale da giustificare una deroga alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in tema di procedure di affidamento di lavori, forniture e servizi di cui all’art. 33 del D.Lgs. n. 80/1998; d’altronde, il Comune ricorrente aveva chiesto testualmente l’annullamento della delibera n. 3/2007 dell’Assemblea del Consorzio e, quindi, il petitum sostanziale andava individuato nella richiesta di annullamento di un atto del procedimento amministrativo afferente una gara di evidenza pubblica, a motivo dell’asserita violazione di norme di azione sottostanti;

– nel merito, il T.A.R. ha osservato che effettivamente l’art. 10, comma 5, del bando di gara richiedeva che il piano finanziario contenuto nell’offerta del concorrente, predisposto sulla base della documentazione di gara, dovesse essere garantito da un impegno irrevocabile – rilasciato da banche iscritte all’albo di cui all’art. 13 del testo unico delle leggi in materia bancaria e finanziaria ovvero abilitate ad operare in Italia – a provvedere ai finanziamenti necessari all’attuazione di quanto previsto nell’offerta e che tanto disponeva anche la correlativa lettera di invito;

– pertanto, tutte le offerte presentate – ivi compresa quella dell’ATI Sogeas – avrebbero dovuto contenere un piano finanziario, idoneo alla realizzazione di tutti gli interventi da effettuarsi nell’arco trentennale della concessione e assistito da un impegno irrevocabile di pari durata;

– sennonché il Tribunale ha ritenuto che dovesse tenersi in adeguata considerazione sia la peculiarità della fattispecie sia la natura propria della procedura negoziata, senza bando, di cui all’art. 57 del D.Lgs. n. 163/2006, in concreto esperita;

– il primo Giudice ha difatti valorizzato le circostanze, evidenziate nel corso dell’attività istruttoria svolta dagli organi del Consorzio e pure nel citato parere legale, del pregresso esito negativo di ben due procedure di gara (non andate a buon fine) e dell’impossibilità di reperire sul mercato finanziario operatori disposti a concedere una garanzia bancaria di durata trentennale;

– il T.A.R. ha altresì soggiunto che, in alternativa, la garanzia richiesta all’ATI Sogeas ben avrebbe potuto essere prestata con una diversa modulazione temporale: ossia attraverso l’immediato inizio del servizio ("start up") e con l’approvazione di un successivo piano operativo cadenzato su base triennale;

– in questo modo fu dato avvio alla gestione effettiva del servizio e all’esecuzione dei lavori sotto la condizione risolutiva che il gestore producesse l’impegno irrevocabile previsto nel bando di gara, limitatamente agli investimenti in cofinanziamento per gli importi da realizzarsi in tempi diversi e ciò anche in considerazione del fatto che l’IRFIS Medio-Credito aveva concesso alla Sogeas un finanziamento fino a complessivi 24,5 milioni; inoltre, in aggiunta a tale finanziamento, i soci della Sogeas si erano dichiarati disponibili a finanziare ulteriori 8,3 milioni attraverso l’esecuzione dei lavori, e con l’intervento di ulteriori linee di credito da parte di Banca Intesa Infrastrutture e Sviluppo e Banco di Sicilia Corporate;

– tanto premesso, secondo il Tribunale, le proteste del Comune di Melilli erano prive di fondatezza in quanto:

A) il Consorzio, attraverso la delibera n. 3 del 27 dicembre 2004, divenuta inoppugnabile, aveva scelto la procedura negoziata;

B) detta procedura, ancorché procedimentalizzata, implicava, per definizione, la "trattabilità" delle condizioni e del contenuto del contratto, senza che ciò comportasse alcuna inosservanza delle regole dell’evidenza pubblica comunitaria o deroghe di sorta alla regola della massima concorsualità;

C) la lettera di invito alla procedura negoziata espressamente richiedeva la presentazione di offerte conformi "alle condizioni sostanziali del disciplinare di gara": ciò denotava che, ferma la impostazione di fondo del disciplinare, l’indetta negoziazione fosse compatibile con un margine di modificabilità delle altre condizioni, in sintonia con la natura propria della procedura negoziata senza bando di cui all’art. 57, comma 2, del D.Lgs. n. 163/2006, nel corso della quale il rispetto delle previsioni di base non esclude un certo spazio di manovra per l’amministrazione, specialmente ove questa miri a spuntare le migliori condizioni contrattuali di mercato o a mitigare l’asprezza di clausole o di condizioni tali da collocare l’appalto fuori dalle normali regole di mercato;

D) nel caso concreto, l’immediata attivazione del servizio, disposta per evitare le lungaggini di una istruttoria bancaria assai complessa, era controbilanciata dalla previsione di un modulo triennale pienamente garantito e risultava imposta dalla necessità di non perdere un notevole finanziamento comunitario;

E) in tale ottica, la delibera impugnata resisteva alle censure formulate dal Comune ricorrente, tenuto conto della discrezionalità di cui era dotata l’amministrazione, tanto più se posta – come nella specie – di fronte a drastiche scelte alternative come quelle sopra accennate;

F) in definitiva, la denunciata variazione delle condizioni iniziali, non solo non aveva significativamente modificato le "condizioni sostanziali del disciplinare di gara", ma era altresì coerente con la riscontrata impossibilità di pervenire in altro modo, tempestivamente, all’affidamento in concessione del SII e con l’esigenza di scongiurare il grave rischio di perdere gli ingenti aiuti comunitari;

G) sebbene, dunque, fosse innegabile la modifica dell’impegno bancario previsto originariamente dalla lex specialis, nondimeno doveva ritenersi che dette modifiche non incidessero sensibilmente sulle previsioni del bando, essendosi tra l’altro imposto alla ATI Sogeas di produrre successivamente un contratto di finanziamento relativo all’intero piano d’ambito, entro tre anni dalla esecutività della convenzione; H) per le medesime ragioni erano inconducenti le censure afferenti la violazione del principio di parità tra i ricorrenti, dal momento che la modifica delle condizioni contrattuali non aveva arrecato nessun vulnus agli intessi dell’amministrazione e delle imprese, giacché nessuna impresa, se non l’ATI Sogeas, si era dimostrata interessata al servizio.

6. – Avverso la pronuncia del T.A.R., sopra riferita nei suoi contenuti essenziali, è insorto in appello il Comune di Melilli, il quale ha dedotto, in estrema sintesi, che l’intero argomentare del Tribunale poggia su un presupposto del tutto errato: in particolare, l’appellante ha osservato che, diversamente da quanto opinato dal primo Giudice, la modifica delle condizioni contrattuali, di cui si è dato sopra conto, non fosse affatto marginale e che, al contrario, siano state completamente stravolte le prescrizioni contenute negli atti indittivi.

Sotto altro aspetto il Comune ha rilevato che, operando nel modo sopra descritto, il Consorzio aveva di fatto negoziato condizioni del tutto diverse da quelle originariamente previste, esorbitando ampiamente dai limiti imposti dal citato art. 57 e violando il principio di pari trattamento tra i concorrenti.

7. – Contro la medesima pronuncia è insorta anche la Sogeas, censurando, in via subordinata all’eventuale accoglimento dell’appello principale, il capo di decisione recante il riconoscimento, nella fattispecie, della giurisdizione amministrativa.

8. – Tanto premesso, il Collegio ritiene che la complessiva considerazione di tutto il materiale cognitorio acquisito al secondo grado del giudizio imponga il preliminare scrutinio dell’appello incidentale, con il quale – come in precedenza evidenziato – la Sogeas ha criticato la sentenza impugnata, in relazione all’affermazione della sussistenza della giurisdizione amministrativa; qualora dovesse accertarsi il difetto della potestas iudicandi, allora, in via consequenziale, verrebbe meno ogni interesse a verificare la fondatezza delle questioni di merito sottoposte al vaglio di questo Consiglio con l’appello principale. Al riguardo, il Collegio, ritiene di non dover aderire, sotto questo riguardo, alle richieste dell’appellante incidentale. Se, invero, il giudice ha, in generale, l’obbligo, promanante dal principio della domanda, di non disattendere l’ordine con il quale la parte abbia dedotto i vari motivi di ricorso (dal momento che è doveroso presumere che detta graduazione, secondo la valutazione fattane dalla stessa parte, sia quella più adatta a soddisfare nel migliore dei modi l’interesse fatto valere in giudizio), deve nondimeno ritenersi che un tale obbligo venga meno nelle ipotesi in cui l’ordine di esame delle questioni, proposto dalla parte, confligga con la logica giuridica. Laddove, invero, si palesi un tale conflitto, allora il governo del materiale cognitorio e decisorio torna nella piena disponibilità del giudicante, il quale ha il potere e il dovere di scrutinare i mezzi di gravame nell’ordine reputato corretto.

9. – Muovendo da tali considerazioni, va respinto l’appello incidentale. Ed invero, secondo il Consorzio, il ricorso originario del Comune di Melilli sarebbe stato promosso al fine di ottenere una dichiarazione di nullità o di inefficacia del contratto di appalto pubblico. Il Comune di Melilli avrebbe in sostanza impugnato detto contratto perché asseritamente in contrasto con le previsioni della lettera di invito; la giurisdizione, pertanto, spetterebbe al giudice ordinario, dal momento che il contratto di affidamento, sottoscritto in data 8 febbraio 2008, fu stipulato molto tempo dopo la conclusione delle procedura (terminata nel 2005) e, dunque, la vicenda esulerebbe dall’ambito cognitorio e decisorio riservato al giudice amministrativo.

La tesi patrocinata dal Consorzio non può essere condivisa. Secondo il Collegio sussistono invece due e convergenti titoli che, nella fattispecie, giustificano la cognizione del giudice amministrativo.

A ben vedere, infatti, la fattispecie sopra riferita si presta ad essere ricostruita sia nei termini di una riapertura della procedura negoziata già conclusa sia, in via concorrente, quale modifica dei presupposti per la stipula di un accordo amministrativo (id est, la convenzione che accede a una concessione di un servizio pubblico). Orbene, sotto il primo aspetto, è indiscutibile che la controversia rientri nell’alveo della giurisdizione amministrativa in materia di procedure di affidamento di servizi (in base al combinato disposto degli artt. 244 e 30 del Codice dei contratti pubblici); con riferimento al secondo e compresente profilo, la lite attiene alla formazione di un accordo amministrativo e, quindi, comunque si radica la giurisdizione amministrativa ai sensi dell’art. 11, comma 5, della L. n. 241/1990.

10. – Una volta sgombrato il campo dall’appello incidentale, occorre prendere in esame l’eccezione di inammissibilità e di improcedibilità del ricorso introduttivo di primo grado sollevata dalla Sogeas e dal Consorzio. Sostiene, invero, la resistente che la delibera n. 3/2007, in quanto atto endoprocedimentale recante meri indirizzi rivolti al dirigente responsabile del settore appalti, fosse priva di lesività per il Comune di Melilli (da cui la conseguente inammissibilità dell’originaria impugnativa) e che, in ogni caso, quest’ultimo, onde conservare l’interesse alla coltivazione del ricorso, avrebbe dovuto impugnare le successive delibere con le quali l’Assemblea dell’A.T.O. ebbe ad approvare le modifiche al contratto apportate dal dirigente sunnominato (omissione che supporterebbe la contestazione della procedibilità del ricorso).

L’eccezione è infondata in quanto, nonostante la qualificazione nei termini di un atto di indirizzo, la delibera n. 3/2007 non presenta affatto i requisiti di tale categoria di atti. Invero, l’assemblea dell’A.T.O. non si è limitata a indicare al dirigente degli obiettivi con le correlative direttive e linee guida, ma, per un verso ha illegittimamente riaperto la negoziazione modificandone le condizioni originarie e, per altro verso, ha stabilito in maniera dettagliata le attività che il predetto dirigente avrebbe dovuto porre in essere al fine di adeguare il contratto alle richieste della Sogeas. Tanto premesso, i nessi che legano le delibere in questione, stante quanto appena osservato, non sono ricostruibili nei termini di un rapporto tra atto prodromico endoprocedimentale e atto conclusivo a rilevanza esterna, ma si presentano coerenti con il quadro di una relazione tra un provvedimento dispositivo e successivi atti esecutivi (quelli posti in essere dal dirigente) e meramente confermativi (quelli adottati dalla stessa A.T.O.) dal momento che il dirigente si è attenuto rigorosamente al contenuto della delibera impugnata, avendo integrato le previsioni convenzionali in conformità a quanto con essa disposto.

11. – Posto che l’ulteriore eccezione di inammissibilità e improcedibilità (con la quale si è dedotto il difetto di interesse del Comune di Melilli a dedurre la violazione del principio di pari trattamento dei concorrenti) afferisce al merito della controversia, è dunque possibile scrutinare i motivi dedotti con il gravame proposto in via principale.

L’appello del Comune di Melilli è fondato.

Ed invero, correttamente il T.A.R. ha ritenuto che la procedura negoziata, disciplinata dall’art. 57 del D.Lgs. n. 163/2006, ammetta un certo margine di negoziabilità delle condizioni stabilite negli atti indittivi: tanto, del resto, è previsto, seppure per implicito, dalla predetta disposizione che, alla lett. a) del comma 2, stabilisce che, qualora si effettui una procedura negoziata, in esito all’esperimento di un precedente tentativo di gara non andato a buon fine, allora le condizioni iniziali del contratto non possono essere modificate "in modo sostanziale", il che equivale ad affermare, in base all’argumentum a contrario, che le stesse condizioni possono essere variate, purché ne sia fatto salvo l’essenziale contenuto precettivo.

Sennonché, ad avviso del Collegio, il T.A.R. non ha fatto buon governo di tale principio quando si è trattato di calarlo nella specifica vicenda ora devoluta in secondo grado. Come ha riconosciuto lo stesso Tribunale, il Consorzio ha accettato che la Sogeas, in luogo di offrire una garanzia per l’intera durata trentennale della concessione, prestasse unicamente una garanzia, sia pure presidiata da consistenti impegni finanziari, per il solo "start up", ossia per soli tre anni, lasciando al buon esito della ricerca di ulteriori garanzie da parte della stessa Sogeas, l’effettiva copertura del restante periodo e, in via consequenziale, subordinando al positivo (e ipotetico) risultato di tale ricerca di mercato la sorte della concessione. All’evidenza una modifica del genere non può ritenersi "marginale". Sebbene non competa a questo Consiglio, ma semmai a diverse autorità giudiziarie, valutare la convenienza e la correttezza gestionale di un tal modo di amministrare (che, in sostanza, si è risolto nel rimettere alla condotta e alle scelte della stessa Sogeas l’esecuzione, oltre il triennio, di un servizio così delicato), è nondimeno patente la violazione del prefato art. 57. Difatti, attraverso le concessioni di servizi si instaura, tra l’amministrazione e il privato, un rapporto di lunga durata (nello specifico di ben 30 anni) la cui protratta esecuzione temporale si presenta funzionale al perseguimento del principale scopo dell’operazione, consistente nell’autofinanziamento, in tutto o in parte, del servizio mediante la sua redditiva gestione. Da una diversa prospettiva, può, in definitiva, affermarsi che tutte le concessioni di lavori e di servizi, al di là delle differenze strutturali e disciplinari tra le due figure, offrano in essenza veste giuridica a più o meno complesse operazioni di finanziamento di un progetto di investimento, in cui la garanzia dell’affidabilità del piano economico e finanziario (correlato alla gestione dell’opera pubblica o del servizio in concreto affidati) rappresenta un contenuto primario e indefettibile dell’intero accordo negoziale. Se, in altri termini, il corrispettivo del concessionario è ritratto, a differenza di quanto si verifica negli appalti, dalla gestione funzionale e dallo sfruttamento dell’opera o del servizio e, quindi, dai proventi dell’attività imprenditoriale svolta (a nulla rilevando che siano previsti, o meno, pubbliche tariffe), allora è fondamentale che detta gestione si presenti redditiva ex ante (ossia in sede di affidamento della concessione) e che il piano prestazionale offerto dal concessionario sia economicamente e finanziariamente sostenibile; ancora, è indispensabile che tale sostenibilità sia attestata dai potenziali finanziatori dell’investimento, ossia dagli istituti bancari. A tal fine le garanzie bancarie per l’intera durata del rapporto sono dunque un elemento essenziale dello schema di convenzione posto a base della procedura di affidamento, in quanto attraverso la prestazione di esse viene, per così dire, "certificata" la sostenibilità del progetto, nei termini originariamente proposti dall’offerente. L’esistenza di dette garanzie attesta, insomma, la realizzabilità del progetto di investimento ed esclude che, in futuro, durante lo svolgimento del rapporto, possano intervenire variazioni delle condizioni di base peggiorative per la parte pubblica, dal momento che il concessionario, mercé le suddette garanzie, solleva l’amministrazione dal rischio di dover sopportare, in tutto o in parte, l’alea economico-finanziaria della gestione.

La centralità del PEF (piano economico e finanziario) e delle relative garanzie prestate da investitori istituzionali risulta evidente dall’esame della disciplina dettata per le concessioni di lavori e opere pubbliche (v., in particolare, gli artt. 83, comma 1, 143, commi 4, 7 e 8 e 153, commi 5 e 13), ma, sotto questo aspetto, le concessioni di servizi, stante la cennata omogeneità funzionale, prospettano identiche esigenze.

Le superiori considerazioni portano a ribadire quanto sopra già osservato, ossia che le pattuizioni sulle garanzie sono un oggetto centrale nell’economia di ogni rapporto di concessione di un servizio pubblico. Nel caso di specie, inoltre, diversamente da quanto opinato dal T.A.R., la sostituzione di una garanzia trentennale con una soltanto triennale, ancorché accompagnata dall’impegno, dedotto come condizione risolutiva del contratto, a ricercare, in futuro, ulteriori garanzie per il restante periodo, equivale al riconoscimento della sostenibilità economico-finanziaria dell’offerta del concessionario per un solo triennio. Se così è, non serve allora dilungarsi a dimostrare come, nella fattispecie, si sia determinato un vero e proprio stravolgimento del contenuto originario dell’oggetto della procedura né assume rilievo la considerazione del pericolo di perdere un rilevante finanziamento comunitario (essendo quest’ultimo un rischio che, come si osserverà infra, risulta in origine riconducibile all’impropria valutazione dell’investimento da parte del Consorzio e alla conseguente inidonea gestione dell’intera operazione).

Da quanto appena rilevato discende, a un più approfondito esame, che le argomentazioni sviluppate dal Tribunale in ordine ai margini di negoziabilità implicati da una procedura negoziata, seppure condivisibili in astratto, si rivelano nello specifico sostanzialmente errate, dal momento che, attraverso la riapertura della procedura, l’amministrazione e la Sogeas hanno stipulato, in pratica, una convenzione radicalmente diversa e, soprattutto, ben più svantaggiosa per la parte pubblica.

12. – Di nessun pregio sono poi le argomentazioni utilizzate dal Consorzio e dalla Sogeas (e recepite dal T.A.R.) a giustificazione delle scelte compiute in palese violazione del citato art. 57 del D.Lgs. n. 163/2006. A tal proposito si sono evocati sia l’urgenza rappresentata dalla necessità di non perdere un finanziamento comunitario sia, ancora, l’esito infruttuoso dei precedenti tentativi di affidamento del servizio.

Sul punto va premesso in linea generale che la disciplina amministrativa dell’illegittimità non annette alcun rilievo "sanante" o "scriminante" a circostanze diverse da quelle prese in considerazione dall’ordinamento. Anche le fattispecie eccezionali variamente dominate dall’urgenza e dalla necessità, lungi dal giustificare le eventuali illegittimità della condotta amministrativa, semmai consistono in particolari declinazioni, positivamente e preventivamente stabilite, del principio di legalità. La valutazione dell’assetto degli interessi pubblici da perseguire rimonta infatti al Legislatore, il quale ha ammesso la possibilità di una scissione tra illegittimità e annullabilità soltanto nelle circoscritte ipotesi delle illegittimità non invalidanti (di cui all’art. 21-octies della L. n. 241/1990), i cui presupposti certamente non ricorrono nel caso di specie. Ma, al di là di tale considerazione preliminare, va osservato che le due "giustificazioni" allegate dalle controparti sono del tutto irrilevanti ai fini del decidere, in quanto colposamente attribuibili, nella loro genesi, alla negligenza della stessa amministrazione concedente. E per principio generale di ogni ramo del diritto non è consentito trarre vantaggio da una protestatio contra factum proprium. L’ultima asserzione va spiegata. All’evidenza i precedenti tentativi di affidamento del servizio non sono andati a buon fine perché, così deve presumersi, le condizioni di detto affidamento non erano economicamente convenienti o, detto altrimenti, nessun investitore istituzionale si è reso disponibile a offrire la garanzia richiesta perché la prestazione di essa, date le condizioni di affidamento complessivamente imposte dall’amministrazione concedente (con riferimento quindi alle tariffe, alla durata del rapporto, alle caratteristiche dell’investimento, ecc.), non erano economicamente e finanziariamente sostenibili. Icasticamente può affermarsi che i precedenti tentativi sono andati a vuoto perché sono state previste condizioni "fuori mercato", in relazione alle quali nessun PEF poteva essere realisticamente garantito.

Tale difetto dell’iniziale schema di convenzione, la cui sussistenza è confermata dal successivo svolgersi degli eventi (si allude alla circostanza che il contenuto della convenzione è stato disatteso dalla stessa Sogeas), deve ritenersi imputabile a una carente istruttoria svolta dall’amministrazione. Tale carenza informativa spiega, a sua volta, il ritardo accumulato (a causa delle procedure andate deserte) e la conseguente necessità di non perdere il finanziamento comunitario.

L’amministrazione, insomma, ha dato causa al ritardo e allora la sua condotta, anche a voler in ipotesi seguire il ragionamento delle controparti e del T.A.R., non può considerarsi giustificata né legittima.

13. – Fondata inoltre, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale, è la deduzione in ordine alla violazione del principio di par condicio tra i concorrenti. Non è vero, come sostenuto nella sentenza impugnata, che la lesione di detto principio non abbia comportato alcun vulnus per l’amministrazione, sotto il profilo del disincentivo alla partecipazione alla procedura da parte di altri soggetti.

Le considerazioni svolte sul punto dal T.A.R. muovono, ad avviso del Collegio, da una visione eccessivamente circoscritta della funzione assolta dal principio di pari trattamento nel settore dei contratti pubblici. Occorre, infatti, premettere che detto principio, il quale promana direttamente dal canone fondamentale di imparzialità dell’amministrazione, ancor prima che nell’interesse dei partecipanti alle procedure (platea, nella specie, individuabile nelle imprese, potenzialmente e ipoteticamente, interessate a conseguire l’aggiudicazione della concessione, qualora fossero state offerte fin dall’inizio le medesime condizioni, successivamente rinegoziate con la sola Sogeas), è stabilito in vista del perseguimento dell’interesse dell’amministrazione indicente a concludere i contratti o gli accordi, di volta in volta esitati, alle migliori condizioni possibili, dati i presupposti dell’affidamento.

Il principio di imparzialità costituisce quindi un rimedio all’assenza di concorrenza nel settore delle pubbliche commesse. Che il settore degli appalti sia sottratto alle regole economiche della concorrenza è del tutto evidente, in quanto le relative vicende si collocano in un contesto di assetti coercitivi. Ed invero, se l’affidamento dei pubblici appalti avvenisse in un ambiente effettivamente concorrenziale non vi sarebbe alcuna necessità di procedimentalizzarne lo svolgimento, posto che sarebbero le stesse "regole del mercato", ossia l’esigenza di un’allocazione efficiente delle risorse pubbliche (ossia il prezzo degli appalti e delle concessioni o le esclusive di sfruttamento assegnate con queste ultime), a determinarne l’attribuzione soggettiva, postulandosi ovviamente la razionalità dei vari attori economici.

Così però non è, posto che ogni affidamento di contratti o accordi pubblici presuppone un’intermediazione discrezionale dell’amministrazione attraverso l’esercizio di un potere autoritativo e allora si versa, per l’appunto, nell’ambito di un tipico assetto coercitivo. Sono, insomma, le stesse amministrazioni a determinare le condizioni dell’affidamento (e, in primis, il prezzo o l’utilità ricavabile dal privato aggiudicatario) e ad orientare, in via consequenziale, le scelte razionali degli investitori.

Proprio tale assenza di concorrenzialità impone la procedimentalizzazione delle procedure (che, non a caso, vengono meno nei settori realmente liberalizzati), dal momento che soltanto attraverso la fissazione della regola di pari trattamento si possono ricreare, sebbene in modo virtuale le condizioni di (un simulacro) di mercato competitivo, con il conseguente incentivo alla scelta di soluzioni allocative efficienti dal punto di vista economico. In sintesi, nel settore del public procurement l’imparzialità è in funzione dell’efficienza dell’affidamento e, quindi, soltanto in negativo può ritenersi che la relativa disciplina appartenga alla disciplina della concorrenza, nel senso cioè che, attraverso lo svolgimento di un procedimento amministrativo imparziale, si cerca di ricostruire in parte e in vitro, ancorché nell’ambito di un assetto coercitivo, le condizioni di operatività delle ordinarie regole di mercato. Tanto premesso, una volta calate le precedenti considerazioni al caso di specie, emerge con nitida chiarezza come l’aver rinegoziato, a procedura ormai conclusa, le condizioni di affidamento del servizio si risolve in una manifesta violazione dell’imparzialità e, in via consequenziale, in un’illegittimità delle scelte compiute dall’amministrazione nonché in una seria lesione del buon andamento. Giova segnalare che in questo senso si è orientata, di recente, anche la giurisprudenza comunitaria: a proposito viene in specifico rilievo la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 13 aprile 2010, in causa C-91/08, per. 37-38, secondo cui "37. Al fine di assicurare la trasparenza delle procedure e la parità di trattamento degli offerenti, le modifiche sostanziali apportate alle disposizioni essenziali di un contratto di concessione di servizi costituiscono una nuova aggiudicazione di appalto, quando presentino caratteristiche sostanzialmente diverse rispetto a quelle del contratto di concessione iniziale e siano, di conseguenza, atte a dimostrare la volontà delle parti di rinegoziare i termini essenziali di tale appalto (v., per analogia con il settore degli appalti pubblici, sentenze 5 ottobre 2000, causa C-337/98, Commissione/Francia, Racc. pag. I-8377, punti 44 e 46, nonché 19 giugno 2008, causa C-454/06, Pressetext Nachrichtenagentur, Racc. pag. I-4401, punto 34).

38. La modifica di un contratto di concessione di servizi in corso di validità può ritenersi sostanziale qualora introduca condizioni che, se fossero state previste nella procedura di aggiudicazione originaria, avrebbero consentito l’ammissione di offerenti diversi rispetto a quelli originariamente ammessi o avrebbero consentito di accettare un’offerta diversa rispetto a quella originariamente accettata (v., per analogia, sentenza Pressetext Nachrichtenagentur, cit., punto 35)". Non è poi irrilevante osservare che tal modo di procedere si presterebbe ad un’agevole e manifesta elusione di tutte le regole dell’evidenza pubblica, giacché per orientare l’esito degli affidamenti le amministrazioni, in contesti patologici, potrebbero semplicemente scegliere di fissare in prima battuta condizioni di affidamento "fuori mercato" per poi rinegoziare le medesime condizioni, una volta aggiudicata la procedura a una determinata impresa.

Si tratterebbe, in sostanza, di un facile modo per escludere i concorrenti non graditi.

Non ha pregio dunque affermare che non vi sia stata lesione dell’imparzialità perché nessun concorrente ha partecipato alla procedura negoziata: la rinegoziazione attraverso la riapertura postuma della procedura di affidamento costituisce invece, di per sé, la prova eclatante di tale violazione.

Alla stregua dei superiori rilievi cade, pertanto, anche l’altra eccezione di inammissibilità del motivo incentrato sulla violazione del suddetto principio di pari trattamento. Solo per completezza motivazionale, deve darsi atto della manifesta infondatezza dell’altra eccezione, secondo la quale la delibera n. 3/2007 arrecherebbe un vantaggio al Comune di Melilli e non un danno, considerazione dalla quale il Consorzio ha tratto la conclusione della radicale inammissibilità dell’impugnativa. L’argomento è del tutto privo di pregio: il Comune di Melilli, quale ente esponenziale della relativa collettività territoriale, ha tutto l’interesse a contrastare l’esecuzione di una delibera, ritenuta illegittima e tuttavia comportante l’obbligo, per l’amministrazione civica appellante, di privarsi dei relativi impianti e di consegnarli alla Sogeas. L’interesse a ricorrere si radica dunque nel dovere di assicurare ai propri cittadini una corretta gestione del SII. 14. – In conclusione l’appello incidentale deve essere respinto, mentre quello principale va accolto; per l’effetto, la sentenza impugnata merita integrale riforma, con l’accoglimento del primitivo ricorso. 15. – Alla stregua di tutto quanto sopra osservato e considerato, il Collegio ritiene di poter assorbire ogni altro motivo o eccezione, in quanto ininfluenti e irrilevanti ai fini della presente decisione.

16. – Nella natura pubblica delle parti in lite e nella peculiarità della fattispecie si ravvisano circostanze idonee a giustificare, in via eccezionale, la compensazione integrale delle spese processuali.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello principale e respinge quello incidentale; per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado.

Compensa integralmente tra le parti le spese del grado.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 15 dicembre 2010, con l’intervento dei signori: Raffaele Maria De Lipsis, Presidente, Filoreto D’Agostino, Gabriele Carlotti, estensore, Pietro Ciani, Giuseppe Mineo, Componenti.

Depositata in Segreteria il 30 marzo 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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