Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino-Alto Adige – Sede di Trento N. 48/2009

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 40 del 2008 proposto dalla signora De Morais Hedy Lamar Aparecida, in proprio e per il figlio minore C. G., rappresentata e difesa dall’avv. Francesco a Beccara ed elettivamente domiciliata presso lo studio dello stesso in Trento, Via dei Paradisi, 15/2

CONTRO

l’Amministrazione dell’Interno – Questura di Trento, in persona del Ministro pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Trento, nei cui uffici in Largo Porta Nuova, n. 9 è, per legge, domiciliata

e nei confronti

del signor Cainelli Gianluca, non costituito in giudizio,

per l’annullamento

– del “decreto di data 27.11.2007, notificato in data 28.11.2007, con il quale il Questore della Provincia di Trento – Ufficio passaporti – ha disposto la cancellazione dell’iscrizione del figlio minore C. G., nato a Trento il 29.4.2000, dal passaporto n. 371908X intestato a De Morais Hedy Lamar Aparecida, nata a Uberabe (BRA) il 9.6.1963, residente in Pergine Valsugana, via Paganella n. 26, e l’apposizione della dicitura nelle modalità di accompagnamento esclusivo dei genitori sul passaporto n. 102912W, intestato a C. G., nonché di ogni altro atto connesso, presupposto o consequenziale”.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione statale intimata;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Uditi alla pubblica udienza del 29 gennaio 2009 – relatore il consigliere Alma Chiettini – l’avv. Francesco a Beccara per la ricorrente e l’avvocato dello Stato Sarre Pirrone per l’Amministrazione resistente;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

F A T T O

1. La signora Hedy Lamar Aparecida De Morais, cittadina sia brasiliana che italiana, espone in fatto di essere coniugata dall’anno 1998 con il cittadino italiano signor Gianluca Cainelli, di risiedere a Pergine Valsugana (Trento) e di essere la madre del minore G. C., nato a Trento il 29.4.2000.

2. Con ricorso notificato in data 24 gennaio 2008 e depositato presso la Segreteria del Tribunale il successivo giorno 15 febbraio, la ricorrente ha impugnato, chiedendone l’annullamento, il decreto datato 27.11.2007, n. 14/22.B/PAS/2007, notificatole il giorno successivo, con il quale il Questore di Trento:

* ha disposto la cancellazione dal suo passaporto, n. 371908X, dell’iscrizione del figlio minore, e
* ha apposto la dicitura , quanto alle modalità di accompagnamento esclusivo dei genitori, sul passaporto n. 102912W intestato al figlio G. C.

3. A sostegno del ricorso ha dedotto le seguenti censure in diritto:

I – “violazione di legge (articoli 7, 8 e 10 della legge 7.8.1990, n. 241)”, posto che l’Amministrazione non avrebbe provveduto a comunicare l’avvio del procedimento;

II – “violazione di legge (articoli 1 e 3 della legge 7.8.1990, n. 241) – eccesso di potere per istruttoria carente e/o insufficiente, travisamento dei fatti”, in quanto il provvedimento sarebbe stato assunto in assenza di alcuna istruttoria e sulla base di una semplice istanza dell’altro genitore;

III – “violazione di legge (articolo 3 della legge 7.8.1990, n. 241) – eccesso di potere per motivazione carente e/o insufficiente”, dato che la motivazione espressa non sarebbe sotto alcun profilo idonea a supportare il provvedimento;

IV – “violazione della legge 21.11.1967, n. 1185 – eccesso di potere per sviamento”. Si asserisce che nel caso un genitore revochi l’assenso a che il minore possa recarsi all’estero accompagnato dal solo altro genitore, l’Amministrazione, rilevato il contrasto di posizioni tra i coniugi, avrebbe dovuto richiedere l’autorizzazione del giudice tutelare.

4. Nei termini di legge si è costituita in giudizio l’Amministrazione statale intimata eccependo il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e chiedendo comunque la reiezione del ricorso perché infondato nel merito.

5. Alla pubblica udienza del 29 gennaio 2009 la causa è stata trattenuta per la decisione.

D I R I T T O

1. La ricorrente signora Hedy Lamar Aparecida De Morais ha impugnato il provvedimento con il quale il Questore di Trento ha disposto la cancellazione dal suo passaporto, n. 371908X, dell’iscrizione del figlio minore G. C. e l’apposizione – sul passaporto n. 102912W intestato al nominato figlio – della dicitura , quanto alle modalità di accompagnamento esclusivo dei genitori.

Il provvedimento impugnato è conseguente alla lettera che in data 20 novembre 2007 il marito della ricorrente, nonché padre del piccolo G., aveva inviato alla Questura di Trento con la quale informava che era “in fase di separazione”, che nutriva “preoccupazione per la possibilità che la moglie abbia intenzione di espatriare con nostro figlio” e, pertanto, chiedeva che fossero adottate le misure atte ad impedire il possibile espatrio del figlio, quali la cancellazione del suo nominativo dal passaporto della signora e la conseguente nuova modifica sul passaporto del bambino. Pochi giorni prima, e precisamente il 6 novembre, a Gardolo, in via 4 novembre, presso la carrozzeria gestita dal signor Cainelli, si era verificato un violento diverbio tra i due coniugi: era intervenuta la Polizia di Stato che aveva redatto rapporto su quanto dichiarato dagli interessati, i quali, poi, non hanno presentato querela.

2. In via pregiudiziale va esaminata l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice adito opposta dal patrocinio dell’Amministrazione statale resistente.

L’eccezione non è fondata.

Secondo quanto disposto dalla piana lettura dell’art. 11 della legge 21.11.1967, n. 1185, tutte le questioni relative a “provvedimenti definitivi in materia di passaporti” rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, “che decide pronunciandosi anche in merito”.

La detta norma testualmente stabilisce che tali decisioni competano al Consiglio di Stato, ma quest’ultimo ha precisato che essa “non ha carattere di norma speciale e quindi non deroga alla successiva legge 6.12.1971, n. 1034, istitutiva del tribunali amministrativi regionali e del doppio grado di giurisdizione”: di conseguenza, dopo il 1° aprile 1974, data in cui è entrato in vigore il nuovo sistema processuale, la cognizione in primo grado sui ricorsi contro i provvedimenti in materia di passaporti spetta ai tribunali amministrativi regionali, mentre il Consiglio di Stato può essere adito solo in funzione di giudice di appello (cfr. C.d.S., sez. IV, 12.9.2000, n. 4823).

Che “sulle questioni relative al passaporto” sussista la giurisdizione del giudice amministrativo è stato, poi, affermato anche dalla Corte costituzionale con la sentenza 4.8.2003, n. 293.

3. Acclarata quindi la sussistenza della giurisdizione in capo a questo giudice, occorre disattendere l’eccezione di inammissibilità proposta dalla difesa della ricorrente nei confronti della produzione documentale avversaria siccome depositata tardivamente.

È oramai pacifico per la giurisprudenza amministrativa che i termini stabiliti dall’articolo 23, comma 4, della legge n. 1034 del 1971 (le parti possono produrre documenti fino a venti giorni liberi anteriori al giorno fissato per l’udienza e presentare memorie fino a dieci giorni) non siano perentori né che siano stabiliti a pena di decadenza. Com’è noto, nell’ambito del giudizio amministrativo, sono ampie le facoltà istruttorie riconosciute al giudice amministrativo, il quale può ordinare l’acquisizione di qualsiasi documento ritenuto utile che, anche se depositato in ritardo rispetto al termine indicato, può essere dunque sempre valutato dal giudice stesso.

In particolare, con riguardo alla documentazione prodotta dall’Amministrazione, è stato affermato che “purché direttamente connessa con l’oggetto della domanda, non avrebbe alcun senso precluderne l’esibizione dopo lo spirare del termine suddetto (o anche il giorno stesso dell’udienza), dal momento che il deposito di tali documenti costituisce addirittura un obbligo (e non un mero potere difensivo) gravante sul soggetto pubblico … e tenuto conto che di essi può sempre essere disposta dal giudice amministrativo, sia in primo che in secondo grado, la produzione in giudizio, salva restando la facoltà della parte privata di chiedere ed ottenere il rinvio della discussione della causa al fine di apprestare le proprie difese” (cfr. C.d.S., sez. V, 11.9.2007, n. 4789; ma anche, ex multis, C.d.S. sez. VI, 2.10.2007, n. 5065; C.d.S., sez. VI, 13.3.2008, n. 1080).

4. Così definite le questioni preliminari, il Collegio può ora passare all’esame del ricorso nel merito.

A questo proposito il Collegio ritiene opportuno esaminare, in via prioritaria, l’ultimo motivo, con il quale si allega la violazione della richiamata legge 21.11.1967, n. 1185 sul rilievo che, nel caso un genitore revochi l’assenso a che il minore possa recarsi all’estero accompagnato dal solo altro genitore, mentre quest’ultimo confermi la posizione favorevole precedentemente manifestata, l’Amministrazione, rilevato il contrasto tra i coniugi, aventi entrambi la stessa dignità, avrebbe dovuto richiedere l’autorizzazione del giudice tutelare.

Il Collegio osserva innanzitutto che, in base a quanto disposto dall’art. 12, il passaporto può essere ritirato “quando sopravvengono circostanze che ne avrebbero legittimato il diniego”. A tale fattispecie deve essere equiparata l’ipotesi di cancellazione dell’iscrizione del minore sul passaporto di uno dei genitori, nonché il mutamento delle condizioni per il rilascio del passaporto ai minori secondo quanto stabilito dall’art. 14 della stessa legge, equivalendo detta iscrizione ad ogni effetto alla possibilità di espatrio del minore, seppure debitamente accompagnato da uno dei due genitori. Inoltre, l’art. 3, al primo comma, prevede che “non possono ottenere il passaporto … a) coloro che, essendo a norma di legge sottoposti a patria potestà o alla potestà tutoria, siano privi dell’assenso della persona che la esercita … o, in difetto, dell’autorizzazione del giudice tutelare … b) i genitori che, avendo prole minore, non ottengono l’autorizzazione del giudice tutelare; l’autorizzazione non è necessaria quando il richiedente abbia l’assenso dell’altro genitore”.

Dal combinato disposto degli articoli 3, 12 e 14 della normativa sopra riportata, emerge che:

– un genitore con prole minore può ottenere il passaporto solo con l’assenso dell’altro genitore; in mancanza di detto assenso per il rilascio del documento è necessaria l’autorizzazione del giudice tutelare;

– un genitore può iscrivere sul suo passaporto il figlio minore con l’assenso dell’altro esercente la patria potestà; anche in tal caso, in mancanza di detto assenso per l’iscrizione è necessaria l’autorizzazione del giudice tutelare;

– coloro che sono sottoposti a patria potestà possono ottenere il passaporto con l’assenso della persona (o delle persone) che la esercitano; in difetto di tale assenso è necessaria l’autorizzazione del giudice tutelare.

Il Collegio deve peraltro osservare che il rapporto coniugale, nonché quello tra i genitori ed i figli, è soggetto nel tempo a modificarsi, per cui l’assenso a che il figlio minore espatri in compagnia dell’altro genitore può successivamente venir meno.

Ne discende che, se l’Amministrazione in sede di rilascio del passaporto al minore e dell’apposizione del visto per l’estero sul titolo di uno dei coniugi si limita a registrare la volontà conformemente espressa dai genitori, il sopravvenire del disvolere da parte di uno di questi impone all’Amministrazione di prenderne obbligatoriamente atto, effettuando le relative modifiche alle registrazioni iniziali.

Deve quindi affermarsi che l’operato del Questore qui contestato rientra nel novero delle attività strettamente vincolate, non integrando l’esercizio di un potere a spettro discrezionale, ma l’adempimento di un obbligo prescritto direttamente dalla legge in relazione al sopravvenire del menzionato presupposto in fatto a fronte del quale il privato, che l’originaria disponibilità abbia medio tempore mutato, è titolare di un diritto soggettivo, ben conoscibile nella presente sede di giurisdizione esclusiva e di merito.

Come ha correttamente messo in evidenza la difesa dell’Amministrazione, nella fattispecie in esame non vi è stato spazio per l’esercizio di alcuna discrezionalità.

Per quanto concerne l’asserita necessità dell’autorizzazione del giudice tutelare, se è corretto asserire, come fa la ricorrente, che “la regola generale cui si ispira la legge n. 1185 del 1967 in tema di rilascio del passaporto al genitore di prole minore, è quella della necessaria autorizzazione del giudice tutelare a garanzia dell’assolvimento da parte del genitore dei suoi obblighi verso i figli”, la Corte costituzionale ha però affermato che “il legislatore ha derogato a tale regola in presenza dell’assenso dell’altro genitore legittimo, non separato e dunque convivente con il richiedente, sull’evidente presupposto che in questo caso il controllo dell’altro genitore escluda un consistente rischio che il richiedente si sottragga all’adempimento dei suoi doveri nei confronti del figlio, e che dunque risulti ingiustificato l’intervento autorizzativo del giudice tutelare” (cfr. 30.12.1997, n. 464).

In tal senso, giurisprudenza ancora risalente ha chiarito che per ottenere il passaporto il minore deve ottenere il consenso di entrambi i genitori sempreché non siano separati, divorziati, ovvero uno di essi sia decaduto dalla potestà. Solo in difetto di assenso occorre l’autorizzazione del giudice tutelare il quale – in caso di rifiuto di assenso da parte di un genitore – deve adottare i provvedimenti opportuni nel solo interesse del minore.

In definitiva, posto che è incontroverso agli atti del processo che sul piccolo G. C. la patria potestà fosse esercitata da entrambi i genitori i quali, all’epoca dei fatti, non erano separati, deve concludersi che il motivo è infondato e che deve essere respinto.

5a. Con il primo motivo la ricorrente censura il fatto che il provvedimento impugnato sia stato adottato senza rispettare le norme procedimentali di cui agli articoli 7, 8 e 10 della legge 7.8.1990, n. 241, e, precipuamente, l’obbligo dell’invio della comunicazione dell’avvio del procedimento. Al riguardo, sostiene che non vi sarebbe stata alcuna esigenza di “celerità del procedimento”.

Il Collegio sul punto ritiene invece di aderire a quanto già affermato dalla giurisprudenza amministrativa in ordine alla considerazione che “la fattispecie in esame si inserisce tra quelle per le quali l’urgenza di provvedere è nell’ordine delle cose, posto che la volontà – anche eventuale – di trasferire un minore all’estero, al fine di sottrarlo alla possibilità di contatto con il genitore residente in Italia può essere scongiurata solo con l’adozione della revoca immediata dell’autorizzazione all’espatrio. La situazione che si verifica dopo l’impugnata revoca del consenso da parte di uno dei genitori non è poi irreparabile, posto che colui che intende portare con sé il minore all’estero deve solo munirsi del provvedimento del giudice tutelare” (cfr. T.A.R. Liguria, sez. II, 8.6.2007, n. 1067).

Il richiamato orientamento, che fa rettamente applicazione del potere del giudice di conoscere i concetti giuridici a contenuto indeterminato, fra i quali si annovera anche l’urgenza, in difetto di parametri normativi per determinarla in concreto, priva conseguentemente di giuridico pregio l’introdotto motivo.

5b. Infine, con il secondo ed il terzo mezzo si assume la violazione di altri obblighi stabiliti dalla citata legge n. 241 del 1990, e precisamente:

– dell’obbligo di svolgere una compiuta istruttoria, nel caso asseritamente basata solo sulla richiesta di un genitore oltre che su “precedenti attività … che rivelano una situazione turbolenta tra i due coniugi”, che non sarebbero state documentate nemmeno in risposta ad una specifica istanza di accesso presentata dalla ricorrente,

– dell’obbligo di motivare ogni provvedimento amministrativo.

Anche il detto motivo è infondato.

Osserva il Collegio che la già rilevata natura vincolata del provvedimento in esame adottato dal Questore non faceva obbligo a quest’ultimo di ostendere le ragioni di un’inesistente scelta, essendo sufficiente la giustificazione in fatto ed in diritto, ossia dell’esplicitazione dei presupposti sottesi a quella determinazione.

Se si considera che, ad integrare il presupposto previsto dalla legge era sufficiente la menzione della richiesta da parte del padre del minore, occorre dire che, nella specie, vi è stato anche riferimento alle ragioni che hanno determinato la vista richiesta, avendo il Questore richiamato la “situazione turbolenta” tra i coniugi, comprovate non solo dalla produzione documentale dell’Amministrazione, ma anche da quanto esposto dalla stessa ricorrente nell’atto introduttivo del presente giudizio, citando, altresì, la precedente “attività” della Questura (si ricorda che a seguito del vivace litigio avvenuto a Gardolo il 6 novembre era intervenuta la Polizia).

Conclusivamente la determinazione impugnata resiste, dunque, alle dedotte censure.

6. In conclusione, l’infondatezza di tutti i motivi determina la conseguente reiezione del ricorso.

7. Le spese del giudizio, data la natura della lite e la situazione esistente tra i coniugi, si possono compensare tra le parti.

P. Q. M.

il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa del Trentino – Alto Adige, sede di Trento, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 40 del 2008, lo respinge.

Spese del giudizio compensate.

Così deciso in Trento, nella camera di consiglio del 29 gennaio 2009, con l’intervento dei Magistrati:

dott. Francesco Mariuzzo – Presidente

dott. Lorenzo Stevanato – Consigliere

dott.ssa Alma Chiettini – Consigliere estensore

Pubblicata nei modi di legge, mediante deposito in Segreteria, il giorno 17 febbraio 2009

Il Segretario Generale

dott. Giovanni Tanel
N. 48/2009 Reg. Sent.

N. 40/2008 Reg. Ric.

Fonte: www.giustizia-amministrativa.it

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