Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 30-03-2011, n. 280 Ricorso giurisdizionale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

iritto quanto segue.
Svolgimento del processo

Il dottor An.Av., titolare della 5° sede farmaceutica nel comune di Agrigento, ha impugnato con il ricorso di primo grado il decreto in data 15 ottobre 2008 n. 2582 col quale l’Assessorato regionale per la salute ha approvato – con riferimento alla data del 31 dicembre 2003 – la revisione della pianta organica comunale delle farmacie.

A sostegno dell’impugnativa l’interessato ha dedotto un’unica articolata censura rubricata alla violazione di legge e all’eccesso di potere sotto vari profili e volta a criticare la trasformazione della 11° sede da rurale ad urbana con patologico allargamento dei confini, evidenziando la assoluta carenza dei presupposti necessari ai sensi di legge.

Il ricorrente ha altresì denunciato l’irrazionalità della relativa previsione, il cui unico effetto è quello di favorire il farmacista controinteressato a scapito del buon andamento del servizio farmaceutico agrigentino nel suo complesso.

Con successivi motivi aggiunti il ricorrente ha impugnato altri provvedimenti adottati all’esito della revisione, ed in particolare gli atti relativi all’istituzione del presidio farmaceutico di emergenza nella frazione Giardina, già servita dalla farmacia n. 11.

Si è costituito in giudizio l’Assessorato regionale per la salute il quale ha chiesto il rigetto delle avverse impugnative.

Si sono costituiti in resistenza anche il comune di Agrigento e la Azienda U.S. L. n. 1 di Agrigento.

Anche il controinteressato dottor Russo, titolare della 11° sede, ha chiesto il rigetto del ricorso, evidenziandone in via pregiudiziale l’inammissibilità per difetto di interesse.

Con la sentenza in epigrafe indicata l’adito Tribunale ha dichiarato irricevibile per tardività il ricorso introduttivo e respinto nel merito i motivi aggiunti.

La sentenza è stata impugnata con l’atto di appello all’esame dal soccombente il quale, dopo aver sottoposto a critica il capo di sentenza col quale è stata dichiarata la tardività del ricorso, ripropone le censure in esso contenute nonché quelle di cui ai motivi aggiunti.

Si sono costituiti in questa fase del giudizio l’Assessorato regionale per la salute, il comune di Agrigento e la A.S.P. n. 1 di Agrigento, i quali hanno concordemente chiesto il rigetto del ricorso.

Anche l’appellato dottor Russo ha chiesto il rigetto del ricorso, tornando espressamente ad evidenziarne l’inammissibilità per difetto di interesse diretto e concreto.

Con ordinanza n. 993/2010 questo Consiglio ha disposto incombenti istruttori, regolarmente espletati dall’Amministrazione regionale.

Tutte le parti hanno depositato memorie e note di replica, insistendo nelle già rappresentate conclusioni.

All’udienza del 24 novembre 2010 l’appello è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1) Come evidenziato nelle premesse la sentenza impugnata ha dichiarato irricevibile per tardività il ricorso proposto in primo grado dal dr. Av., rilevando che lo stesso era stato notificato quando il termine decadenziale era ormai decorso.

Nella specie infatti il ricorrente aveva acquisito piena conoscenza del decreto in epoca anteriore alla sua pubblicazione, come comprovato da un dettagliato esposto indirizzato dal farmacista ad alcune Autorità cittadine.

Sostiene al riguardo l’appellante che la presentazione dell’esposto – avvenuta sulla mera base di notizie genericamente propalate – non vale a dimostrare l’intervenuta piena conoscenza dei contenuti puntuali del provvedimento e soprattutto delle motivazioni che hanno supportato la determinazione finale.

In difetto di una integrale conoscenza del provvedimento e specialmente della sua parte motiva era dunque impossibile per l’interessato percepirne il carattere lesivo e soprattutto ipotizzarne in concreto l’illegittimità.

In ogni caso l’errore commesso ha connotati di evidente scusabilità.

Al riguardo il Collegio osserva quanto segue.

Notoriamente, ai sensi dell’art. 21 comma 1 della legge n. 1034 del 1971, il ricorso deve essere notificato entro il termine di sessanta giorni da quello in cui l’interessato abbia ricevuto la notifica del provvedimento lesivo o ne abbia comunque avuta piena conoscenza, o, per gli atti di cui non sia richiesta la notifica individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione, se questa sia prevista da disposizioni di legge o di regolamento.

Come è altresì noto, il termine per l’impugnazione degli atti soggetti a pubblicazione decorre dalla scadenza del termine previsto per l’espletamento delle relative formalità solo nel caso di soggetti terzi, e non si estende anche ai soggetti direttamente contemplati nell’atto, nei cui confronti il termine decadenziale per l’impugnativa decorre dalla data di notifica o comunicazione dell’atto o da quella dell’effettiva piena conoscenza.

Peraltro la piena conoscenza non postula che il destinatario debba avere conosciuto l’atto in tutti i suoi elementi, essendo invece sufficiente che egli sia stato edotto di quelli essenziali, ferma la possibilità di proporre motivi aggiunti a contestazione di profili di illegittimità prima non conoscibili.

Applicando queste coordinate al caso di specie deve convenirsi che il dr. Av. ha – come rilevato dal T.A.R. – acquisito piena conoscenza del decreto di approvazione della pianta organica delle farmacie di Agrigento quanto meno alla data del 23 ottobre 2008, allorchè ha sottoscritto un esposto contenente una analitica e dettagliata critica delle soluzioni operative prefigurate dal provvedimento.

Trattandosi del titolare di una delle sedi considerate nel provvedimento da quella data dunque ha effettivamente iniziato a decorrere nei suoi confronti il termine decadenziale.

Tanto chiarito, ritiene però il Collegio di doversi discostare dalle conclusioni cui è pervenuto il Giudice di primo grado allorchè non ha ravvisato nella fattispecie la ricorrenza dei presupposti necessari per riconoscere la scusabilità dell’errore in cui è incorso il ricorrente.

In generale, nel caso di ricorso irricevibile per tardività, affinché sia configurabile un’ipotesi di errore scusabile che valga a rimettere in termini il ricorrente è necessario che sia in concreto apprezzabile una qualche giustificata incertezza sugli strumenti di tutela utilizzabili da parte del destinatario dell’atto.

Nello specifico caso delle piante organiche delle farmacie l’art. 2 della legge n. 475 del 1968 si limita a prevederne la pubblicazione sul foglio annunci legali della Provincia (ora Gazzetta Ufficiale) nonché all’Albo pretorio del comune interessato, senza nulla specificare in ordine alla necessaria notificazione amministrativa del provvedimento ai diretti destinatari.

In tale contesto l’interessato poteva dunque ragionevolmente ipotizzare che – non essendo la notificazione nè prevista nè mai fattualmente intervenuta – il termine di decadenza dovesse essere computato anche per i destinatari dalla pubblicazione obbligatoria nella Gazzetta regionale, secondo la regola generale fissata dall’art. 21 sopra citato.

Va quindi concesso l’errore scusabile e va pertanto dichiarata la ricevibilità del ricorso introduttivo.

E tuttavia, come ora si vedrà, tale riconoscimento non giova alle pretese sostanziali del ricorrente, poichè l’infondatezza del ricorso stesso e dei relativi motivi aggiunti comporta il rigetto nel merito dell’appello e la conseguente conferma della sentenza impugnata sia pure con diversa motivazione.

2) Oggetto della presente controversia è il provvedimento col quale l’Assessorato regionale per la salute ha approvato, con riferimento all’anno 2003, la pianta organica delle farmacie di Agrigento.

Con tale provvedimento è stata istituita, in base al criterio demografico, la 15° sede, allocata nel quartiere Monserrato; è stato previsto il decentramento al Villaggio Peruzzo di una delle farmacie ubicate nel centro storico; è stata riassorbita nel novero delle farmacie urbane la sede 11° (già classificata rurale nella precedente p.o.) la cui circoscrizione si estende ora fino a ricomprendere la zona del Quadrivio Spina Santa.

Con il primo motivo si deduce che la 11° sede rurale non poteva essere riassorbita nel novero delle farmacie urbane, ostandovi il chiaro disposto dell’art. 1 della legge n. 221 del 1968.

La normativa ora richiamata, infatti, consentirebbe la riqualificazione della farmacia già rurale solo ove la stessa risulti ubicata in un quartiere periferico della città ormai congiunto a questa senza soluzione di continuità, per effetto dell’ampliamento dell’agglomerato urbano.

Il mezzo non è fondato.

In via di fatto va intanto rilevato che la determinazione impugnata si pone in linea di stretta continuità con quanto già previsto all’atto della approvazione della precedente p.o., nella quale fu disposta la riqualificazione ed il riassorbimento di tre farmacie rurali (San Leone, Villaseta e Villaggio Mosè) anch’esse ubicate in frazioni minori e, come attesta l’Avvocatura erariale, tuttora distanti o comunque sostanzialmente separate dall’aggregato urbano.

Ulteriormente va poi evidenziato da un lato che la farmacia n. 11 – pur essendo incontestabilmente qualificata come rurale – fu istituita sostanzialmente in base al criterio della distanza, come allegato in giudizio dall’Amministrazione e come evidenziato nel provvedimento impugnato; dall’altro e soprattutto che la stessa è stata in precedenza contraddittoriamente computata nel numero delle sedi attribuibili al comune in base alla popolazione complessiva, pur essendo dedicata al servizio di frazioni popolate complessivamente da 1746 abitanti.

Da ciò consegue che ove la 11° sede fosse rimasta immodificata la popolazione agrigentina nel suo complesso avrebbe continuato a rimanere in sostanza sguarnita di una farmacia rispetto al numero complessivo previsto per legge in rapporto al parametro demografico.

In ogni caso, come ben evidenziato dal T.A.R., la normativa regionale di riferimento depone chiaramente in senso contrario a quello sostenuto dall’appellante.

Viene in tale prospettiva in rilievo il combinato disposto dell’art. 33 della legge reg. n. 4 del 2003 e dell’art. 33 della legge reg. n. 24 del 2004 ai sensi del quale i Presidi farmaceutici di emergenza – P.F.E. (ordinariamente destinati a sostituire i vecchi dispensari farmaceutici) possono essere istituiti anche nelle località disagiate, distanti almeno 3 chilometri dalla farmacia più vicina, prive di assistenza farmaceutica, ove è venuto a mancare il servizio a causa del trasferimento della farmacia rurale prevista in pianta organica in altro centro abitato ricompreso nella medesima sede farmaceutica.

L’istituzione del Presidio costituisce quindi, nell’aggiornato disegno del Legislatore regionale, la risposta operativa più appropriata al trasferimento della farmacia rurale, evidentemente consentito.

La censura va quindi respinta.

3) Con la seconda e terza censura, che possono essere congiuntamente esaminate, il ricorrente deduce l’illogicità del provvedimento impugnato nella parte in cui esso amplia in modo abnorme il bacino di riferimento per la 11° sede, scartando la soluzione naturale del decentramento di una delle numerose farmacie ubicate in pieno centro.

In sostanza la nuova pianta organica non allevia il disagio imprenditoriale dei farmacisti che operano in un centro storico ormai scarsamente popolato, ed invece privilegia il titolare della sede già rurale il quale vede estendersi significativamente il proprio ambito sino a quella ambita zona Quadrivio che sarebbe stato ragionevole destinare al decentramento.

Le censure ora compendiate devono essere disattese, in quanto poggiano su rilievi di pieno merito, del tutto inammissibili in questa sede di legittimità.

Come insegna l’indirizzo giurisprudenziale assolutamente maggioritario, dal quale il Collegio non ritiene di doversi discostare, la perimetrazione delle circoscrizioni territoriali delle sedi farmaceutiche e l’applicazione dell’istituto del decentramento costituiscono scelte frutto dell’esercizio di un potere di valutazione di pieno merito, finalizzato a garantire, attraverso una razionale distribuzione delle farmacie sul territorio, l’interesse pubblico alla realizzazione e alla conservazione di un adeguato livello di assistenza farmaceutica: come tali, esse impingono nel merito dell’azione amministrativa e si sottraggono al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non siano ictu oculi palesemente irrazionali, irragionevoli, arbitrarie ovvero fondate su di un travisamento dei fatti.

In materia, dunque, il Giudice amministrativo non può che limitarsi ad un sindacato di tipo estrinseco, restandogli preclusa ogni indagine in merito a quale delle possibili scelte debba essere considerata la migliore o la più rispondente all’interesse pubblico e dovendo egli limitarsi a controllare se la scelta operata dall’amministrazione rientri nell’ambito di quelle astrattamente possibili ovvero esorbiti da tale ambito per la palese irrazionalità o ingiustizia del criterio di selezione adottato.

Applicando le coordinate ermeneutiche al caso in esame, deve escludersi che l’appellante sia pervenuto a lumeggiare profili di percepibile illogicità nelle determinazioni assunte dall’Amministrazione e peraltro – come osserva l’Assessorato – sostanzialmente condivise da tutti i soggetti intervenuti in fase istruttoria.

All’opposto, a giudizio del Collegio, l’appellante si è in sostanza limitato a proporre un modello organizzativo alternativo rispetto a quello valorizzato dall’Amministrazione e facente perno sul trasferimento in periferia degli esercizi di alcuno dei farmacisti che allo stato insistono nel centro storico.

Ma la proposizione di questo modello non dimostra in alcun modo che il diverso assetto privilegiato dall’Amministrazione – peraltro in linea con la precedente prassi – sia viziato per irrazionalità o illogicità.

Ne consegue, in conclusione il rigetto delle censure, attesa l’inammissibilità nel giudizio di legittimità di considerazioni chiaramente orientate alla diretta contestazione delle scelte di opportunità operate in sede amministrativa.

Ovviamente inammissibili in questa sede risultano infine le considerazioni svolte per dimostrare l’illegittimità dell’atto in data 20.6.2006 col quale fu interrotta una precedente procedura di decentramento, trattandosi di atto inoppugnato.

In particolare, con il secondo motivo – che riproduce le censure dedotte in primo grado con i motivi aggiunti – l’appellante torna a sostenere l’illegittimità del provvedimento nella parte in cui istituisce un Presidio farmaceutico di emergenza nella frazione Giardina.

Queste censure sono inammissibili per evidente difetto di interesse e comunque sicuramente infondate perchè l’istituzione del Presidio in questione è chiaramente avvenuta nel rispetto dei presupposti precisamente postulati dall’art. 33 della legge reg. n. 24 del 2004.

A quanto sopra più distesamente evidenziato in merito, deve aggiungersi soltanto che la norma è chiara nel prevedere l’istituzione del Presidio all’interno del perimetro della sede e non all’esterno come pretende l’appellante.

4) L’appellante contesta infine la legittimità dell’autorizzazione rilasciata dalla A.S.L. al titolare della sede 11° per il trasferimento del suo esercizio al viale (…) Regione Siciliana.

La doglianza è priva di pregio.

In limine, si osserva che l’originaria censura presenta profili di evidente inammissibilità per difetto di interesse, risultando nella sostanza dedotta solo per evidenziare la supposta irrazionalità dell’assetto organizzativo privilegiato dall’Amministrazione.

Come avvertito dalla giurisprudenza, infatti, l’interesse ad agire avverso la delibera di autorizzazione al trasferimento della sede di un servizio farmaceutico sussiste in capo al titolare di altra farmacia solo con riguardo al rispetto del limite legale di distanza degli esercizi farmaceutici, potendo egli ricevere un pregiudizio qualora tale rispetto non sia garantito attraverso la collocazione delle altre sedi farmaceutiche in maniera conforme all’ordinamento (cfr. fra le recenti V Sez. n. 5211 del 2010).

Tanto premesso, basta sinteticamente ricordare come per pacifica giurisprudenza la regola generale prevede che il titolare di farmacia possa di norma scegliere liberamente l’ubicazione del proprio esercizio all’interno dell’area a lui assegnata e che tale regola trova deroga (con conseguente legittimo rifiuto dell’autorizzazione) laddove ricorrano speciali circostanze di fatto, tali da ostacolare l’utilizzazione dell’esercizio da parte degli abitanti della zona (ad es. V Sez. n. 7097 del 2009).

Ne consegue pianamente che solo il rigetto dell’istanza di autorizzazione deve essere supportato dall’enunciazione delle specifiche ragioni ostative, restando sufficiente nel caso ordinario – in cui sostanzialmente la valutazione realmente discrezionale risale all’atto presupposto delimitante i confini della sede – la verifica in ordine alla ricorrenza degli ulteriori e specifici presupposti di legge (distanze minime, idoneità dei locali prescelti etc.).

Alle considerazioni formali ora svolte deve aggiungersi, sul piano sostanziale, che nel caso all’esame la sede è stata ampliata proprio per comprendervi zone necessitanti, a causa dell’incremento abitativo, di una nuova farmacia: appare del tutto conseguente, pertanto, che l’Amministrazione abbia autorizzato quel titolare a trasferire il suo esercizio nelle zone stesse.

5) Sulla scorta delle considerazioni sin qui svolte l’appello va quindi respinto, con conferma della sentenza impugnata con diversa motivazione.

Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

Le spese di questo grado del giudizio seguono, come per legge, la soccombenza e sono liquidate in via forfetaria nel dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, respinge l’appello e conferma la sentenza impugnata con diversa motivazione.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese e degli onorari di questo grado del giudizio liquidati in Euro 1.000,00 (mille/00), oltre accessori di legge in favore di ciascuna delle quattro parti appellate costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo il 24 novembre 2010 dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, in camera di consiglio, con l’intervento dei signori: Raffaele Maria De Lipsis, Presidente, Antonino Anastasi, estensore, Guido Salemi, Pietro Ciani, Giuseppe Mineo, componenti.

Depositata in Segreteria il 30 marzo 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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