Cass. civ. Sez. III, Sent., 28-06-2011, n. 14266 Prelazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

B.A., proprietaria coltivatrice diretta di un fondo in (OMISSIS), ha convenuto davanti al Tribunale di Avellino S.A., acquirente di un fondo confinante, chiedendo che venisse accertato il suo diritto di riscatto del fondo medesimo. Assumeva che gli alienanti, C. A., Ca. e R., avevano proceduto alla vendita del fondo dopo averlo frazionato in modo tale per cui solo un singolo appezzamento di terreno risultava confinante con il terreno di sua proprietà, e senza inviarne preventiva comunicazione, sì da permetterle di esercitare il diritto di prelazione spettante al confinante coltivatore diretto, ai sensi della L. 14 agosto 1971, n. 817, art. 8. Il convenuto ha resistito alla domanda, assumendo di avere acquistato il fondo con due atti separati, uno solo dei quali riguardava un appezzamento di terreno confinante con quello dell’attrice.

Con la sentenza impugnata in questa sede la Corte di appello di Napoli – confermando la decisione emessa in primo grado – ha respinto la domanda di riscatto.

La B. propone tredici motivi di ricorso per cassazione.

Resiste il S. con controricorso, illustrato da memoria.
Motivi della decisione

1.- La Corte di appello ha respinto la domanda di riscatto con la motivazione che l’atto di citazione contenente la dichiarazione della B. di voler riscattare il fondo non menziona espressamente il prezzo di riscatto e pertanto non costituisce offerta chiara, completa e tempestiva. Tanto più ove si consideri che la vendita era avvenuta per un prezzo globale riferito a più lotti frazionati, sicchè poteva essere dubbio se la retraente avesse inteso riscattare l’intero fondo, al prezzo globale convenuto con il S., o soltanto la parte di esso confinante con la sua proprietà. 2.- I motivi di ricorso possono essere congiuntamente esaminati poichè tutti censurano la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto non completa la dichiarazione di riscatto, e sottopongono a critica sotto diversi profili l’unico principio affermato dalla Corte di appello, cioè quello per cui l’offerta di riscatto deve menzionare espressamente la volontà del retraente di pagare il medesimo prezzo di acquisto corrisposto dall’acquirente retratto.

Denunciando violazione della L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 8, L. n. 817 del 1971, art. 7, L. n. 2 del 1979, art. 1 anche in relazione alla sentenza n. 36/1985 della Corte costituzionale – la ricorrente assume che fin dall’origine, cioè con l’atto di citazione in primo grado, essa ha dichiarato di voler riscattare l’intero fondo, alle medesime condizioni di cui al rogito, sicchè la dichiarazione di riscatto è da ritenere comunque inequivoca; che l’espressa dichiarazione del prezzo è richiesta dalla legge nei casi in cui l’affittuario riceva regolare comunicazione della proposta di vendita del proprietario e ad essa debba rispondere esercitando il diritto di prelazione; oppure anche quando il detraente deduca la simulazione del prezzo dichiarato nella promessa di vendita a terzi. Non quando, come nel caso di specie, il venditore non abbia inviato comunicazione alcuna ed il confinante dichiari di aderire per intero alle condizioni di cui al rogito.

2.- I motivi non sono fondati.

La Corte di appello ha applicato il principio più volte enunciato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la dichiarazione di riscatto deve sempre contenere l’indicazione del prezzo che il retraente si dichiara disposto a pagare, non essendo sufficiente allo scopo il mero richiamo al contenuto del rogito in relazione al quale si esercita il riscatto (Cass. civ. Sez. 3, 26 ottobre 1994 n. 8789;

Idem, 13 maggio 2003 n. 7287 e, sia pur come obiter dictum, Cass. civ. Sez. 3, 31 gennaio 2008 n. 2402).

Le ulteriori censure, relative al fatto che la Corte di appello non poteva richiedere che l’affittuario pagasse il prezzo, o ne facesse offerta reale, contestualmente alla dichiarazione di riscatto, sono inammissibili perchè non congruenti con le ragioni della decisione.

Come correttamente rileva il resistente, la Corte di appello ha ritenuto inidonea la domanda di riscatto non perchè non accompagnata dal pagamento dall’offerta reale del prezzo (salvo qualche espressione infelice della motivazione), ma solo perchè l’offerta di riscatto non menzionava espressamente l’accettazione del prezzo del trasferimento.

4.- Il ricorso deve essere rigettato.

5.- Le spese del presente giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte di cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate complessivamente in Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per onorari; oltre al rimborso delle spese generali ed agli accessori previdenziali e fiscali di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *