Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 15-12-2010) 04-04-2011, n. 13445

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

erale in persona del Dott. GALATI Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 24.4.2009, il Giudice dell’Udienza Preliminare del Tribunale per i minorenni di Palermo, a seguito di giudizio con il rito abbreviato, ha condannato G.Y. alla pena di mesi tre di reclusione e Euro 300,00 di multa per la violazione dell’art. 648 c.p., comma 2.

Avverso la suddetta decisione la difesa dell’imputato ha proposto appello sostenendo che il giudice di primo grado avrebbe dovuto concedere il perdono giudiziale, ovvero disporre la "messa in prova" del medesimo o, da ultimo concedendo le attenuanti generiche (a cagione della incensuratezza e del buon comportamento processuale), la sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria (ex L. n. 689 del 1981, art. 53) o il beneficio della sospensione condizionale della pena.

La Corte d’Appello respingeva tutti i motivi di appello confermando la decisione di primo grado.

La difesa dell’imputato ricorre per Cassazione avverso tale ultima decisione lamentando sub art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), la violazione del D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, art. 30; L. n. 689 del 1981, art. 53, artt. 133 bis e 133 ter c.p., deducendo la erroneità della decisione per avere negato la "conversione della pena detentiva in quella pecuniaria" sulla base dell’assunto che l’imputato non avrebbe potuto provvedere al pagamento della somma di denaro corrispondente ai tre mesi di reclusione inflittigli a causa delle sue difficili condizioni economiche, così facendo un implicito ed illegittimo rinvio alla L. n. 689 del 1981, art. 58 che non è applicabile al caso di specie. Sostiene in particolare la difesa che l’argomentazione reiettiva della Corte palermitana sarebbe pertinente solo in riferimento alle pene sostitutive di quella detentiva accompagnate da prescrizioni quali la semidetenzione e la libertà condizionata e non alla pena pecuniaria sostitutiva che non prevede alcuna prescrizione particolare. Rileva inoltre la difesa che nel caso di specie, la somma da pagare non sarebbe particolarmente rilevante e nulla si legge delle condizioni economiche della famiglia del prevenuto ed, ancora, che i giudici del merito hanno omesso che esistono istituti idonei a permettere l’adempimento del pagamento della sanzione pecuniaria in modo rateale (ex art. 133 ter c.p.).

La questione prospettata merita attenzione.

In linea generale si deve osservare che in sede di legittimità, con la sentenza n. 39495 del 19.9.2008 (v. in Ced Cass. Rv 341323), confermando l’orientamento già espresso dalla sezione 5 con sentenza 23.11.2006 (in Ced. Cass. Rv 235695) la sezione 3^ penale ha affermato: "In tema di sostituzione di pene detentive brevi con sanzioni pecuniarie, pur potendo beneficiare della sostituzione in pena pecuniaria colui che si trovi in disagiate condizioni economiche, il giudice può respingerne la richiesta nel caso in cui, sulla base di elementi di fatto, sia possibile esprimere un giudizio sulla solvibilità del reo con prognosi negativa in ordine alla capacità di adempiere. (In motivazione, la Corte ha precisato che tra gli elementi fatto, a titolo esemplificativo, rientrano l’irreperibilità o la mancanza di una fissa dimora dell’imputato, ovvero la circostanza che si tratti di un soggetto nullafacente o dichiaratamente impossidente, tanto da aver ottenuto l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato)". La decisione riportata si è posta in contrasto con decisioni di diverso orientamento (v. infatti Cass sez. 3, n. 13845112.2.2008 in Ced Cass Rv. 239689), tanto da imporre un intervento delle Sezioni Unite che, con la decisione 22.4.2010 n. 24476 (in Ced Cass. Rv 247224), ha affermato: "La sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria è consentita anche in relazione a condanna inflitta a persona in condizioni economiche disagiate, in quanto la prognosi di inadempimento, ostativa alla sostituzione inforza della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 58, comma 2, ("Modifiche al sistema penale"), si riferisce soltanto alle pene sostitutive di quella detentiva accompagnate da prescrizioni, ossia alla semidetenzione e alla libertà controllata, e non alla pena pecuniaria sostitutiva, che non prevede alcuna particolare prescrizione. (Nell’enunciare tale principio, la Corte ha affermato che, nell’esercitare il potere discrezionale di sostituire le pene detentive brevi con le pene pecuniarie corrispondenti, il giudice deve tenere conto dei criteri indicati nell’art. 133 c.p., tra i quali è compreso quello delle condizioni di vita individuale, familiare e sociale dell’imputato, ma non quello delle sue condizioni economiche)." Pertanto, in linea generale, quanto sostenuto dalla difesa dell’imputato è condivisibile sul piano del diritto, trovando conforto nella lettera della L. n. 689 del 1981, art. 58 e nell’interpretazione espressa dalla recente pronuncia delle Sezioni Unite. Si tratta pertanto di verificare se nel caso in esame, il giudice dell’appello abbia negato il beneficio della conversione della pena detentiva nella corrispondente pena pecuniaria ex L. n. 689 del 1981, art. 53, facendo riferimento alle sole condizioni economiche disagiate del prevenuto, quale sintomo della incapacità di assolvere agli obblighi imposti ex L. n. 689 del 1981, art. 58, comma 2, (decisione in sè illegittima sul piano dell’applicazione della legge penale), o se abbia invece tenuto conto dei criteri stabiliti dall’art. 133 c.p. alla luce del dettato di cui all’art. 58, comma 1, così pervenendo ad una decisione pienamente adeguata a quanto affermato dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte di Cassazione.

La difesa, a fondamento della propria impugnazione, ha messo in evidenza l’erroneità del passo della decisione della Corte minorile distrettuale, ove si afferma: "…il diniego della conversione della pena detentiva, considerate le sue disagiate condizioni economiche e la mancanza di un lavoro stabile (v. la citata relazione del servizio sociale) che escludono che egli possa adempiere al pagamento della sanzione….".

Ad un primo esame la doglianza sembrerebbe fondata, ma l’esame dell’intero provvedimento, consente di rilevare come la lettura offerta dalla difesa sia parziale e quindi fuorviante.

La proposizione citata dal ricorrente è parte di un ben più articolato periodo che cominciando con le parole "tutti gli elementi negativi sovra evidenziati giustificano, infatti, il diniego delle attenuanti generiche……; il diniego della conversione….. il diniego infine del beneficio della sospensione condizionale della pena".

Dal complessivo tenore del periodo si evince pertanto che il giudice del merito, nel negare il beneficio della richiesta conversione, ha tenuto conto di un complesso di elementi, ampiamenti analizzati, riconducibili ai canoni di valutazione previsti dall’art. 133 c.p., quali: a) il comportamento del prevenuto antecendente alla commissione del reato per il quale è giudizio, risultando che lo stesso, avendo commesso altri illeciti, aveva disertato gli incontri con gli operatori sociali ed aveva continuato ad avere fraquentazioni inopportune mantenendo un atteggiamento di contrasto con i genitori ( art. 133 c.p., comma 2, n. 2); b) il comportamento successivo alla commissione dello illecito per il quale è procedimento posto che lo imputato ha manifestato in modo labile il proprio pentimento per il reato commesso (art. 133, comma 2, n. 3); c) la circostanza che l’imputato ha già commesso due reati di furto beneficiando anche del perdono giudiziale, senza peraltro mutare stile di vita ( art. 133 c.p., comma 2, n. 2); d) la gravità del fatto, le modalità esecutive dello stesso ( art. 133 c.p., comma 1, n. 2).

Sulla base dei suddetti elementi riconducibili tutti i parametri di valutazione del fatto indicati dell’art. 133 c.p., la corte territoriale, con motivazione che appare del tutto adeguata, non illogica, nè contraddittoria ha formulato una prognosi negativa sulla futura condotta del prevenuto. Tale giudizio assunto quale presupposto per la negazione di una serie di benefici richiesti dalla difesa è valso anche a negare, in modo adeguato, quello della richiesta conversione della pena detentiva inflitta in quella pecuniaria corrispondente.

I riferimenti alla "disagiate condizioni economiche" e "alla mancanza di un lavoro stabile", fatti dalla Corte territoriale nella parte terminale e conclusiva della sentenza, non appaiono quindi come elementi esclusivi posti a fondamento della motivazione della decisione assunta, ma devono essere considerati come elementi di fatto, ulteriori rispetto a quelli già indicati, riconducibili nell’ambito del parametro di cui all’art. 133 c.p., comma 2, n. 4, in quanto esplicativi, sul piano concreto, delle "condizioni di vita individuale, familiare e sociale", che, secondo il principio affermato dalle S.U. della Corte di Cassazione in sent. 24476/2010, devono pure essere presi in considerazione nella valutazione degli elementi di cui all’art. 133 c.p., nel quadro di insieme degli elementi identificativi della gravità del fatto e della sua valutazione agli effetti della pena da applicare in concreto.

La decisione della Corte territoriale, appare pertanto corretta, sotto il profilo della sua adeguatezza ai principi di diritto, nè alcuna violazione di legge è in essa ravvisabile.

Per tali ragioni il ricorso deve essere rigettato e, tenuto conto della minore età del ricorrente, nessuna pronuncia deve essere assunto in punto spese.

Ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, si dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri identificativi dell’imputato.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità dell’imputato ed ogni altro dato identificativo ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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