Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 15-12-2010) 04-04-2011, n. 13444 Procedimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

S.A., tramite il difensore ricorre per Cassazione avverso la sentenza 1.7.2009 con la quale la Corte d’Appello di Palermo, ex artt. 127 e 599 c.p.p., confermando la decisione 23.6.2008 del Tribunale di Marsala, lo ha condannato alla pena di mesi sei di reclusione e al pagamento delle spese processuali per la violazione dell’art. 635 c.p., commi 1, 2 e 3.

La difesa dell’imputato richiede la dichiarazione di nullità della sentenza affermando la violazione dell’art. 178 c.p.p., lett. c), sostenendo che la Corte territoriale ha proceduto alla trattazione del procedimento penale, senza tenere nel dovuto conto l’istanza con la quale il difensore, per propri motivi di salute aveva richiesto un rinvio della udienza. Ad avviso di parte ricorrente, pertanto, la soluzione adottata dal giudice dell’appello si è tradotta in una lesione del diritto di difesa dell’imputato che non ha potuto beneficiare della presenza del proprio legale nel corso della udienza.

Su quanto oggetto di doglianza con il presente ricorso, la Corte territoriale aveva già preso esplicita e motivata posizione:

infatti, dopo avere brevemente richiamato l’istanza di rinvio formulata dal difensore di fiducia, le conclusioni formulate dal difensore di ufficio e quelle del Pubblico Ministero, il giudice dell’appello, richiamando precedenti decisioni di legittimità, ha respinto la richiesta della difesa sulla base della considerazione che il giudizio doveva svolgersi con il rito previsto dagli artt. 127 e 599 c.p.p., e che quindi, alla luce del dettato normativo, l’assenza del difensore o di quella del Pubblico Ministero, non poteva costituire motivo di nullità.

La decisione della Corte territoriale appare corretta e il ricorso è manifestamente infondato.

In primo luogo il contenuto dell’atto di impugnazione è generico poichè ripropone la propria doglianza senza introdurre censure specifiche a confutazione di quanto affermato dal giudice della impugnazione; sotto questo profilo il contenuto della doglianza appare del tutto eccentrico rispetto alla motivazione contenuta nel provvedimento impugnato, così cadendo nel vizio di genericità (ex art. 581 c.p.p.) che si verifica anche nell’ ipotesi in cui le ragioni di reclamo non tengano conto delle argomentazioni di fatto o di diritto sviluppate dal giudice della decisione impugnata.

In secondo luogo la doglianza, nel merito, è manifestamente infondata, perchè non tiene conto del testo dell’art. 599 c.p.p., comma 2, e art. 127 c.p.p., commi 3 e 4, nonchè della loro interpretazione secondo i consolidati orientamenti del giudice di legittimità. L’art. 599 c.p.p. disciplina il modo con il quale deve essere celebrato il procedimento in Camera di consiglio nella fase del giudizio di impugnazione e a tal proposito, con il primo comma richiama l’applicazione della disciplina prevista dall’art. 127 c.p.p. e con il comma 2 (sulla falsariga di quanto, peraltro già previsto dal richiamato art. 127 c.p.p.) dispone che l’udienza camerale debba essere rinviata nel caso in cui sussista un legittimo impedimento dell’imputato il quale abbia manifestato la volontà di comparire. Lo stesso art. 127 c.p.p. (comma 3) prevede che il Pubblico Ministero o i difensori possano essere sentiti "se compaiono", e che la udienza debba essere rinviata nel caso in cui sussista un legittimo impedimento dell’imputato il quale abbia richiesto di essere sentito personalmente e che sia detenuto o internato in un luogo diverso da quello in cui ha sede il giudice.

La lettera delle due disposizioni che vanno lette in combinazione fra loro appare pertanto in equivoca potendosi desumere i seguenti principi: 1) a differenza di quanto avviene per il giudizio ordinario dibattimentale, nel giudizio che deve svolgersi con le modalità previste per la Camera di consiglio, la presenza del Pubblico Ministero o dei difensori non è obbligatoria, ma meramente eventuale, con la conseguenza che l’assenza dell’uno o dell’altro non può costituire motivo di nullità; 2) è previsto l’obbligo per il giudice di disporre un rinvio della udienza nella sola ipotesi in cui l’imputato abbia fatto espressa richiesta di partecipare alla udienza camerale e sia a ciò impedito. Attraverso una interpretazione a contrario si deve concludere che nell’ambito del giudizio camerale, non può darsi applicazione alla disciplina prevista dall’art. 240 ter c.p.p., qualora l’impedimento riguardi il solo difensore.

La lettura delle disposizioni nel senso indicato può dirsi del tutto pacifica, come si evince dai precedenti giurisprudenziali di legittimità; a tal proposito si richiamano, fra le altre e negli stessi termini della soluzione assunta: Cass. Pen. Sez. 6, 19.2.2009, n. 14396 in Ced Cass., rv. 243263; Cass. Pen. Sez. 4, 14.7.2008 in Ced Cass., rv. 240901; Cass. Pen. Sez. 6, 24.5.2006 in Ced. Cass., rv. 234726; Cass. Pen. Sez. 5, 6.4.2006 in Ced Cass. Rv. 243350;

Cass. Pen. Sez. 5, 23.3.2004 in Ced Cass., rv. 228867.

Per tali ragioni il ricorso è inammissibile vuoi per la genericità del suo contenuto, vuoi per la manifesta infondatezza della doglianza e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle ulteriori spese di giudizio nonchè della soma di Euro mille ex art. 616 c.p.p., attesa la pretestuosità delle ragioni del gravame.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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