T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, 06-07-2010, n. 2778 EDILIZIA E URBANISTICA

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo e motivi della decisione

1. I ricorrenti impugnano il provvedimento con il quale il Comune di San Giuliano Milanese ha ingiunto la demolizione di diverse opere abusive realizzate sul terreno di proprietà dei ricorrenti.

Contro il suddetto atto i ricorrenti sollevano i seguenti motivi di ricorso.

I) Violazione dell’art. 1 della L. 10/1977 in quanto le due baracche, il pollaio e la tettoia non sarebbero opere soggette a rilascio di un titolo edilizio.

II) Violazione della L. 241/90 in quanto non è stato allegato al provvedimento il verbale della polizia municipale e sarebbero stati omessi l’indicazione del termine e dell’autorità alla quale ricorrere. Inoltre il ricorrente non sarebbe stato messo in grado di partecipare al procedimento.

III) Violazione della L.R. 24/1990 e perplessità del contenuto dell’atto in quanto non sarebbero state indicate le norme violate ed il contrasto con la disciplina del Parco Agricolo Sud Milano e l’amministrazione non avrebbe tenuto conto del fine agricolo delle opere. Inoltre la L.R. 24/90 non imporrebbe la sospensione immediata o la riconversione delle attività preesistenti che risultino incompatibili con le finalità del Parco.

L’amministrazione comunale ha chiesto la reiezione del ricorso.

All’udienza del 27 aprile 2010 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

2. Il ricorso è infondato.

Il primo motivo di ricorso dev’essere respinto in quanto i manufatti oggetto del provvedimento di demolizione (pollaio, barbecue, capottino di mq. 144 e baracca di mq. 98) richiedono per la loro realizzazione il rilascio di un titolo edilizio.

Infatti l’art. 1 della L. 10/1977, vigente al momento del provvedimento impugnato, ha operato un ampliamento del controllo edilizio dagli edifici veri e propri, menzionati nel primo comma dell’art. 31 della legge urbanistica n. 1150/1942 come sostituito dall’art. 10 della legge 6 agosto 1967, n. 765, ad "ogni attività comportante trasformazione urbanistica ed edilizia", introducendo così una nozione allargata di edilizia comprendente ogni attività che comporti la trasformazione del territorio attraverso la esecuzione di opere comunque attinenti agli aspetti urbanistici ed edilizi, ove il mutamento o l’alterazione abbiano un qualche rilievo ambientale, estetico o anche funzionale. Quindi non solo ogni cambiamento della situazione edilizia preesistente (creazione di nuove costruzioni, ampliamento, modifiche, ristrutturazioni, opere di urbanizzazione, mutamento di destinazione degli edifici, ecc.) ma anche del suolo inteso in tutti i suoi possibili significati.

In questa nozione rientrano anche le opere realizzate dai ricorrenti in quanto costituiscono opere edilizie che modificano lo stato preesistente dei suoli.

Né in contrario può valere la finalità agricola delle opere, la quale in primo luogo non sussiste, in quanto esse sono compatibili anche con attività di utilizzo del fondo a fini ludici, ed in secondo luogo la finalità agricola non esclude in alcun modo la necessità del rilascio di un titolo edilizio, come invece affermato dai ricorrenti.

E’ infondato anche il secondo motivo di ricorso in quanto la giurisprudenza ha da tempo affermato che l’ordine di demolizione non dev’essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento in quanto la natura vincolata del provvedimento esclude la possibilità di apporti contributivi da parte del privato tali da modificare l’esito del procedimento, sicchè i vizi procedimentali prospettati non inficiano la legittimità del provvedimento impugnato (TAR Campania, Napoli, sez. VI, 30 luglio 2007 n. 7130).

Ugualmente è opinione costante nella giurisprudenza che l’art. 3 comma 3 l. 7 agosto 1990 n. 241, nel consentire la motivazione "per relationem", non impone la materiale messa a disposizione o la contestuale comunicazione degli atti richiamati, essendo sufficiente l’indicazione dei medesimi atti, visto che la legge concede all’interessato la possibilità di richiederne l’accesso (T.A.R. Puglia Lecce, sez. II, 18 maggio 2004, n. 3001; T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. I, 18 aprile 2005 n. 541).

Per quanto riguarda l’omessa indicazione nell’atto amministrativo del termine e dell’autorità cui è possibile ricorrere è opinione comune nella giurisprudenza che si tratti di una incompletezza che non determina di per sè alcuna lesione nei confronti del ricorrente, che abbia comunque prodotto rituale ricorso al giudice competente (T.A.R. Valle Aosta 22 gennaio 1999, n. 6).

Da ultimo deve respingersi anche il terzo ed ultimo motivo di ricorso in quanto la giurisprudenza ha chiarito che gli atti vincolati sono sufficientemente motivati con l’indicazione dei fatti e delle norme giuridiche che attribuiscono all’amministrazione il potere di provvedere (Cons. Stato, sez. IV 22 giugno 2006 n. 3962) che, nel caso in questione, sono costituite dalla legge 28 febbraio 1985, n. 47 e dalla L.R. 9 maggio 1992, n. 19 contenente "Disposizioni di attuazione degli articoli 7, 8 e 25 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 e successive modificazioni in materia di abusivismo edilizio".

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sede di Milano, sez. IV, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali a favore del Comune che liquida in euro mille/00 (1.000,00) oltre IVA e CPA se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 27 aprile 2010 con l’intervento dei Magistrati:

Adriano Leo, Presidente

Ugo De Carlo, Referendario

Alberto Di Mario, Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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