T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. I, Sent., 30-03-2011, n. 457

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il ricorrente impugna il provvedimento di ammonimento preventivo emesso dal Questore di Cosenza in data 14.6.2010, ai sensi dell’art. 8 del D.L. n. 11/2009, come convertito dalla legge n. 38/2009, affidandosi ai seguenti motivi:" 1)Violazione e falsa applicazione dell’art. 8 del D.L. n. 11/2009, per come convertito nella legge n. 38/2009 – Illegittimità del provvedimento impugnato in quanto fondato su falsi ed errati presupposti di fatto e di diritto – eccesso di potere nelle figure sintomatiche dell’illogicità manifesta e del travisamento dei fatti; 2) Violazione degli artt. 24 e 27 della Costituzione".

Il ricorrente formula, altresì, domanda di sospensione cautelare del provvedimento impugnato.

Resiste in giudizio il Ministero dell’Interno, con il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, la quale chiede che il ricorso sia respinto per infondatezza.

Alla Camera di Consiglio del 21 ottobre 2010, la domanda cautelare era rinviata al merito.

Alla pubblica udienza del 24 febbraio 2011, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Con il primo, complesso, motivo di ricorso, si denuncia un difetto di motivazione del provvedimento impugnato, che si limita a richiamare le risultanze degli approfondimenti istruttori eseguiti, con conseguente impossibilità di ricostruire il percorso logicogiuridico compiuto dal Questore; la mancanza di motivazione, peraltro, dipenderebbe dalla totale assenza dei presupposti necessari per l’emissione dell’ammonimento ex art 8 D.L. n. 11/2009, che si evincerebbe dalla lettura dei verbali della espletata istruttoria; il ricorrente denuncia, inoltre, come il provvedimento impugnato sia affetto da grave arbitrarietà ed irragionevolezza, in quanto emanato a seguito di erronea valutazione degli elementi investigativi; infatti, i fatti posti alla base del contestato provvedimento consisterebbero unicamente in litigi tra colleghi di lavoro, presso la Polizia Municipale del Comune di Luzzi, dove il ricorrente è titolare di una qualifica subordinata rispetto alla pretesa parte lesa, dott.ssa Altomare, la quale è titolare del Comando comunale, con la conseguenza che la c.d. "parte debole" sarebbe rappresentata dal ricorrente medesimo, che, proprio in virtù del rapporto gerarchico, sarebbe costretto a sopportare l’atteggiamento ostile della Comandante, atteggiamento conseguente alla fine di un rapporto sentimentale esistente tra gli stessi; le liti avvenute tra il ricorrente e la dott. Altomare non sarebbero mai degenerate in atti persecutori, tali da realizzare la fattispecie astratta di cui all’art. 612 bis c.p., come dimostrerebbe il fatto che la presunta parte lesa ha continuato a svolgere senza interruzioni o cambiamenti la propria attività professionale, tenendo inalterato il proprio stile di vita.

Le censure mosse dal ricorrente non sono condivisibili.

Giova, preliminarmente, delineare il quadro normativo di riferimento.

L’art. 7 del D.L.23 febbraio 2009, n. 11, convertito in legge con modificazioni dall’art. 1 della legge 23 aprile 2009, n. 38, ha previsto il reato comunemente denominato "Stalking", introducendo nel codice penale l’art. 612 bis, il quale, al primo comma, così dispone: " (Atti persecutori). – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita".

Il successivo art. 8, ha previsto una nuova misura di prevenzione, chiamata "Ammonimento", che così dispone: "1. Fino a quando non è proposta querela per il reato di cui all’articolo 612bis del codice penale, introdotto dall’articolo 7, la persona offesa può esporre i fatti all’autorità di pubblica sicurezza avanzando richiesta al questore di ammonimento nei confronti dell’autore della condotta. La richiesta è trasmessa senza ritardo al questore.

2. Il questore, assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, ove ritenga fondata l’istanza, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale. Copia del processo verbale è rilasciata al richiedente l’ammonimento e al soggetto ammonito. Il questore valuta l’eventuale adozione di provvedimenti in materia di armi e munizioni.

3. La pena per il delitto di cui all’articolo 612bis del codice penale è aumentata se il fatto è commesso da soggetto già ammonito ai sensi del presente articolo.

4. Si procede d’ufficio per il delitto previsto dall’articolo 612bis del codice penale quando il fatto è commesso da soggetto ammonito ai sensi del presente articolo".

L’intervento del legislatore ha, quindi, delineato una nuova misura di prevenzione, che assume una finalità dissuasiva nei confronti degli autori di atti persecutori – inducendoli alla riflessione e al ravvedimento – prima che l’aggravamento sfoci nell’attivazione del procedimento penale per il delitto di cui all’art. 612bis del c.p. La norma in esame si caratterizza per la finalità di scoraggiare, nel contesto delle relazioni affettive e sentimentali, contegni violenti o comunque disdicevoli i quali – se non integrano (ancora) un reato contro la persona o il patrimonio – potrebbero degenerare e preludere ad illeciti penali produttivi di lesioni ben più gravi di valori giuridicamente tutelati (T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 13 gennaio 2011, n. 114).In tale contesto, si osserva come il decreto di ammonimento non presuppone l’acquisizione della prova del fatto penalmente rilevante punito dall’art. 612 bis del c.p., ma – nel quadro di un potere valutativo ampiamente discrezionale dell’amministrazione – richiede la sussistenza di un quadro indiziario che renda verosimile, secondo collaudate massime di esperienza, l’avvenuto compimento di atti persecutori, dovendo, in definitiva, il Questore soltanto apprezzare la fondatezza dell’istanza, formandosi il ragionevole convincimento sulla plausibilità ed attendibilità delle vicende esposte, senza che sia necessario il compiuto riscontro dell’avvenuta lesione del bene giuridico tutelato dalla norma penale incriminatrice (T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 25 agosto 2010, n. 4182).Tanto premesso in linea generale e passando al caso qui in esame, dalla lettura dei verbali relativi all’attività istruttoria compiuta dalla Questura di Cosenza, emerge che, a seguito della fine del rapporto sentimentale intercorso tra il ricorrente, vigile urbano M.I. e la Comandante del Corpo di Polizia Municipale di Luzzi, A.A., quest’ultima presentava richiesta di ammonimento al Questore, esponendo una serie di fatti gravi addebitati al M. (dal relativo verbale risultano aggressioni sia verbali che fisiche, pedinamenti e comportamenti ossessivi di vario genere). A seguito della richiesta della dott.ssa Altomare, la Questura ha posto in essere una approfondita attività di acquisizione di informazioni, al fine di avvalorare o smentire quanto sostenuto nella detta richiesta.

Dalla ricostruzione dei fatti che è possibile trarre dalle risultanze istruttorie, emerge innanzitutto la certezza di una situazione di grave tensione tra il ricorrente e la contro interessata Altomare, che si è spesso tradotta in aperte liti, avvenute sul luogo di lavoro – all’interno del quale era chiara a tutto il personale la situazione di tensione venutasi a creare – ma anche al di fuori di questo, in varie occasioni. Dai riscontri forniti, inoltre, con verbali di sommarie informazioni, emerge che altrettanto sicuramente il ricorrente ha posto in essere, nelle condizioni e con le circostanze meglio ivi descritte, condotte di natura violenta e minacciosa che si sono concretizzate in ripetuti insulti, aggressioni verbali e minacce (rilevano, in particolare sotto questo profilo, le informazioni rese da Altomare Alba -parente della contrinteressata A.A. – e da Scarpelli Concettina – cognata della Altomare – entrambe testimoni dirette, in episodi diversi, di minacce e insulti ripetuti da parte del ricorrente). Emerge, altresì, che il ricorrente, pur essendo stato assegnato ad un sede di servizio a valle dell’abitato di Luzzi – proprio al fine di stemperare le tensioni sul luogo di lavoro e ridurre le occasioni di scontro – rispetto alla stazione della Polizia Municipale di Luzzi ove opera la Comandante Altomare, era solito presentarsi alla sede centrale, verso le ore 13.30 al momento del cambio del turno lavorativo, quando vi è meno personale presso l’ufficio, chiedendo di incontrare la Altomare, incontri il cui epilogo era l’animata discussione o la lite (in tal senso informazioni rese da Lupinacci Vincenzo). Anche se tale condotta era da attribuirsi, probabilmente, alle assegnazioni di turno di servizio -non condivise dal ricorrente – non pare dubitarsi che il reiterarsi di tale condotta costituisca indice di persecutorietà.

A tutto ciò si aggiunga la certificazione sanitaria del 19.4.2010, rilasciata dall’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza – Centro di Salute Mentale e prodotta dalla difesa erariale, dalla quale risulta che la Altomare è affetta da "Disturbo dell’Adattamento da ansia", in soggetto con stress lavorativo.

Da quanto appena succintamente riportato, emerge dunque che l’istruttoria compiuta dalla Questura di Cosenza, che risulta completa ed esaustiva, ha individuato sufficienti elementi per rendere doveroso il provvedimento di ammonimento che qui è impugnato, essendo l’invito a conformarsi alla legge collegato ad una serie di episodi e di atteggiamenti ben individuati.

Quanto alla motivazione del provvedimento, indicata per realtionem, essa è ricavabile dalla completa attività istruttoria espletata dalla Questura e risultante dai verbali di sommarie informazioni di persone informate sui fatti.

Conseguentemente, le censure proposte dal ricorrente con il primo motivo di ricorso non possono essere condivise.

Quanto alla pretesa illegittimità costituzionale per violazione degli art. 24 e 27 della Costituzione, dedotta con il secondo motivo di ricorso, se ne rileva la manifesta infondatezza.

Il ricorrente sostiene che, dato il tenore letterale del’art. 8 del D.L. n. 11/2009, il provvedimento di ammonimento, in quanto sindacabile esclusivamente sotto il profilo della legittimità, non consentirebbe il diritto di difesa sancito dall’art. 24 della Costituzione e, inoltre, in violazione dell’art. 27 della Costituzione, sembrerebbe riconoscere una vera e propria presunzione di colpevolezza.

Sotto quest’ultimo profilo, si rileva che, con l’adozione del provvedimento in questione, il Questore, sentite le persone informate sui fatti, ammonisce il destinatario del provvedimento invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge. Non si ravvisa, pertanto, alcuna presunzione di colpevolezza conseguente l’assunzione dell’ammonimento, in quanto, da un lato, il destinatario del provvedimento non riveste la posizione di indagato o imputato, e, dall’altro, perché l’ammonimento costituisce una misura preventiva, assunta a seguito della verifica della sussistenza dei fatti indicati nella richiesta della persona offesa.

Nemmeno è ravvisabile una lesione del diritto della difesa, come rappresentata dal ricorrente, atteso che la possibilità di sindacare un provvedimento solo sotto il profilo della legittimità non può certo ritenersi lesivo del diritto di difesa.

In definitiva, il ricorso è infondato e deve essere respinto.

Sussistono giustificati motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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