T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. I, Sent., 30-03-2011, n. 443 Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente ha inoltrato alla Questura di Vibo Valentia istanza per il rilascio dell’autorizzazione relativa all’esercizio dell’attività raccolta scommesse. Detta istanza è stata respinta con decreto del 16 febbraio 2008, in considerazione sia del fatto che a carico del ricorrente risultavano, a partire dal 2002, diverse denunce (per violazione delle norme sull’obiezione di coscienza, per disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, per falsità in scrittura privata e truffa, per rifiuto di indicazione della propria identità, per falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico e truffa), sia perché in data 5 gennaio 2008, con verbale del Comando Compagnia Carabinieri di Tropea, il ricorrente è stato avvisato oralmente ai sensi degli articoli 1 e 4 della legge 1423/1956 in quanto lo stesso avrebbe tenuto comportamenti pericolosi per l’ordine e la sicurezza pubblica e per le sue frequentazioni con soggetti che vantano precedenti di polizia. Alla luce di tali accertamenti, il Questore ha ritenuto che il ricorrente non fosse in possesso del requisito della buona condotta previsto dall’articolo 11, comma 2 del R.D. n. 773/1931.

Avverso detto decreto il ricorrente ha proposto ricorso gerarchico al Prefetto di Vibo Valentia che è stato respinto con il decreto avversato con il primo ricorso, n. 763/2008.

L’avviso orale del 5 gennaio 2008 di cui sopra si fonda sulle richiamate denunce, sulla asserita pericolosità sociale del ricorrente e sulla circostanza che lo stesso si accompagna a persone con precedenti di polizia. Avverso detto avviso orale è stato proposto ricorso gerarchico al Prefetto di Vibo Valentia respinto con decreto n. 918 Area I^, notificato il 5 novembre 2008 e avverso il quale è stato proposto il secondo dei ricorsi di cui in epigrafe, n. 161/2009.

A sostegno del ricorso n. 763/2008 il ricorrente deduce: carenza ed erroneità della motivazione del provvedimento impugnato, violazione di legge, ingiustizia manifesta, eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, difetto dei presupposti, contraddittorietà e mancanza di attualità.

In particolare, afferma il ricorrente che il decreto prefettizio sarebbe privo di motivazione, carente di istruttoria atteso che le denunce richiamate sono risalenti nel tempo e soprattutto non hanno portato all’instaurazione di alcun procedimento penale a suo carico e, infine, difetterebbero i presupposti per l’applicazione della richiamata normativa speciale in materia di rilascio delle autorizzazioni di polizia.

Per quanto concerne l’avviso orale il ricorrente fa presente che lo stesso si fonda su semplici denunce delle quali è stato destinatario e che non hanno mai portato ad alcun procedimento penale e dalle quali le autorità di P.S. hanno, invece, dedotto l’indice di pericolosità dello stesso per l’ordine e per la sicurezza pubblica.

Inoltre, per quanto concerne le frequentazioni con persone che hanno precedenti penali, il ricorrente afferma che, vivendo e lavorando in un piccolo centro, può essersi verificato che abbia incontrato o salutato tali persone senza tuttavia intrattenere rapporti di frequentazione con le stesse.

A sostegno del ricorso n. 161/2009, proposto avverso il decreto che respinge il ricorso gerarchico relativo all’avviso orale, il ricorrente deduce: eccesso di potere sotto il profilo della violazione di legge, dell’insufficienza della motivazione e della carenza di istruttoria. In particolare il ricorrente afferma che non sussistono i presupposti per l’applicazione dell’art. 1 della legge 1423/1956.

Si è costituita in giudizio l’amministrazione eccependo l’infondatezza di entrambi i ricorsi.

Alla pubblica udienza del 24 febbraio 2011 i ricorsi sono stati trattenuti in decisione.
Motivi della decisione

I due ricorsi vanno riuniti attese le ragioni di connessione soggettiva ed oggettiva.

I ricorsi vanno accolti siccome fondati.

Preliminarmente appare necessario richiamare il quadro normativo di riferimento.

L’articolo 11 del R.D. 773/1931 prescrive che "Salve le condizioni particolari stabilite dalla legge nei singoli casi, le autorizzazioni di polizia debbono essere negate:

1° a chi ha riportato una condanna a pena restrittiva della libertà personale superiore a tre anni per delitto non colposo e non ha ottenuto la riabilitazione;

2° a chi è sottoposto all’ammonizione o a misura di sicurezza personale o è stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza.

Le autorizzazioni di polizia possono essere negate a chi ha riportato condanna per delitti contro la personalità dello Stato o contro l’ordine pubblico, ovvero per delitti contro le persone commessi con violenza, o per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione, o per violenza o resistenza all’autorità, e a chi non può provare la sua buona condotta.

Le autorizzazioni devono essere revocate quando nella persona autorizzata vengono a mancare, in tutto o in parte, le condizioni alle quali sono subordinate, e possono essere revocate quando sopraggiungono o vengono a risultare circostanze che avrebbero imposto o consentito il diniego della autorizzazione".

Quanto all’avviso orale, l’articolo 1 della legge n. 1423/1956 concernente "Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità" dispone che "I provvedimenti previsti dalla presente legge si applicano a:

1) coloro che debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono abitualmente dediti a traffici delittuosi;

2) coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose;

3) coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica".

L’avviso orale di cui all’art. 4 l. n. 1423/1956 rappresenta la misura più tenue tra quelle previste dalla citata legge e consiste nell’avvertimento della sussistenza di sospetti a carico di una persona, per la quale si profilano "elementi di fatto" che facciano ritenere l’appartenenza di essa ad una delle categorie previste dall’art. 1 sopra richiamato. L’avviso orale, quindi, non produce altro effetto se non quello di consentire la proposta, entro tre anni, all’autorità giudiziaria, di applicazione delle misure di prevenzione (T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I, 02 marzo 2010 n. 267). Il presupposto per l’emanazione dell’avviso in questione non è costituito dall’esistenza di "specifiche prove" sulla commissione di reati, essendo sufficiente che l’Autorità di polizia sospetti semplicemente della presenza di elementi tali da ritenere la configurabilità di una situazione rivelatrice di personalità incline a comportamenti asociali o antisociali (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. VI, 25 giugno 2007, n. 3548; id sez. VI 30 dicembre 2005, n. 7581) ovvero da ritenere sussistenti quelle condizioni di pericolosità per la sicurezza e la tranquillità pubbliche della persona avvisata che possano eventualmente dar luogo, in seguito, all’applicazione di una misura di prevenzione (cfr. T.A.R. Emilia Romagna Parma, sez. I, 31 gennaio 2008, n. 57; T.A.R. Toscana Firenze, sez. I, 22 marzo 2010 n. 727).

Ciò premesso, la legge impone comunque all’amministrazione l’obbligo della motivazione sia sull’appartenenza del destinatario dell’ordine ad una delle categorie di cui all’art. 1 l. n. 1423 del 1956, sia sulla pericolosità sociale del soggetto. Il principio di legalità, difatti, assolutamente esclude che l’ordine dell’Autorità possa incidere sulle libertà personali in assenza dei presupposti normativi ed al fine di espungere dal territorio talune manifestazioni di irregolarità sociale e malcostume (Cfr. T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 19 ottobre 2010, n. 7000).

Nella fattispecie all’attenzione del Collegio non pare che il quadro indiziario emerso a carico del ricorrente e posto a fondamento di entrambi i provvedimenti impugnati individui un soggetto pericoloso socialmente, atteso che l’avviso orale si fonda su denunce, alcune datate, per violazione delle norme sull’obiezione di coscienza, per disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, per falsità in scrittura privata e truffa, per rifiuto di indicazione della propria identità, per falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico e truffa, denunce che, come risulta dagli atti, non hanno condotto ad alcun procedimento penale né tantomeno ad alcuna condanna.

Vero è che il giudizio sulla pericolosità sociale del soggetto avvisato non richiede la commissione di specifici reati, ma certamente l’insieme degli indizi e dei sospetti sul suo conto deve mostrare una personalità propensa a seguire particolari comportamenti antigiuridici, dato questo che nella specie non emerge.

Il richiamo, poi, alla frequentazione di persone con precedenti di polizia non è accompagnato dalla evidenziazione di elementi di riscontro e, stante la sua evidente genericità, non appare affatto sufficiente a giustificare l’avviso orale irrogato dal Questore.

La circostanza stessa per cui la Prefettura di Vibo Valentia che, con nota 18/08/Area I, aveva chiesto che fosse revocata, per ragioni di sicurezza, l’autorizzazione per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande già rilasciata al ricorrente, successivamente ha comunicato che l’attività medesima potesse continuare, non avvalora le tesi della sussistenza di un soggetto pericoloso o che possa relazionarsi in maniera antisociale.

A fronte di ciò, l’amministrazione non ha in alcun modo contestato i fatti allegati in ricorso che, pertanto, possono essere posti a fondamento della decisione del Giudice (art. 64, comma 2, c.p.a.).

Alla luce delle svolte considerazioni i ricorsi in epigrafi vanno accolti e per l’effetto va annullato sia il decreto emesso dal Prefetto di Vibo Valentia con cui è stato respinto il ricorso gerarchico avverso il provvedimento adottato dal Questore di Vibo Valentia con il quale è stato disposto il rigetto della richiesta di revoca dell’avviso orale, sia il Decreto del Prefetto di Vibo Valentia con il quale è stato respinto il ricorso gerarchico avverso il provvedimento amministrativo con cui è stato disposto il diniego dell’autorizzazione per l’esercizio dell’attività di raccolta scommesse.

Sussistono giuste ragioni per compensare tra le parti le spese dei presenti giudizi.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, li accoglie e per l’effetto annulla gli atti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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