Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 22-03-2011) 05-04-2011, n. 13617 Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ordinanza in data 29.09.2010 il Tribunale di Cuneo, costituito ex art. 322 bis c.p.p., pronunciando in sede di secondo rinvio, respingeva l’appello proposto da B.B. e B. F., rispettivamente proprietaria ed usufruttuario di un immobile sequestrato D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 12, comma 5 bis, rilevando sussistere tutte le condizioni di legge, in particolare l’elemento della sperequazione economica.- Il Tribunale, invero, ricordava: – l’appartamento in questione era stato oggetto di sequestro preventivo ritualmente convalidato; – il proposto appello era stato respinto dal Tribunale con ordinanza 05.06.2009; – quest’ultima era stata annullata dalla Corte di cassazione con pronuncia depositata il 09.12.2009 per difetto di motivazione in ordine alla gravosità delle condizioni contrattuali; – nel giudizio di rinvio il Tribunale, con ordinanza 13.01.2010, aveva ribadito il rigetto dell’appello; – con sentenza depositata il 07.09.2010 la Corte di cassazione aveva però ancora annullato il provvedimento per carenza di riferimenti a dati fattuali.- Ciò posto, il Tribunale di Cuneo, nell’ordinanza oggetto dell’odierno scrutinio, richiamati tutti i precedenti provvedimenti, rilevava come il canone di Euro 200, richiesto per una singola stanza, dovesse ritenersi sproporzionato rispetto ai valori medi praticati nello stesso contesto (appartamenti analoghi in quella zona della città).- 2. Avverso tale ultima ordinanza proponeva ricorso per cassazione la sola B.B. che motivava l’impugnazione svolgendo le seguenti deduzioni: – motivazione apparente ed inadeguata in punto ingiusto profitto; – non era stato considerato che il canone praticato agli extracomunitari era comprensivo delle spese; – non erano state considerate le condizioni generali dei locali; – gli stessi inquilini consideravano basso il canone praticato.- 3. Il ricorso, manifestamente infondato, deve essere dichiarato inammissibile con ogni dovuta conseguenza di legge.- Il presente scrutinio di legittimità deve essere reso alla stregua di due fondamentali parametri, imprescindibili nella fattispecie: quello di cui all’art. 627 c.p.p., trattandosi di ordinanza emessa in sede di rinvio, e quello di cui all’art. 325 c.p.p., comma 1, a tenore del quale il ricorso per cassazione contro ordinanze ex art. 322 bis c.p.p. è ammesso solo per violazione di legge (e dunque non per pretesi vizi di motivazione).- Ciò posto, occorre riconoscere come il proposto ricorso non possa avere ingresso in questa sede.- Quanto al primo profilo (verifica ex art. 627 c.p.p.), invero, va dato atto che il Tribunale di Cuneo ben ha svolto – contrariamente all’assunto dell’odierna ricorrente – indagine in fatto in ordine a quanto era stato rilevato dalla sentenza di legittimità che, annullando la precedente ordinanza, aveva disposto il rinvio per più puntuale indagine in ordine ad elementi essenziali del reato (consistenza degli alloggi, canone complessivo tenuto conto delle spese e comparazione con quello di mercato per alloggi di analoga tipologia).

E’ dunque stata giustificata, dal giudice del controllo cautelare, la sproporzione economica del canone richiesto, rispetto a situazioni paragonabili, tenuto conto delle condizioni (fatiscenti) di mini- monolocali ricavati in un sottotetto al quarto piano, senza ascensore, anche tenendo conto delle spese comprese nel canone. Nè va pretermesso che, per mancata registrazione, si tratta di contratti nulli ex L. n. 311 del 2004, fattore eloquente anche in chiave soggettiva.- Ciò posto, è del tutto evidente come il ricorso, del tutto infondato in quanto contrastante con i dati testuali dell’impugnata ordinanza, sia inammissibile anche per sottoporre a questa Corte di legittimità questioni di valutazione in fatto e pretesi vizi di motivazione (come sopra sintetizzati al p. 2) estranei al vaglio consentito in materia ex art. 325 c.p.p., comma 1.- Tale ultima disposizione, invero, assorbe margini di opinabilità sul merito che – espressi dall’impugnata ordinanza in termini non illogici, nè incoerenti, e tanto meno riconducibili a motivazione meramente apparente – risultano insindacabili in questa sede.- Il ricorso, palesemente infondato e proposto su temi non consentiti, è dunque inammissibile ex art. 591 c.p.p. e art. 606 c.p.p., comma 3.- Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge, in forza del disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al versamento della somma, tale ritenuta congrua, di Euro 1.000,00 (mille) in favore della Cassa delle Ammende, non esulando profili di colpa nel ricorso totalmente infondato (v. sentenza Corte Cost. n. 186/2000).-
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente B. B. al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 (mille) in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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