Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 22-03-2011) 05-04-2011, n. 13598

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

o, avv. Managò Antonio, il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con sentenza, deliberata il 25 febbraio 2010 e depositata il 26 marzo 2010, la Corte di appello di Reggio di Calabria ha confermato la sentenza del Tribunale di quella stessa sede, 7 giugno 2007, di condanna alla pena principale della reclusione in anni nove (nel ritenuto concorso di circostanze attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti) a carico di S.C., imputato del delitto di omicidio tentato a carico di F.A.P., commesso in (OMISSIS) colle aggravanti della premeditazione e dei motivi futili.

I giudici di merito hanno accertato quanto segue.

Alle prime ore del mattino S., aveva teso un agguato a F.: si era appostato, dietro un muretto, lungo la strada che la vittima, appena uscita da casa, stava percorrendo alla guida della sua autovettura Golf; e aveva aperto il fuoco, esplodendo più colpi di fucile calibro venti. F., il quale con istintivo gesto di difesa, aveva alzato il braccio per proteggere il volto colla mano, era stato attinto all’occhio sinistro e all’arto, riportando gravi lesioni agli organi della vista (con perdita della funzionalità dell’occhio leso) e della prensione (con lo spappolamento della mano); per la gravità delle ferite la vittima aveva perso il controllo del veicolo, fortunatamente bloccato da una pietra sulla quale la vettura era rimasta incagliata. Il tempestivo soccorso del fratello e le cure immediatamente praticate avevamo impedito l’epilogo letale. Costituirono antefatto e movente del delitto i contrasti che opponevano l’imputato alla famiglia Falduto a cagione della pretesa del primo, avversata dagli altri, di parcheggiare la propria macchina lungo la stradella che da accesso alla casa dei F., allorchè si recava al lavoro nei campi vicini; la contesa era degenerata a vie di fatto, quando nell’agosto dell’anno precedente, F.A.P. aveva aggredito S., il quale, nell’occorso, aveva avuto la peggio, riportando lesioni.

S. aveva denunziato il fatto ai Carabinieri; ma non aveva, poi, sporto la querela che si era riservato di presentare.

Con riferimento ai motivi di gravame e in relazione a quanto assume rilievo nel presente scrutinio di legittimità – in punto a) di accertamento della condotta; b) di rinnovazione della istruzione dibattimentale con esame del consulente della difesa, ing. C., circa l’indagine espletata sulle distanze ai fini della prova di alibi; c) di ricorrenza delle ritenute aggravanti; d) di riconoscimento della provocazione; e) di trattamento sanzionatorio – la Corte territoriale ha motivato: è fondato il rilievo dell’appellante circa la inutilizzabilità delle testimonianze degli ufficiali di polizia giudiziaria, in ordine alle dichiarazioni (non verbalizzate) rese loro dalla vittima, prima di sottoporsi all’intervento chirurgico subito dopo l’attentato; tuttavia le suddette dichiarazioni non risultano decisive per l’accertamento della penale responsabilità del giudicabile; la prova del delitto è offerta dalla testimonianza dibattimentale di F.; costui ha dichiarato di essere riuscito a scorgere l’imputato nel mentre costui, col fucile imbracciato, aprì il fuoco contro di lui; quindi, ferito, udì il rumore del motore della macchina di S. (Renault grigia in precedenza notata), che si allontanava; la rappresentazione offerta collima colle emergenze della prova generica; l’avvistamento del veicolo dell’imputato fu confermato dal padre, F., e dal fratello, V., della vittima;

corrisponde l’indicazione fornita della marca, del modello, del colore e della "serie numerica parziale" della targa del veicolo;

attendibili sono le testimonianze della persona offesa e dei familiari; è vero che F.A.P. aveva inizialmente dichiarato, nel corso delle indagini, di non aver scorto l’attentatore ma devono essere tenute in debito conto le condizioni in cui versava il ferito; le discrasie e le imprecisioni rilevate dalla difesa nelle testimonianze dei congiunti appaiono giustificate dalla considerazione dell’età del genitore e del tempo trascorso; e, comunque, non incidono sul dato saliente della presenza dell’autovettura dell’appellante sulla scena del delitto, in concomitanza dell’agguato; concorrono, inoltre, a suffragare la affidabilità della deposizione della vittima, sul punto decisivo, del riconoscimento dell’attentatore, il reperimento di micro particelle ternarie isolate sugli indumenti indossati dall’appellante e sulla sua autovettura; l’avvistamento di S., intorno alle ore 6.20 a circa due chilometri di distanza dal luogo dell’attentato, a opera del teste C., mentre il giudicabile, percorreva la provinciale per V.R. a velocità sconsiderata; lo stato di evidente agitazione in cui ancora versava l’imputato all’atto del sequestro delle armi, siccome riferito dal maresciallo Sa.; la smentita del ridetto teste C. dell’assunto dell’imputato di aver, quella stessa mattina, sparato alle quaglie nel suo impianto sportivo; di contro non risulta concludente il testimoniale a discarico in punto di prova di alibi; i riferimenti temporali dei testimoni sono estremamente generici e imprecisi; i primi giudici, mediante sopralluogo, hanno acclarato la compatibilità dei movimenti dell’appellante in rapporto alla caratteristiche dalla zona e alla possibilità di spostamento; il postulato "approfondimento istruttorio" in proposito è "inutile";

l’antefatto e il contesto danno conto delle ritenute aggravanti; il pregresso, violento litigio tra il giudicabile e la vittima rappresenta "il motivo scatenante" del fatto di sangue; quanto alla premeditazione, il Tribunale ha fatto pertinente riferimento al pregresso contrasto, trasceso a vie di fatto tra la vittima e l’imputato, il quale aveva avuto la peggio; S., recedendo dall’iniziale proponimento di presentare querela, aveva, poi deciso di "lavare l’onta subita in altro modo"; e aveva mantenuto le "intenzioni delittuose" affatto "inalterate sino alla mattina dell’agguato, posto in essere a distanza di tempo"; quanto all’ulteriore aggravante, l’ulteriore rilievo che il dissidio concerneva "l’utilizzo di una stradella" dispensa dall’approfondimento circa la "natura dei motivi a delinquere"; il bilanciamento tra le circostanze è coerente rispetto alla condotta;

la commisurazione della pena è "del tutto proporzionata al fatto". 2. – Ricorre per cassazione l’imputato, col ministero del difensore di fiducia, avvocato Antonio Managò, mediante atto recante la data del 9 luglio 2010, depositato il 10 luglio 2010, articolato in quattro motivi, con i quali denunzia ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), vizio di motivazione (ritenuta meramente apparente) anche sotto il profilo della formale violazione dell’art. 192 c.p.p..

2.1 – Con il primo motivo il difensore, mediante richiamo e testuale citazione di dichiarazioni rese nel corso delle indagini dalle parte offesa, censura che la Corte territoriale non ha considerato quanto segue: F., sentito in ospedale lo stesso giorno del delitto, aveva affermato di non aver scorto colui che gli aveva sparato; la giustificazione data dal teste del contrasto rispetto alla deposizione dibattimentale è affatto generica; la valutazione della attendibilità del testimone è resistita dal rilievo difensivo che F., malgrado la ferita all’occhio, non aveva, tuttavia, perso coscienza; la testimonianza di F.V. è smentita dalle iniziali dichiarazioni di F.P.; F.V. ha dichiarato che il ricorrente indossava una camicia bianca a righe blu, mentre la camicia sequestrata al giudicabile è a quadri di colore giallo; e ha, inoltre, narrato di aver appreso dal fratello che a sparargli "era stata una Renault", così confermando che la vittima non aveva riconosciuto l’aggressore; ulteriori contraddizioni concernono la distanza (rispetto alla vittima) alla quale il testimone ha collocato lo sparatore; F.V. ha, poi, sostenuto che l’attentatore aveva ricaricato il fucile, mentre furono rivenuti solo due bossoli; i fucili detenuti dal ricorrente sono di calibro (dodici) diverso da quello dell’arma del delitto (venti);

F.F. ha riferito che il figlio si trovava nella rimessa, sicchè non poteva scorgere il giudicabile; l’ispettore C. ha deposto che nessuno dei F. aveva segnalato la presenza di S.; i testi a discarico hanno dichiarato che l’imputato "si trovava in un luogo distante da quello del delitto".

Il difensore lamenta, altresì, la omessa considerazione della consulenza dell’ing. C. in relazione al rilievo che il luogo dell’attentato dista duecento metri dal punto ove i testi di alibi hanno avvistato il ricorrente. E obietta che lo stato emotivo di S. ha valenza neutra, mentre la presenza delle particelle ternarie (isolate anche su un maglione non indossato il giorno del delitto) trova spiegazione nella attività sportiva del giudicabile, "assiduo frequentatore del quagliodromo", 2.2 – Con il secondo motivo il difensore censura la omessa motivazione della (implicita) reiezione del motivo di appello sulla provocazione.

2.3 – Con il terzo motivo il difensore si duole delle ritenute aggravanti, opponendo la considerazione, in relazione ai futili motivi, dell’antefatto della vicenda e, per quanto riguarda la premeditazione, denunziando il carente accertamento sia dell’elemento psicologico (in ordine all’insorgenza del proposito omicida) che di quello psicologico.

2.4 – Con il quarto motivo il ricorrente investe il giudizio di comparazione tra le attenuanti e la dosimetria della pena, motivate con la considerazione affatto generica della ritenuta congruità della sanzione.

3. – Il ricorso è fondato limitatamente alla aggravante dei motivi futili e al diniego della provocazione, restando assorbite le censure circa la comparazione tra le circostanze e il finale trattamento sanzionatorio.

3.1 – Colla scabra motivazione, consistita nella mera evocazione dell’antefatto e del supposto movente, la Corte territoriale non ha dato conto dalla sussistenza della ritenuta aggravante dei motivi futili.

3.2 – Radicale è, poi, la mancanza di motivazione in ordine alla richiesta dell’appellante di riconoscimento della provocazione, pur menzionata nella rassegna dei motivi di gravame.

4. – Nel resto, in ordine all’accertamento della condotta (anche in relazione alla predicazione), il ricorso è infondato.

La Corte territoriale ha dato conto adeguatamente – come illustrato nel paragrafo che precede sub 1. – delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione (v. per tutte:

Cass., Sez. 1, 5 maggio 1967, n. 624, Maruzzella, massima n. 105775 e, da ultimo, Cass., Sez. 4, 2 dicembre 2003, n. 4842, Elia, massima n. 229369) e, pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità; laddove i rilievi, le deduzioni e le doglianze espressi dal ricorrente, benchè inscenati sotto la prospettazione di vitia della motivazione, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di merito, sicchè, consistendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per cassazione, sono inammissibili ai termini dell’art. 606 c.p.p., comma 3. 5. – Conseguono l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla aggravante dei motivi futili e alla omessa pronuncia sulla provocazione; il rinvio per nuovo giudizio sui punti anzidetti (nonchè sul conseguente trattamento sanzionatorio) ad altra sezione della Corte di appello di Reggio di Calabria e il rigetto del ricorso nel resto.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla aggravante dei motivi futili e alla attenuante della provocazione; rinvia per nuovo giudizio sui punti anzidetti ad altra sezione della Corte di appello di Reggio di Calabria; rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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