T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., 30-03-2011, n. 2797

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

a verbale;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Col ricorso in esame, il Colonnello del Genio aeronautico V.F. ha impugnato (ritenendola illegittima sotto più profili) la sua mancata iscrizione nel quadro di avanzamento al grado superiore per l’anno 2009.

Il soggetto in questione si duole, sostanzialmente, del fatto che i titoli – e, più in generale, i precedenti di carriera – che connotano il suo "curriculum" professionale siano stati (in assoluto: e in rapporto a quelli dei controinteressati Ciardelli e Langella) inadeguatamente valutati dalla competente Commissione ministeriale.

All’esito della discussione svoltasi nella pubblica udienza del 16.3.2011, il Collegio – trattenuto il predetto ricorso (nel frattempo, debitamente istruito) in decisione – ne constata l’intrinseca infondatezza.

In ordine al lamentato eccesso di potere in senso assoluto, si reputa sufficiente osservare

che la documentazione caratteristica dell’interessato – non del tutto priva di mende e riserve – non evidenzia un livello così macroscopicamente ottimale dei precedenti di carriera dell’Ufficiale scrutinato da palesare, con immediatezza, l’assoluta inadeguatezza del punteggio assegnato ad esprimere il grado di tale livello;

che (in particolare), in svariate schede valutative (ancorché conclusesi con l’attribuzione della massima qualifica finale), il F. non è stato gratificato con le più elevate aggettivazioni possibili: né è sempre stato destinatario (come richiesto dalla, ormai consolidata, giurisprudenza formatasi sul punto) di citazioni di apprezzamento e/o compiacimento.

Per quel che concerne il (parimenti dedotto) vizio di eccesso di potere in senso relativo, va – innanzitutto – premesso

che, "in iure condito", i giudizi quali quello di cui trattasi non devono esser formulati in termini comparativi;

che, "in subjecta materia", la valutazione dei singoli titoli non ha – ai fini della compiutezza delle determinazioni finali – una vera e propria autonomia: dovendo, tutti gli elementi, esser considerati nel loro insieme;

che, più specificamente, la mancanza di uno o più requisiti – da parte di taluno dei valutandi – può esser largamente supplita (nei confronti di altri parigrado) dall’entità di titoli diversi: apprezzati come equivalenti, o plusvalenti, nell’ambito di un giudizio complessivo e indivisibile.

Ciò posto; si rileva

che l’impugnata valutazione, che non ha certo prescisso dalle risultanze documentali (e che risulta esser stata adottata secondo un metro di giudizio ragionevole: e uguale per tutti i contendenti) appare coerente coi precedenti di carriera di ciascun scrutinato;

che – detto in altri, e più chiari, termini – tra i punteggi di merito singolarmente assegnati, le motivazioni di tali punteggi (espresse dai membri della Commissione di Avanzamento) e le cennate risultanze documentali esiste una correlazione logica più che sufficiente.

Si fa presente, al riguardo

che i titoli accademici non possono assumersi, da soli, quali elementi determinanti ai fini dell’avanzamento;

che (infatti) la valenza del profilo culturale ed intellettuale di un candidato dipende – più che da essi – dall’effettiva profondità, ampiezza ed organicità del patrimonio di informazioni e cognizioni posseduto: e – soprattutto – dalla capacità (da verificarsi, com’è avvenuto nella circostanza, in concreto) di farne un sapiente ed appropriato utilizzo, in relazione alla fisionomia istituzionale del ruolo di appartenenza ed all’affidamento che può derivarne – in termini di efficienza – per l’Amministrazione interessata;

che, nei Corsi frequentati, il ricorrente ha conseguito risultati che non possono davvero definirsi di spicco": e che, comunque, non sono – nel loro insieme – migliori di quelli ottenuti dai suoi contendenti;

che le stesse benemerenze non rivestono, qui, un peso decisivo: non foss’altro (cfr., sul punto, C.d.S., IV, n.1640/98) perché trovano giustificazione nell’accidentalità sottesa al procedimento volto al loro conferimento;

che, pena la violazione del basilare principio organizzativo della "tripartizione dei Poteri", il giudice amministrativo non può certo "quantificare" l’importanza degli incarichi ricoperti dai vari Ufficiali: che, del resto (cfr., "ex plurimis", C.d.S., IV, n.1047/96), non è – di per sé – attributiva di speciali capacità.

Si rileva, altresì (ad ulteriore, e definitiva, confutazione delle asserzioni attoree)

che, per giurisprudenza consolidata, uno "scavalcamento" può considerarsi illegittimo solo quando – in una precedente graduatoria riferita allo stesso grado – gli Ufficiali in comparazione (senza che nulla sia variato, nell’intervallo di tempo in questione, nelle rispettive documentazioni caratteristiche e matricolari) si siano collocati in posizione invertita rispetto a quella successivamente contestata;

che, nel caso di specie, il ricorrente (da un lato) e i controinteressati (dall’altro) sono – invece – stati promossi al grado di Colonnello (non nello stesso anno, ma) in anni diversi;

che (per di più), nelle precedenti valutazioni (effettuate dal 2004 al 2008) per l’avanzamento al grado di cui è causa, il Ciardelli ed il Langella sopravanzavano – entrambi – il F.;

che (pertanto) questi avrebbe potuto esser meglio graduato, relativamente al 2009, solo in violazione del principio generale (sul punto, cfr. – "ex plurimis" – C.d.S., IV, n.678/2009) in base al quale i successivi giudizi di avanzamento (pur nella riconosciuta autonomia di ciascun scrutinio) devono sempre esser – tra loro – in rapporto di continuità.

E dunque, atteso

che, alla luce degli atti di causa, si può tranquillamente affermare che i controinteressati (che hanno svolto, anch’essi, compiti istituzionali prestigiosi ed impegnativi) sono – comunque – soggetti di grande caratura professionale: quanto meno pari (soprattutto sotto il fondamentale profilo dell’attitudine ad assolvere alle più elevate funzioni, connesse al grado superiore) a quella del ricorrente;

che la resistente ha fatto, in definitiva, corretta applicazione del(l’amplissimo) potere discrezionale che – in questo particolare ambito di attività – le è tradizionalmente riconosciuto come proprio,

il Collegio non può (appunto) che concludere per l’infondatezza della proposta impugnativa.

Mentre – in istretta applicazione delle regole sulla soccombenza – si ritiene di dover liquidare (come da dispositivo) le spese di lite in favore dell’Amministrazione intimata, non si ravvisano i presupposti per far luogo ad un’analoga statuizione per quel che riguarda i controinteressati: che, non essendosi costituiti in giudizio, non hanno espletato – in quest’ambito – alcuna attività difensiva.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis)

rigetta il ricorso indicato in epigrafe;

condanna il proponente al pagamento, in favore della resistente Amministrazione, delle spese del giudizio: che liquida in complessivi 3000 euro.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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