Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 11-03-2011) 05-04-2011, n. 13585 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

p.1. Con ordinanza depositata il 14 gennaio 2011 il Tribunale di Firenze, in funzione di giudice del riesame, revocava la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di K. M., indagato per il reato previsto dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, per avere illecitamente detenuto, in concorso con il fratello A., g. 565 di cocaina rinvenuta nell’appartamento sito in (OMISSIS). Dal fatto che l’indagato aveva documentalmente provato che la sua residenza anagrafica era in (OMISSIS), il Tribunale deduceva che l’appartamento ove fu sequestrato lo stupefacente era nella disponibilità esclusiva del fratello e che pertanto solo a quest’ultimo poteva essere attribuita la detenzione dello stupefacente ivi rinvenuto.

Contro l’ordinanza ricorre il pubblico ministero, che ne chiede l’annullamento denunciando vizio di motivazione, perchè il giudice a quo non ha preso in esame un elemento di prova decisivo, rappresentato dal verbale delle dichiarazioni rese da S. L. – tempestivamente trasmesso ex art. 309 c.p.p., comma 5 – da cui si ricava che l’appartamento di via (OMISSIS) era stato preso in affitto dall’indagato che ne pagava regolarmente il canone.

Pertanto – conclude il ricorrente – l’appartamento costituiva la sede operativa dell’attività di spaccio esercitata congiuntamente dai due fratelli. p.2. Il ricorso è fondato e va accolto, perchè la motivazione dell’ordinanza di revoca della misura cautelare è inficiata dall’omessa valutazione dell’elemento di prova decisivo risultante dal verbale di s.i. rese da S.L..

Il giudice a quo, rilevato che l’affermazione dell’indagato di non abitare in via del Vigna era convalidata dalla certificazione anagrafica che lo indicava residente altrove, dalla sottaciuta massima d’esperienza che attribuisce a chi abita un appartamento la disponibilità delle cose contenutevi, ha tratto la conclusione che la droga rinvenuta non poteva essergli addebitata. Posto che la base fattuale del ragionamento decisorio risiede nella relazione intercorrente tra l’indagato e l’appartamento in cui fu sequestrata la droga, è evidente che l’accertamento della cennata relazione (di intraneità o di estraneità) assume un peso determinante per la decisione sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. E poichè l’indizio, rappresentato dalle dichiarazioni secondo cui l’indagato aveva preso in affitto – celandosi sotto l’altrui identità – l’appartamento di via (OMISSIS) e ne pagava il canone, valutato insieme alla circostanza che lo stesso era stato visto più volte dalla polizia giudiziaria entrare nell’appartamento, condurrebbe a ritenere – contrariamente al convincimento espresso dal giudice a quo – che l’indagato non fosse estraneo a quell’abitazione, ma anzi ne avesse la disponibilità, con la consequenziale inferenza sulla detenzione dello stupefacente ritrovatovi, balza evidente che l’omessa valutazione dell’indizio in questione ha gravemente viziato la decisione adottata.

L’ordinanza impugnata deve, pertanto, essere annullata, con rinvio allo stesso Tribunale, che, in diversa composizione, riesaminerà gli atti acquisiti, compreso il verbale di s.i. di S.L., valutando, secondo i canoni della logica, se a carico dell’indagato sussistano gravi indizi di colpevolezza.
P.Q.M.

La Corte di cassazione annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Firenze per nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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