Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 09-03-2011) 05-04-2011, n. 13689 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Palermo ha confermato la pronuncia di colpevolezza di P.G. in ordine a varie ipotesi di reato di cui all’art. 609 quater c.p., in relazione all’art. 609 bis c.p., art. 609 ter c.p., u.c., a lui ascritte per avere commesso atti sessuali nei confronti dei nipoti L.G. e P.M..

Secondo l’ipotesi accusatoria l’imputato, durante la sua convivenza nella abitazione della figlia, Pi.Ma., aveva compiuto atti sessuali sul nipote, L.G., ad iniziare da quando questi era minore di dieci anni; atti sessuali consistiti nel toccargli l’organo genitale e nel farsi masturbare. Nello stesso periodo aveva inoltre compiuto atti sessuali nei confronti della nipote, P.M., da quando la stessa aveva circa quattro anni, toccandole la vagina, accarezzandola e baciandola, penetrandola con il proprio organo genitale e facendosi più volte masturbare.

Il processo vedeva coinvolta anche tale L.B.M., non ricorrente, condannata per avere commesso atti sessuali nei confronti del L.G..

Si rileva nella sentenza che la notizia di reato era emersa a seguito di un’attività conoscitiva disposta dal Tribunale per i minorenni di Palermo sui minori P.M. e L.G., nonchè sul loro nucleo familiare. Da tale indagine, nel corso della quale veniva espletata una complessa consulenza tecnica sui minori, era emersa una condizione socio-ambientale molto degradata, nella quale, per di più, i rapporti personali all’interno del nucleo familiare apparivano improntati a una notevole promiscuità sessuale, oltre ad essere costantemente connotati da comportamenti di contenuto erotizzante.

Nel corso delle successive indagini preliminari i minori venivano sottoposti ad ulteriore osservazione psicologica dal consulente del P.M. e dal perito del giudice. Veniva inoltro disposto ed eseguito l’esame delle parti lese mediante incidente probatorio.

Sulla base di tali risultanze processuali la sentenza impugnata ha affermato che la valutazione del giudice di primo grado in ordine alla attendibilità delle accuse delle parti lese è pienamente condivisibile ed ha, conseguentemente, respinto i motivi di gravame con i quali veniva censurata tale valutazione, deducendosi che le dichiarazioni dei minori erano inficiate dalla formulazione di domande suggestive e che le stesse erano totalmente prive di riscontri.

La Corte territoriale ha inoltre respinto le deduzioni con le quali la difesa del P. aveva censurato il trattamento sanzionatorio e chiesto che venisse escluso l’aumento per la recidiva.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, che la denuncia per carenza di motivazione e violazione di legge.
Motivi della decisione

Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia carenza di motivazione della sentenza in relazione alle censure formulate nei motivi di gravame con riferimento alla ritenuta attendibilità dei minori.

Si deduce che i giudici di appello si sono limitati ad esprimere un apodittico giudizio di affidabilità e credibilità dei minori sulla scorta di un disegno allegato agli atti, eseguito dalla nipote dell’imputato, trascurando ogni altro elemento processuale e le macroscopiche contraddizioni emergenti dagli atti processuali ed evidenziate nei motivi di appello.

Si deduce inoltre che la sentenza non ha dato conto del fatto che le accuse dei minori hanno fatto seguito alla visita del loro genitore, reduce da un periodo di detenzione e animato da sentimenti di vendetta nei confronti dell’imputato; nè hanno formato oggetto di motivazione le deduzione dell’appellante in ordine alle "propalazioni indotte dei minori, caratterizzate da incostanza, incoerenza e imprecisione", che ne inficiano l’attendibilità.

Si lamenta, infine, difetto di motivazione in ordine alla richiesta che venisse ritenuta la diminuente di cui all’art. 609 bis c.p., comma 3 ed esclusa la recidiva specifica reiterata, contestata in assenza dei presupposti di legge.

Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), la mancata ammissione di un incidente probatorio finalizzato ad accertare l’affidabilità delle dichiarazioni rese dai minori.

Con il motivo di gravame si censura la mancata ammissione, mediante incidente probatorio, dell’indicato mezzo di verifica della maturità psico-fisica dei minori, della loro capacità di testimoniare e della affidabilità delle loro dichiarazioni.

Si deduce che la richiesta dell’indagine tecnica, da espletarsi con le garanzie del contraddittorio, era stata formulata fin dall’inizio delle indagini e la richiesta era stata reiterata nei motivi di gravame.

Con il terzo mezzo di annullamento si denuncia la violazione ed errata applicazione degli artt. 99 e 81 c.p..

In sintesi, si censura la ritenuta sussistenza dei presupposti per configurare la recidiva specifica e quella infraquinquennale, risalendo l’ultima sentenza di condanna dell’imputato al 1982.

Viene censurato, infine, l’aumento di pena per la continuazione interna ed esterna, senza che risulti specificato l’aumento relativo all’una o all’altra, e risultando gli aumenti applicati in misura prossima e forse superiore ad un terzo.

Il ricorso non è fondato.

Il primo motivo di gravame è inammissibile per carenza del requisito della specificità, sia perchè non vengono precisate le censure contenute nei motivi di appello in relazione alle quali dovrebbe rilevarsi la carenza di motivazione della sentenza impugnata, sia perchè non sono state indicate le contraddizioni in cui sarebbero incorsi i minori.

Peraltro, sia la sentenza impugnata che quella di primo grado hanno valorizzato in ordine alla valutazione della attendibilità delle dichiarazioni delle parti lese la genesi della notizia di reato, che induce ad escludere qualsiasi sospetto di inquinamento probatorio; la sentenza di appello ha puntualmente escluso che le dichiarazioni dei minori possano ritenersi condizionante dalla formulazione di domande suggestive o caratterizzate da elementi di contraddizione o imprecisioni che ne inficiano l’attendibilità; entrambe le sentenze hanno evidenziato che tali dichiarazioni sono precise e concordanti nel riferire i ratti e le circostanze concrete in cui sono avvenuti, le modalità con le quali si sono svolti.

Sicchè la censura sul punto ha formato, in ogni caso, oggetto di adeguata motivazione. Nè, come è noto, è possibile in sede di legittimità il riesame del materiale probatorio per inferire dallo stesso una diversa valutazione rispetto a quella espressa dai giudici di merito. Infine, la valutazione di entrambe le sentenze di merito in ordine alla rilevante gravità dei fatti, con specifico riferimento al danno cagionato alle parti lese, implica inequivocabilmente la esclusione della diminuente di cui all’art. 609 bis c.p., u.c..

Il secondo motivo di gravame è infondato, La sentenza impugnata risulta esaustivamente motivata con riferimento alla ritenuta capacità di testimoniare delle parti lese mediante il riferimento alla notevole mole di indagini tecniche effettuate sui minori nel corso delle indagini, le cui conclusioni sono state pienamente concordanti nell’affermare la sussistenza di detta capacità e la pertinenza e congruenza delle emozioni emerse nel corso dell’esame dei minori con i contenuti del racconto da essi effettuato.

Peraltro, l’imputato, avendo chiesto che si procedesse con il rito abbreviato, ha accettato il materiale probatorio acquisito agli atti processuali nel corso delle indagini preliminari, sicchè non può dolersi del mancato espletamento di un ulteriore accertamento tecnico da lui stesso evidentemente non ritenuto necessario al momento della scelta del rito.

Sicchè tanto meno può dedursi, nel caso in esame, la mancata ammissione di una prova ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d).

E’, infine, infondato l’ultimo motivo di gravame.

Come già rilevato dalla sentenza impugnata l’imputato risulta gravato da numerosissime precedenti penali ad iniziare dall’anno 1962 e fino al maggio 2008. Tra tali precedenti inoltre vi è anche una condanna per atti di libidine violenti, sicchè sussiste la recidiva specifica reiterata infraquinquennale, così come contestata in imputazione, mentre a nulla rileva in ordine al carattere della specificità la risalenza nel tempo del precedente per fatti analoghi.

E’, infine, manifestamente infondata la doglianza in ordine all’aumento di pena per la continuazione.

L’aumento di pena stabilito per la continuazione, sia interna che esterna, nella misura di due anni di reclusione ha formato oggetto di congrua motivazione e risulta di gran lunga inferiore alla misura massima applicabile ai sensi dell’art. 81 c.p..

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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