Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 17-01-2011) 05-04-2011, n. 13659 Aggravanti comuni aggravamento delle conseguenze del delitto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata veniva confermata la sentenza del Tribunale di Catania in data 21.5.2008, con la quale T.F. e B.C. venivano condannati il primo alla pena di mesi quattro di reclusione ed Euro 200 di multa e la seconda alla pena di mesi due e giorni venti di reclusione ed Euro 140 di multa per il reato di furto aggravato di coperte, lenzuola e generi alimentari che sottraevano in (OMISSIS) da un vagone della compagnia Wagon Lits nel quale il T. si introduceva mentre la B. rimaneva all’esterno. Con il ricorso presentato nell’Interesse della B. si lamenta:

1. violazione dell’art. 125 c.p.p. e mancanza di motivazione sull’affermazione di responsabilità dell’imputata.

Entrambi i ricorrenti lamentano di seguito:

2. violazione dell’art. 625 c.p., carenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione e travisamento del fatto in ordine alla sussistenza dell’aggravante della violenza sulle cose;

3. violazione dell’art. 625 c.p. e carenza di motivazione in ordine alla sussistenza dell’aggravante della commissione del fatto su cose destinate a pubblico servizio;

4. violazione degli artt. 56 e 624 c.p., mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione e travisamento del fatto in ordine alla ravvisabilità dell’ipotesi tentata del reato anzichè di quella consumata.
Motivi della decisione

1. Il primo motivo del ricorso presentato nell’interesse della B., relativo all’affermazione di responsabilità dell’imputata, è infondato.

Il ricorrente rileva che la sentenza impugnata non motivava assolutamente sul punto, mentre la sentenza di primo grado affermava apoditticamente la responsabilità della Belladonna attribuendole una funzione di palo, laddove l’imputata si limitava a rimanere all’esterno del vagone e non svolgeva alcuna attività materiale che configurasse partecipazione al reato.

Analoghe argomentazioni venivano svolte dalla difesa nei motivi di appello; il che consente di valutare, ai fini della completezza della motivazione, l’integrazione fra le decisioni di primo e di secondo grado sulla questione (Sez. 4, n. 15227 del 14.2.2008, imp. D’Isa, Rv.239735). In questa prospettiva, il riferimento della sentenza del Tribunale alla funzione di palo svolta dalla B. non può essere qualificato come apodittico, ma piuttosto come espressione di sintesi, autorizzata dall’uso comune del termine, di una più articolata argomentazione, per la quale il trovarsi l’imputata all’esterno e nelle immediate adiacenze del vagone nel quale il T., con il quale la stessa si era recata sul luogo, eseguiva materialmente il furto, non poteva avere altro significato che quello di assicurare una vigilanza che consentisse la perpetrazione del reato, e quindi di una consapevole partecipazione allo stesso.

Rispetto a questa prospettazione il motivo di ricorso si presenta come la mera contrapposizione di una diversa lettura dei dati processuali, che non evidenzia alcuna illogicità nella motivazione della sentenza impugnata; il motivo di ricorso deve pertanto esser rigettato.

2. Il primo motivo comune ai ricorrenti, relativo alla sussistenza dell’aggravante della violenza sulle cose, è anch’esso infondato.

La ravvisabilità dell’aggravante veniva confermata dalla sentenza impugnata sulla base delle dichiarazioni dell’assistente della Polizia di Stato Bu.An. riferiva, il quale, alla domanda se per aprire il finestrino del vagone occorresse una certa forza, rispondeva positivamente aggiungendo che l’operazione richiedeva qualche oggetto particolare e che all’interno del vagone erano stati rinvenuti dei lucchetti rotti.

I ricorrenti censurano il travisamento delle deposizione del Bu., il quale alla domanda sulla presenza di segni di forzatura riferiva che il finestrino del vagone non era danneggiato ma semplicemente abbassato e che nel funzionamento dello stesso vi era qualcosa che non andava e che era possibile aprirlo dall’esterno, e rileva che nella motivazione si ometteva di considerare come nella querela proposta dal cuccettista non vi fosse alcuna menzione di forzature e come altresì la presenza di lucchetti rotti fosse inconferente rispetto ad un’imputazione formulata unicamente con riguardo alla forzatura del finestrino.

Premesso che effettivamente l’imputazione contesta l’aggravante con riferimento alla forzatura di un finestrino del vagone, il riferimento della sentenza impugnata sul punto alla deposizione del teste Bu. non è viziato dal travisamento addotto dai ricorrenti. Tale richiamo deve infatti essere ricondotto alla conferma, da parte del verbalizzante, che il finestrino veniva abbassato dall’esterno. Per la ricorrenza dell’aggravante in discussione è sufficiente l’impiego di energia fisica che provochi anche solo un mutamento della destinazione della cosa (Sez. 5, n.24029 del 14.5.2010, imp. Vigo, Rv.247302), che renda necessaria un’attività di ripristino per ricondurla alla sua funzione naturale (Sez. 2, n.6118 del 15.1.1982, imp. Mannelli, Rv.154310); e tale deve essere considerata l’apertura forzosa dall’esterno del vetro del finestrino di un vagone ferroviario in sosta, la cui destinazione è per l’appunto quella di impedire l’accesso al veicolo di agenti esterni.

Anche per questo aspetto il ricorso deve dunque essere rigettato.

3. Infondato è ancora il secondo motivo comune ai ricorrenti, relativo alla sussistenza dell’aggravante della commissione del fatto su cose destinate a pubblico servizio.

I ricorrenti, premesso che la circostanza contestata deve in concreto risolversi in un pregiudizio per il servizio pubblico, rilevano la totale mancanza di motivazione sul punto nella sentenza impugnata e l’illogicità del rilievo della decisione di primo grado per la quale la condotta avrebbe reso inutilizzabili o comunque meno efficienti beni messi a disposizione dei viaggiatori, osservando che la sottrazione di oggetti quali saponette e lenzuola non è idonea a cagionare danno per l’attività di pubblico trasporto e non riguarda beni che per loro natura intrinseca possano essere ritenuti diretti ad un servizio pubblico; aggiungendosi nel ricorso per la B. che per effetto dell’esclusione delle aggravanti il fatto è improcedibile essendo stata la querela presentata da G. G., mero dipendente della Compagnia Wagon Lits.

Rammentato quanto detto in precedenza sull’integrazione fra le sentenze di primo e di secondo grado, e sulla conseguente valutabilità della prima ai fini del giudizio sulla completezza della motivazione, nessuna illogicità è ravvisabile in particolare nell’argomentazione del giudice di primo grado, il quale osservava come nel caso di specie l’efficienza del servizio ferroviario fosse stata menomata dalla sottrazione di beni posti a disposizione dei viaggiatori. Posto che ai fini della configurabilità dell’aggravante è sufficiente che la cosa destinata a pubblica utilità venga resa meno efficace (Sez. 2, n.1662 del 25.11.1966, imp. La Barbera, Rv.

103918), è del tutto congruo dal punto di vista logico ritenere che la sottrazione di beni costituenti la dotazione di un vagone ferroviario destinato anche all’alloggio notturno dei viaggiatori pregiudichi l’efficienza del relativo servizio, a prescindere dalla misura quantitativa di questa deminutio; nè può dubitarsi che il predetto servizio, in quanto pertinente ad un’attività di pubblico trasporto, debba anch’esso essere qualificato quale pubblico in quanto rivolto alla generalità degli utenti.

Il motivo di corso deve pertanto essere rigettato.

4. Infondato è infine il terzo motivo comune ai ricorrenti, relativo alla ravvisabilità dell’ipotesi tentata del reato anzichè di quella consumata.

Con la sentenza impugnata la ricorrenza del tentativo veniva esclusa osservandosi come gli imputati avessero portato le lenzuola fuori dal vagone e riposto in un sacchetto i generi alimentari prelevati dalla dispensa.

I ricorrenti rilevano che la motivazione non considerava la circostanza, risultante dalla relazione di servizio acquisita, per la quale gli operanti avevano notato gli imputati avvicinarsi ai vagoni con una scala, per cui l’intera condotta si era svolta sotto la diretta sorveglianza delle forze dell’ordine; e che la decisione di primo grado richiamava viceversa in proposito un orientamento giurisprudenziale minoritario per il quale il dato è irrilevante, laddove la prevalente giurisprudenza maggioritaria esclude la consumazione in presenza di una vigilanza per effetto della quale il bene non esca dalla sfera di controllo della persona offesa.

L’argomento posto a fondamento delle conclusioni della sentenza d’appello sul punto, tenuto conto del contesto complessivo della vicenda, appare tuttavia assorbente. La permanenza degli oggetti sottratti nella sfera di vigilanza della parte offesa o, come nel caso in esame, delle forze dell’ordine intervenute è invero comunque esclusa quando, per le caratteristiche della situazione concreta, sussiste la possibilità che gli autori del furto si allontanino con la refurtiva (Sez. 4, n. 5901 del 15.3.1995, imp. Madocchi, Rv.201688), Nella specie, il fatto che gli imputati avessero collocato parte della refurtiva in un contenitore a loro disposizione, in una situazione nella quale il controllo visivo degli agenti operava nello spazio pubblico di una stazione ferroviaria, tale da consentire possibili vie di fuga ai soggetti osservati, esclude che detto controllo abbia impedito agli imputati di acquisire sia pure temporaneamente l’autonoma disponibilità degli oggetti. La qualificazione giuridica attribuita al fatto dai giudici di merito è pertanto corretta.

I ricorsi devono in conclusione essere rigettati, seguendone la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali del grado.
P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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