Cass. civ. Sez. V, Ord., 07-07-2010, n. 16087 IMPOSTA VALORE AGGIUNTO

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Il Collegio:

letto il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza n. 122/22/07 del 18.12.2007 della Commissione tributaria regionale della Lombardia, che aveva confermato la pronuncia di primo grado che. su ricorso della s.r.l.

D’Ambros, aveva annullato l’avviso di rettifica della dichiarazione iva relativa all’anno 1993, con cui veniva contestato alla contribuente l’omessa contabilizzazione di operazioni imponibili, ritenendo il giudice di secondo grado che l’Ufficio non avesse fornito adeguata dimostrazione del supposto collegamento tra le movimentazioni del conto corrente personale del socio D. e l’attività della società;

vista la relazione redatta ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. dal consigliere delegato Dott. Mario Bertuzzi, che ha concluso per l’infondatezza del ricorso osservando che:

il primo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51 censurando la sentenza impugnata per non avere applicato, tenuto conto anche della ristretta base azionaria della società contribuente, la presunzione di imputabilità delle operazioni bancarie effettuate sul conto corrente del socio amministratore unico alla suddetta società;

– il motivo appare infondato, tenuto conto che il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, n. 2 pone una presunzione di riferibilità al contribuente delle operazioni effettuate sul proprio conto corrente, con "effetto che, per le società di capitali, in cui il conto sia intestato ai soci o agli amministratori, l’Ufficio finanziario, al fine di avvalersi della invocata presunzione, ha l’onere di provare, anche mediante presunzioni, la natura fittizia della intestazione del conto ovvero la sua concreta riferibilità alla società (Cass. n. 13391 del 2003, sia pure con riferimento all’accertamento delle imposte sui redditi); nel caso di specie, pertanto, la Commissione regionale ha fatto corretta applicazione della norma in questione avendo statuito il rigetto della pretesa tributaria sulla base del rilievo – che costituisce accertamento di fatto non censurabile in cassazione se non sotto il profilo dei vizio di motivazione – che non era stata fornita la prova della "connessione tra le entrate sui conti correnti personali del signor D. e l’attribuzione delle stesse quali omessi ricavi della società";

– il secondo motivo di ricorso denunzia insufficienza di motivazione, assumendo che la Commissione regionale, nell’esaminare il rapporto tra il conto corrente personale del socio amministratore e la società, non ha esaminato nè motivato sui molti rilievi in fatto svolti dall’Agenzia nel proprio atto di appello, laddove in particolare evidenziava che il conto corrente personale era utilizzato sistematicamente per la sfera commerciale della società, che vi erano numerosi versamenti in contanti, che vi erano prove testimoniali di soggetti che avevano intrattenuto rapporti con la società, che nessuna spiegazione era stata fornita in sede di controllo e che la compagine sociale era composta dai soli coniugi D.;

– il motivo appare inammissibile in quanto trascura di indicare e riprodurre esattamente, in osservanza del principio di autosufficienza, gli atti da cui risulterebbero gli elementi di fatto il cui esame sarebbe stato omesso da parte del giudicante, dando luogo ad un vizio di motivazione, non essendo a tal fine sufficiente il mero richiamo all’atto di appello dell’Ufficio che conteneva tali rilievi, tenuto anche conto che la sentenza impugnata ha respinto la pretesa dell’Ufficio proprio sulla base della considerazione che esso non aveva fornito validi elementi di prova a giustificazione della sua fondatezza;

rilevato che la relazione è stata regolarmente comunicata al Procuratore Generale, che non ha svolto controsservazioni, e notificata alla parte ricorrente;

ritenuto che le argomentazioni e la conclusione della relazione meritano di essere interamente condivise, apparendo rispondenti sia a quanto risulta dall’esame degli atti di causa che all’orientamento della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui spetta all’Amministrazione finanziaria, che pretenda di imputare le movimentazione del conto corrente personale del socio alla società, l’onere di dimostrare la fittizietà dell’intestazione o, comunque, la sostanziale riferibilità all’ente del conto medesimo o di alcune loro singole operazioni (Cass. n. 8634 del 2007; Cass. n. 21459 del 2009);

Che, pertanto, il ricorso va respinto, nulla disponendosi sulle spese non avendo la società intimata svolto attività difensiva.

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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