Cons. Stato Sez. V, Sent., 31-03-2011, n. 1977 Trattamento economico

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con la sentenza in epigrafe il TAR per la Calabria – Sezione di Reggio Calabria accoglieva il ricorso proposto contro la Comunità Montana "Versante dello Stretto" dalla sig.ra C.M., assunta da tale ente, a suo tempo, ai sensi della legge n. 285 del 1977 quale assistente sociale, ed in seguito passata alle dipendenze del comune di Reggio Calabria con decorrenza dal 1° gennaio 1985, La ricorrente si era doluta che la Comunità Montana, nelle delibere recanti il suo inquadramento assunte (soltanto) il 29 giugno 1987, avesse erroneamente indicato quale suo stipendio tabellare annuo alla data del 31 gennaio 1981, anziché quello statale da lei effettivamente goduto, quello previsto per i dipendenti degli enti locali.

Il TAR, dopo avere ritenuto che il ricorso, benché costruito come azione impugnatoria di un silenziorifiuto, introducesse in sostanza una pretesa patrimoniale, ed avere osservato, nel merito, che il contratto di assunzione dell’interessata presso la Comunità Montana in base alla legge n. 285\1977 prevedeva che il rapporto doveva intendersi regolato dalle norme vigenti per il personale statale, aveva concluso per la fondatezza della doglianza della sig.ra Marra, sul rilievo che non constavano "chiare disposizioni normative derogatrici" dell’anzidetto principio.

Avverso la pronuncia del Tribunale veniva proposto dall’Amministrazione soccombente, non costituita in primo grado, il presente appello, con il quale veniva opposta, attraverso un unico mezzo, l’infondatezza della pretesa avversaria, adducendo che la legge regionale n. 13 del 24 maggio 1980, applicativa della legge statale n. 33 del 1980 sull’occupazione giovanile, aveva proprio sancito, all’articolo 7, l’applicabilità ai c.d. giovani operanti nell’ambito regionale del trattamento retributivo previsto per i dipendenti degli enti locali, fino all’immissione in ruolo.

L’appellata non si costituiva in giudizio.

Alla pubblica udienza dell’11 gennaio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

L’appello è fondato e va accolto.

L’oggetto della controversia verte, in sostanza, sul trattamento economico di pertinenza dell’interessata, inizialmente assunta con contratto di formazione e lavoro ai sensi della legge n. 285 del 1977 dalla Comunità Montana "Versante dello Stretto" e, in seguito, transitata alle dipendenze del comune di Reggio Calabria con decorrenza dal 1° gennaio 1985.

Giova allora inquadrare la materia all’interno delle coordinate al riguardo fornite da una giurisprudenza da tempo consolidatasi nell’interpretazione del sistema costituito dalle leggi nn. 285\1977, 33\1980 e 138\1984.

All’interno di tale regime, il giovane assunto a norma della legge n. 285 del 1977 e immesso successivamente in ruolo a seguito di disponibilità riservate e della iscrizione nelle apposite graduatorie degli idonei a norma della legge n. 33, è titolare, nel tempo, di tre distinti rapporti. Il primo di impiego pubblico a termine, disciplinato dalla legge n. 285 del 1977 e da un contratto di formazione lavoro, prorogato ex lege e mai modificato, fino all’espletamento degli esami di idoneità (cui è assimilato il rapporto fra socio e cooperativa convenzionata con la p.a.), rapporto appunto regolato sotto tutti i profili, oltre che dalla legge n. 285 medesima, dall’atto contrattuale a termine che ne sta alla base; il secondo, di pubblico impiego non di ruolo a tempo indeterminato fino all’immissione nei ruoli, costituito con l’iscrizione nelle apposite graduatorie a seguito del superamento dell’esame di idoneità, istituito ai sensi della legge n. 33 del 1980; infine, il rapporto di pubblico impiego di ruolo nelle diverse amministrazioni, disciplinato dalle relative disposizioni vigenti. E tutto questo senza che, nonostante la successione cronologica dei tre rapporti, vi sia alcuna disposizione che tenga conto, nel rapporto successivo, dell’anzianità maturata nel precedente o nei precedenti rapporti.

Pertanto, sia ai fini dell’iscrizione nella graduatoria, sia ai fini dell’immissione nei ruoli organici, non è consentita, in assenza di una norma che ciò preveda, la valutazione dell’anzianità pregressa, atteso, fra l’altro, che l’omissione di un’espressa previsione al riguardo non può neanche raffigurarsi come una lacuna del sistema (colmabile con interpretazione sistematica), in quanto dal complesso delle disposizioni che disciplinano i rapporti emerge implicitamente, ma del tutto chiaramente, la volontà del legislatore di tenere distinti e separati i tre rapporti dianzi indicati, e di escludere comunque, al momento dell’inquadramento in ruolo, non solo il riconoscimento dell’anzianità maturata durante l’operatività del contratto (diretto o indiretto) di formazionelavoro, ma anche di quella acquisita dai c.d. giovani durante il periodo di servizio come dipendenti civili non di ruolo (Consiglio Stato A.P., 7 febbraio 1991, n. 1; ma si vedano anche, in senso conforme, tra le tante: C.d.S., IV, nn. 420\1994; 2364\2000; 1253\2008).

Venendo più da vicino al merito di causa, l’art. 26 quater aggiunto al d.l. n. 663 del 1979 dalla legge di conversione n. 33 del 1980 stabiliva che ai giovani che avessero superato l’esame di idoneità, ed intrattenevano quindi il secondo dei tre rapporti consecutivi sopra ricordati, sarebbe stato attribuito, fino all’immissione nei ruoli, il trattamento giuridico, assistenziale e previdenziale dei dipendenti civili non di ruolo dello Stato, ed il trattamento retributivo base minimo previsto per i dipendenti statali addetti ad analoghe mansioni.

La stessa fonte normativa, peraltro, all’art. 26 septies, avvertiva che le regole di cui agli artt. 26 ter e segg. avevano valore di norme di principio e di indirizzo per le Regioni, che avrebbero provveduto a disciplinare con propria legge l’istituzione delle graduatorie uniche regionali.

E’ sulla base di tale previsione che nella Regione Calabria è stata varata la legge regionale n. 13 del 24 maggio 1980, dichiarata urgente (cfr. il suo art. 11) ed entrata in vigore il giorno successivo alla propria pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione, avvenuta il giorno 28 dello stesso mese di maggio, fonte applicativa, appunto, della legge statale n. 33\1980 sull’occupazione giovanile. E, come esattamente deduce la Comunità appellante, tale legge regionale, all’articolo 7, ha reso applicabili ai "giovani" iscritti nelle graduatorie regionali previste dalla stessa legge, "fino all’immissione nei ruoli e fino a quando non sarà con legge stabilito diversamente, il trattamento giuridico dei dipendenti non di ruolo degli enti locali, nonché il trattamento retributivo base minimo previsto per i dipendenti degli enti locali… ".

Delineata, così, la cornice legislativa e giurisprudenziale della materia in controversia, si rileva dalla -scarna- documentazione in atti che il contratto di formazione e lavoro stipulato tra le parti il 14 ottobre 1980, prodotto nel corso del primo grado di giudizio, recava effettivamente una clausola (punto 3) secondo la quale "Il rapporto di lavoro s’intende regolato dalle norme in vigore per il personale statale".

E’ però agevole constatare che, a partire (quantomeno) dall’iscrizione dell’interessata nella graduatoria regionale, l’anzidetta clausola contrattuale è venuta a trovarsi in conflitto con la disciplina imperativa di diritto pubblico vigente in materia (la L.R. n. 13\1980 era già entrata in vigore quando fu stipulato il contratto), e da questa è stata quindi automaticamente soppiantata, con la conseguenza che il rapporto di lavoro dell’interessata, a partire dalla data dell’anzidetta iscrizione, doveva ritenersi soggetto al trattamento retributivo non più del personale statale, bensì degli enti locali.

Donde la conclusione che la Comunità appellante, nell’adottare, nel 1987, le delibere di inquadramento economico dell’interessata, esattamente ha assunto a base dei propri conteggi, a decorrere dalla data dell’iscrizione, il trattamento tabellare previsto per i dipendenti degli enti locali, secondo quanto prescritto dalla legislazione regionale in vigore. Non si può del resto dubitare che il trattamento rilevante per la definizione della progressione di carriera dell’interessata (ferme restando, beninteso, le preclusioni sopra ricordate) non potesse essere che quello di sua effettiva spettanza, e non certo quello solo di fatto e precariamente corrispostole.

Il ricorso di primo grado si rivela per conseguenza carente di fondamento.

Non è stato in alcun modo provato, d’altra parte, che il Co.Re.Co. avesse mai intimato alla Comunità Montana alcuna prescrizione in ordine all’inquadramento da attribuire all’interessata.

Infine, quest’ultima non ha fornito alcuna dimostrazione di avere patito, in corrispondenza del punto in controversia, una effettiva disparità di trattamento. Ed è appena il caso di rammentare, comunque, che, secondo un orientamento giurisprudenziale consolidato, un simile vizio non sarebbe in alcun caso configurabile laddove, come rispetto alla materia in controversia, la condotta dell’Amministrazione non involga aspetti di discrezionalità amministrativa, ma sia interamente astretta da una disciplina normativa di natura vincolante (cfr., tra le tante: C.d.S, IV, n. 3313 del 2003 e n. 4371 del 2005; VI, n. 852 del 2006).

L’appello deve essere dunque accolto, e, in riforma della sentenza appellata, respinto il ricorso di primo grado.

Le spese dei due gradi di giudizio possono essere equitativamente compensate tra le parti.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta),

definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe,

lo accoglie, e per l’effetto, in riforma dell’appellata sentenza, respinge il ricorso di primo grado.

Compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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