Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 13-12-2010) 05-04-2011, n. 13646

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica di Sulmona avverso la sentenza del locale Giudice di pace in data 10 febbraio 2010 con la quale è stata assolta D.C. dal reato di minacce in danno di Z.A.P. consumato il (OMISSIS).

La vicenda si era svolta vicino all’uscita di un supermercato ove la imputata e la querelante si erano incontrate, già in precedenza conoscendosi ed essendo state coinvolte in questioni e contrapposizioni anche giudiziarie. La tensione era divenuta palpabile quando la D. aveva detto all’altra di "non fissarla". Secondo il racconto della querelante, costituitasi in seguito parte civile, alla predetta frase era seguita quella che aveva dato origine alla imputazione e cioè, "altrimenti ti distruggo". Tale circostanza era stata confermata dal teste F. che era presente sul luogo e stava parlando con la Z..

Invece l’imputata negava di avere proferito la frase minacciosa pur ammettendo il diverbio. E tale versione dei fatti era confermata dal marito di lei, R.A., pure presente ai fatti, nonchè dalla ulteriore teste della difesa L.S.. A fronte di tali contrapposte deposizioni il Giudice riteneva che il materiale probatorio fosse insufficiente per la condanna soprattutto in ragione del fatto che il teste indotto dalla difesa, F., era parso poco credibile per avere detto di non essersi accorto, durante la discussione, della presenza anche del suocero della imputata, R.G., invece presente.

Deduce il PM il vizio di motivazione.

Il giudice aveva svalutato le deposizioni della parte civile e del F., pure del tutto convergenti. Viceversa aveva ritenuto attendibili le dichiarazioni dei testi indotti dalla difesa dell’imputata, soggetti legati a questa o da rapporto di coniugio e/o affinità o da amicizia.

Eppure non era stato evidenziato un interesse del F. alla falsa testimonianza mentre era stata argomentata la sua inattendibilità in maniera del tutto illogica e cioè in ragione di un indicatore che tale non era: il fatto che egli non avesse notato la presenza del suocero della imputata, particolare che ben poteva essergli sfuggito perchè di nessun interesse. Inoltre sul punto la deposizione era stata oggetto di travisamento in quanto il teste aveva solo negato di conoscere il detto personaggio.

Con memoria depositata successivamente la imputata chiedeva dichiararsi inutilizzabili i contenuti della querela menzionati nel ricorso ed inammissibile il gravame perchè volto a criticare una ineccepibile valutazione delle prove raccolte.

Il ricorso è inammissibile.

Con il gravame, infatti, il ricorrente sollecita nella sostanza questa Corte ad una nuova ed autonoma valutazione dei mezzi di prova, non consentita in presenza di una motivazione plausibile adottata dal giudice del merito.

Giova qui ricordare che come ha posto in evidenza più volte questa Corte in tema di vizi della motivazione, che il controllo di legittimità operato dalla Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se tale giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento (rv 215745). Orbene se è vero in linea di principio che la deposizione della persona offesa corroborata da quella di altro teste può costituire valido supporto ad un verdetto di condanna, è anche da rilevare che, in concreto, un simile assunto può essere smentito dalla qualità delle emergenze di segno contrario acquisite. E’ la motivazione che, con ragionamento congruo deve dare conto delle ragioni di tale possibile eventualità e, ove redatta nel rispetto dei detti parametri, anche la valutazione del giudice che non ritenga fondanti e decisivi gli apporti del querelante e del teste indotto dalla persona offesa ben può andare esente da censure. Nella specie si rileva che la deposizione della persona offesa, costituita parte civile, è stata ritenuta dal giudice fortemente sospetta di parzialità in ragione di pregressi rapporti con la imputata che avevano lasciato insolute talune contrapposizioni originate altrove.

Ugualmente la deposizione del teste F., che pure ha confermato la accusa della querelante, è stata ritenuta di dubbia affidabilità per essere risultato, il teste, eccessivamente concentrato sul punto rilevante per le sorti del processo e non sereno e distaccato come sarebbe parso, secondo il ragionamento del giudice, se si fosse dimostrato in grado di rispondere a quelle domande, apparentemente incentrate su questioni irrilevanti, ma che normalmente si effettuano solo per saggiare il grado di affidabilità (in punto di prontezza della memoria come in punto di capacità ricostruttiva degli eventi) di un teste.

Anche qualora il F. avesse detto di non conoscere il suocero dell’imputata – come si sostiene nel ricorso – il ragionamento seguito dal Giudice non risulterebbe per ciò solo frutto di un travisamento: infatti la motivazione dallo stesso esibita ha inteso far risaltare esclusivamente come il teste, anche attraverso le risposte poco conseguenti alle domande postegli, è risultato non sufficientemente credibile per il giudice. Egli cioè non ricordava i particolari della scena che costituiva lo sfondo della vicenda rievocata e tanto è parso al giudice rilevante nel giudizio sulla credibilità del teste.

Il giudice, d’altra parte, è il principale depositario del potere di valutazione della prova, in un processo che esalta il principio della oralità proprio perchè è la presenza del decidente al momento acquisitivo, il requisito per la legittimazione alla sua prima valutazione.

Nella sentenza, infine, si da conto di un compendio di testimonianze di segno opposto che, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, non è sfuggito ad una valutazione, seppure implicita di attendibilità: valutazione desumibile dal rilievo che il giudice non ha ritenuto tali ultime deposizioni sicuramente affidabili e dunque atte a scagionare del tutto l’imputata: costei infatti è stata mandata assolta ai sensi del capoverso dell’art. 530 c.p.p. che ha riguardo al caso della contraddittorietà delle prove raccolte, denunciata anche in dispositivo.

In conclusione il ricorso, pur denunciando presunte violazioni di regole sulla valutazione della prova, nella sostanza misconosce quello che effettivamente è stato il percorso argomentativo seguito dal giudice e ne chiede una inammissibile rivisitazione.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *