Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 13-12-2010) 05-04-2011, n. 13643

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

a del Dott. GALATI Giovanni che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propone ricorso per cassazione B.A. avverso la sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria in data 11 giugno 2009 con la quale è stata confermata quella di primo grado, affermativa, all’esito di giudizio abbreviato, della sua responsabilità in ordine al reato di lesioni personali volontarie aggravate in danno di C.U., fatto commesso il (OMISSIS);

La Corte ripercorreva la ricostruzione dei fatti così come operata dal primo giudice e riteneva condivisibile il giudizio di maggiore attendibilità della versione della persona offesa rispetto a quella dell’imputato.

Il C., così come le altre due testi della accusa – cioè la moglie e la suocera di questi – aveva riferito che il B. aveva dato l’avvio alla lite poi degenerata nella aggressione, dapprima offendendo le due proprie congiunte, mentre si trovavano affacciate al balcone di casa.

Poi, essendo egli intervenuto in difesa delle donne, aveva inseguito il B. nel frattempo giunto a casa propria. Qui, era stato l’imputato a prendere l’iniziativa di ferirlo al torace ed egli si era dovuto difendere con pugni e calci.

La Corte condivideva il giudizio di non attendibilità della opposta versione del ricorrente secondo cui – fermo il fatto che vi era stato un diverbio con le due congiunte del C. – era stato quest’ultimo ad inseguirlo fino a casa e a minacciarlo di morte: egli aveva così brandito un coltello anche per difendere la moglie e si era limitato a provocare un "pizzico" col la lama del coltello stesso.

I giudici di merito osservavano che tale ultima versione, proveniente dall’imputato, era smentita anche dalle certificazioni mediche che attestavano ferite, a carico del C., ben più serie di quelle descritte dal B..

Affermavano quindi che la scriminante della legittima difesa non era invocabile per la sproporzione del mezzo utilizzato.

Deduce:

la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine al diniego della scriminante della legittima difesa.

Sostiene che rispetto alla condotta tenuta dal C. – irruzione in casa propria senza motivazione, aggredendo anche la moglie – il ricorso al coltello non poteva dirsi sproporzionato. Tale mezzo era stato all’inizio solo brandito e in seguito, a causa del tentativo del C. di afferrare il ricorrente alla gola, era stato utilizzato per ferire in modo lieve.

Si era trattato di una reazione necessaria ed inevitabile in quanto volta a assicurare tutela all’aggredito.

Anche il requisito della proporzione era ravvisarle posto che all’attentato alla integrità fisica propria e della moglie il prevenuto aveva risposto con analoga condotta, peraltro limitata alla causazione di ferite assai lievi.

Infine era stato dato credito alle dichiarazioni della persona offesa in quanto asseritamente riscontrate da quelle delle altre testi, senza però valutare le contraddizioni che avevano connotato queste ultime.

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

In primo luogo deve darsi atto, prendendo le mosse anche dall’ultima censura di cui si è dato conto, che la Cassazione non può essere investita della sollecitazione a valutare ex novo ed autonomamente i risultati di prova, essendo tale incombente proprio del giudice del merito.

La motivazione che questi fornisce, ove priva di lacune su elementi fondamentali o non manifestamente illogica, si sottrae quindi all’ulteriore sindacato della Cassazione alla quale non è demandato il compito di individuare la soluzione più aderente alle risultanze di causa ma solo a vagliare il ragionamento esibito dal giudice a quo, arrestando il proprio sindacato di fronte ad una motivazione razionale e plausibile.

Nella specie la Corte ha recepito integralmente la motivazione del primo giudice ed ha quindi ribadito che la versione della persona offesa era da preferire a quella dell’imputato, perchè riscontrata da altre due testimonianze e dalla documentazione medica.

Si tratta di una valutazione che presenta i connotati sopra evocati e che oltretutto la parte critica in maniera del tutto generica e quindi inammissibile solo affermando, senza allegare alcunchè, che le dichiarazioni delle due testi sarebbero contraddittorie.

Resta quindi fermo l’accertamento del fatto così come operato dai giudici del merito posto che rientra nel potere-dovere del giudice del merito il compito di effettuare la selezione ragionata e motivata delle fonti di prova ed un simile giudizio, una volta corroborato adeguatamente da argomenti ed elementi a sostegno, non può essere nuovamente messo in discussione nella sede della legittimità, se non per uno dei vizi indicati nell’art. 606 c.p.p..

Orbene a riguardo la difesa evoca tale precetto e le relative scansioni ma lo fa in maniera soltanto formale, nella pratica chiedendo alla Corte di legittimità di optare per la versione dell’imputato, evenienza come detta non consentita dal codice di rito.

Oltre a ciò è comunque da osservare che le due versioni presentano elementi di coincidenza particolarmente rilevanti ai fini che ci occupano. Infatti, sembra sostenuto dalla persona offesa e ammesso dal ricorrente che vi fu un litigio tra il B. e le due donne della famiglia C., litigio che vide le due venire offese pesantemente e che precedette l’aggressione avendo avuto luogo nei pressi della abitazione delle prime; in secondo luogo appare altrettanto incontestato che la fase critica dello scontro tra i due uomini avvenne in casa dell’imputato ove il C. lo aveva seguito; in terzo luogo i due si affrontarono l’uno (il C.) a mani nude e l’altro (il B.) impugnando un coltello che era in casa.

Ebbene il primo punto dell’accertamento in fatto operato dai giudici del merito, appare decisivo ai fini della risoluzione della questione di diritto denunciata poichè consente la operatività del principio secondo cui la determinazione volontaria dello stato di pericolo esclude la configurabilità della legittima difesa non per la mancanza del requisito dell’ingiustizia dell’offesa, ma per difetto del requisito della necessità della difesa, sicchè l’esimente non è applicabile a chi agisce nella ragionevole previsione di determinare una reazione aggressiva, accettando volontariamente la situazione di pericolo da lui determinata (Rv. 234040; conf. Sez. 1, Sentenza n. 2911 del 07/12/2007 Ud. (dep. 18/01/2008) Rv. 239205).

Nella specie proprio tale fattispecie deve ritenersi integrata, in modo tale da far concludere per la finale fondatezza della tesi della non configurabilità della legittima difesa.

Infatti la aggressione verbale riservata dal B. alla suocera e alla moglie del C. doveva aver dato luogo alla ragionevole previsione di provocare con la propria condotta una reazione aggressiva da parte di quest’ultimo, genero e marito delle due, senza per questo potere poi porsi in una situazione scriminabile dalla causa di giustificazione.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *