Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 09-12-2010) 05-04-2011, n. 13604 Cause di non punibilità, di improcedibilità, di estinzione del reato o della pena

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 16 aprile 2010 il Tribunale di Padova, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta di declaratoria di non esecutività della sentenza del 13 dicembre 2002 del Tribunale di Padova e ha dichiarato inammissibile la richiesta di restituzione nel termine per impugnare detta sentenza, avanzate il 22/26 marzo 2010 da V.A.A..

1.1. Il Tribunale premetteva che:

– l’istante era detenuto nella Casa di reclusione di Monza in esecuzione del M.A.E., emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Padova il 27 maggio 2008, in relazione all’ordine di esecuzione n. 318 del 14 maggio 2005 della sentenza del Tribunale di Padova del 13 dicembre 2002, confermata dalla Corte d’appello di Venezia il 19 marzo 2004, irrevocabile il 13 maggio 2005, con la quale era stato condannato alla pena di anni cinque e mesi sei di reclusione ed Euro cinquantamila di multa per i reati di cui all’art. 110 c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 e art. 80, comma 2, commessi in (OMISSIS);

– il predetto era stato arrestato provvisoriamente in Spagna ed era stato consegnato alle Autorità italiane in data 11 dicembre 2009;

– in detta ultima data era stata effettuata la notifica dell’indicato ordine di esecuzione;

– la chiesta declaratoria di non esecutività della sentenza del Tribunale di Padova del 13 dicembre 2002 e quella subordinata di restituzione nel termine per proporre impugnazione erano fondate dalla difesa sul rilievo che la notifica dell’avviso di deposito e dell’estratto di sentenza all’imputato contumace era stata eseguita, con il rito degli irreperibili, presso lo studio del difensore di ufficio inizialmente nominato, avv. Marino Bortolami, e poi presso l’avv. Giannantonio Minghelli, senza lo svolgimento di ricerche presso la residenza in Spagna dello stesso, all’indirizzo "noto a tutti", e sul rilievo che l’unico decreto di latitanza era stato emesso sulla base del verbale di vane ricerche del Nucleo P.T., non in atti, e le ricerche non erano state mai rinnovate dopo la detenzione del predetto in Spagna dal 21 luglio al 7 novembre 2000. 1.2. Il Tribunale, tanto premesso, argomentava la decisione rilevando che:

– quanto all’istanza subordinata di restituzione nel termine per proporre impugnazione era intervenuta decadenza dell’istante dal termine di trenta giorni decorrente dal giorno della sua consegna in Italia, ai sensi dell’art. 175 c.p.p., comma 2-bis;

– quanto alla richiesta di declaratoria di non esecutività della sentenza del 13 dicembre 2002 del Tribunale di Padova, il vizio relativo alla dichiarazione di contumacia effettuata nel procedimento di cognizione era sanato per non essere stato dedotto con i mezzi previsti per l’impugnazione delle sentenze, e le nullità verificatesi nel corso del procedimento di cognizione, non denunciate con gli ordinari mezzi di gravame, non erano ulteriormente deducibili.

Il Tribunale perveniva a tali conclusioni previo esame degli elementi di fatto risultanti dalla consultazione dei fascicoli delle indagini preliminari, del dibattimento e dell’esecuzione, e in particolare rilevava che il G.i.p. del Tribunale di Padova con ordinanza del 9 marzo 1998 aveva applicato nei confronti del V., cittadino spagnolo, la misura della custodia cautelare in carcere per i reati di cui agli artt. 110 e 81 c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 e art. 80, comma 2; il Pubblico Ministero il 6 aprile 1998 aveva inoltrato richiesta di estradizione per dare esecuzione alla detta ordinanza, con estensione delle ricerche in campo internazionale confermate dal GOA – 2 sezione il 16 ottobre 1998; il G.i.p, del Tribunale di Padova il 4 dicembre 1998 aveva dichiarato la latitanza, per vane ricerche, di V.A., residente in (OMISSIS) e senza domicilio in Italia, e nominato, quale difensore d’ufficio, l’avv. Marino Bortolami, cui erano stati notificati, ai sensi dell’art. 165 c.p.p., il decreto di fissazione dell’udienza preliminare, l’allegata richiesta di rinvio a giudizio e il decreto che dispone il giudizio;

l’imputato, dichiarato contumace all’udienza del 4 ottobre 2000, era stato assistito nel giudizio prima dal difensore d’ufficio e, a partire dal 12 giugno 2002, dal difensore di fiducia avv. Giannantonio Minghelli, presso il cui studio erano state eseguite le notifiche dell’estratto contumaciale della sentenza, e che aveva interposto appello contro la sentenza di primo grado e ricorso per cassazione contro la sentenza d’appello, che aveva confermato la prima, ricevendo nomina quale difensore fiduciario, anche per la fase dell’esecuzione, fino alla nomina il 24 dicembre 2009, in sua sostituzione, dell’avv. Eliana Furlan; la Procura Generale di Venezia – cui era pervenuta, per conoscenza, nota della Divisione S.I.R.E.N.E. del 22 luglio 2000, indirizzata alla Procura Generale di Napoli e al Ministero della Giustizia, in relazione ad altra richiesta di estradizione per l’esecuzione di misura cautelare disposta dal G.i.p. del Tribunale di Napoli il 5 maggio 1998 – aveva comunicato al Pubblico Ministero, in data 24 luglio 2000, che V. A. era stato arrestato a fini estradizionali il 21 luglio 2000 in Spagna, in seguito alla ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa il 9 marzo 1998 dal G.i.p. del Tribunale di Padova; tale condizione di detenzione, la cui protrazione fino al 7 novembre 2000 era stata indicata nella sua memoria dal richiedente, non era stata rappresentata al Collegio giudicante nè dal Pubblico Ministero, nè dal difensore d’ufficio, nè, dopo la sua nomina, dal difensore di fiducia; l’arresto dell’imputato all’estero nell’ambito di una procedura estradizionale o per altra causa aveva determinato la cessazione dello stato di latitanza e l’applicazione della disciplina prevista dall’art. 169 c.p.p. per le notifiche all’imputato residente o dimorante all’estero; la cessazione della latitanza non era stata tuttavia dedotta dal difensore di fiducia con le impugnazioni proposte e l’omesso ricorso alla procedura prevista dall’art. 169 c.p.p., configurando una nullità di ordine generale, era sanata perchè non tempestivamente eccepita.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione personalmente V.A.A., il quale ne chiede l’annullamento sulla base di quattro motivi.

2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), in ordine alla nullità assoluta del decreto di latitanza, emesso sulla scorta di un verbale di vane ricerche privo dei requisiti di legge, e alla conseguente irritualità delle notifiche relative al procedimento di cognizione effettuate con il rito degli irreperibili.

Secondo il ricorrente, in particolare, il rilevato mancato rinvenimento del verbale di vane ricerche, posto a fondamento del primo e unico decreto di latitanza emesso dal G.i.p. del Tribunale di Padova, ha impedito di verificare le attività compiute volte a rintracciare l’imputato e la reale possibilità di eseguire le notificazioni all’estero con ricorso alla previsione dell’art. 169 c.p.p., tenuto anche conto della indicazione nella ordinanza custodiale del G.i.p. di Padova della residenza in Spagna dell’imputato.

2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), c) ed e), per inosservanza o erronea applicazione della legge penale e/o di norme giuridiche in relazione all’assunto che motivi di impugnazione, sia d’appello che di ricorso per cassazione, siano stati depositati da altro difensore, e per vizio di motivazione circa la ritenuta cessazione della latitanza del ricorrente, cui è seguita la mancata attivazione della procedura di cui all’art. 169 c.p.p..

Secondo il ricorrente è abnorme la ritenuta legittimità delle notifiche dell’estratto contumaciale della sentenza presso lo studio del difensore di fiducia per essere stata interposta impugnazione da parte dello stesso, anche alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 317 del 2009; la mancata deduzione della cessazione della latitanza da parte del difensore di fiducia, quale motivo di appello o di ricorso per cassazione, non incide sulla irritualità delle notifiche ab origine e, quindi, sulla nullità assoluta del decreto di latitanza con conseguenti riflessi, in termini di nullità, sulla notifica degli atti successivi; l’omessa rinnovazione del decreto di latitanza, a seguito di nuove ricerche in ogni stato e grado del procedimento, incide sulla regolarità del rapporto processuale e sulla possibilità di esercizio del diritto di difesa.

2.3. Con il terzo motivo si deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e c), per omessa notificazione, e/o eseguita in forme diverse da quelle dovute, della citazione dell’imputato, sul rilievo che la nullità derivante dall’omessa citazione dell’imputato è insanabile e rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento; e si deduce anche l’illogicità della motivazione dell’ordinanza impugnata nel ritenere cessato lo stato di latitanza "ora per allora" e nel configurare una nullità di ordine generale, non assoluta, nella mancata attivazione della procedura prevista dall’art. 169 c.p.p. dopo la cessazione della latitanza.

2.4. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e c), inosservanza o erronea applicazione della legge penale e/o di norme processuali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità in relazione alla ritenuta decadenza dal termine per proporre impugnazione a norma dell’art. 175 c.p.p., comma 2-bis.

Secondo il ricorrente, il termine per proporre impugnazione nei confronti dell’imputato, giudicato in contumacia, decorre dalla data di notifica dell’estratto della sentenza, mentre nel caso di specie l’esperimento della procedura di cui all’art. 670 c.p.p., a seguito della notifica dell’ordine di esecuzione, non è sottoposto ad alcun termine perentorio, e non possono ritenersi accettati gli effetti della notifica dell’estratto della sentenza eseguita irritualmente, anche avuto riguardo alla circostanza che la piena efficacia dell’ordine di esecuzione notificato e dell’estratto contumaciale della sentenza suppone la conoscenza del provvedimento da parte dell’interessato, anche a mezzo interprete, ove straniero.

Nè, nel caso di specie, vi è stata la notifica al difensore di fiducia, alla quale l’art. 157 c.p.p., comma 8-bis, introdotto con la L. n. 60 del 2005, ha equiparato la notifica all’imputato, con conseguente perdurante apertura dei termini di impugnazione.

In ogni caso, ad avviso del ricorrente, il Tribunale di Padova, quale giudice dell’esecuzione, doveva prima esaminare la richiesta di non esecutività del provvedimento e decidere, in seguito, sulla richiesta di restituzione in termini subordinata all’accertamento della validità del titolo esecutivo.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria scritta, concludendo per l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio allo stesso giudice per nuovo esame.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato.

2. Con riferimento alla impugnazione del titolo esecutivo a carico del ricorrente V.A.A., si rileva che, in sede di incidente di esecuzione, l’indagine affidata al giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 670 c.p.p., è limitata al controllo dell’esistenza del titolo esecutivo e della legittimità della sua emissione, non rilevando invece le nullità verificatesi nel corso del processo di cognizione in epoca precedente a quella del passaggio in giudicato della sentenza, che avrebbero dovuto essere denunciate nella fase di cognizione con gli ordinari mezzi di gravame (Sez. 6, n. 748 del 04/03/1998, dep. 09/04/1998, Rosi, Rv. 210408;

Sez. 1, n. 37979 del 10/06/2004, dep. 24/09/2004, Condemi, Rv.

229580; Sez. 1, n. 8776 del 28/01/2008, dep. 27/02/2008, Lasco, Rv.

239509; Sez. 1, n. 4554 del 26/11/2008, dep. 03/02/2009, Baratta, Rv.

242791; Sez. 1, n. 46176 del 17/11/2009, dep. 01/12/2009, Bounja, Rv.

245515, non massimata sul punto).

2.1. E’ precisato nell’ordinanza impugnata che in data 12 giugno 2002, nel corso del giudizio di primo grado, è stata depositata la nomina fiduciaria dell’avv. Giannantonio Minghelli del foro di Roma- che, nella sua qualità di difensore di fiducia, ha proposto appello e poi ricorso per cassazione nell’interesse del V. avverso la sentenza del 19 marzo 2004 della Corte d’appello, che aveva confermato la sentenza di primo grado, con conferma del mandato fiduciario per la fase dell’esecuzione.

Risulta, altresì, che il difensore di fiducia, presso il quale vi è stata elezione di domicilio, ha ricevuto le notifiche dell’estratto contumaciale delle sentenze ed è rimasto difensore fiduciario fino alla sua revoca con la contestuale nomina, in data 24 dicembre 2009, dell’avv. Eliana Furlan. 2.2. Questa Corte, con orientamento costante, ha affermato che la notifica dell’estratto della sentenza contumaciale presso il difensore di fiducia è del tutto equiparabile, ai fini della conoscenza effettiva dell’atto, alla notifica all’imputato personalmente, atteso l’obbligo del difensore di fiducia di fare pervenire al proprio assistito gli atti a lui diretti personalmente, e attesa l’efficacia dell’elezione di domicilio che permane, ove non espressamente revocata, anche nel caso di rinuncia al mandato da parte del difensore di fiducia (Sez. 5, n. 2244 del 05/11/2004, dep. 25/01/2005, Mosele, Rv. 230455; Sez. 6, m. 785 del 12/12/2006, dep. 16/01/2007, Iannicelli, Rv. 236000; Sez. 5, n. 11701 del 08/02/2007, dep. 20/03/2007, Bemamin, Rv. 235943; Sez. 1, n. 2432 del 12/12/2007, dep. 16/01/2008, Ciarlantini, Rv. 239207; Sez. 1, n. 22760 del 29/03/2007, dep. 11/06/2007, Bardhi, Rv. 236789; Sez. 1, n. 8116 del 11/02/2010, dep. 01/03/2010, Bouhlga, Rv. 246387; Sez. 5, n. 24707 del 31/03/2010, dep. 30/06/2010, Gallo, Rv. 248472).

Tali principi sono stati affermati anche con riguardo al latitante, che abbia nominato un difensore di fiducia presso il quale ha eletto domicilio, assumendosi i conseguenti obblighi di tenere con lui i contatti necessari ai fini della conoscenza dell’esito del procedimento e della proposizione dell’impugnazione (Sez. 1, n. 23561 del 20/06/2006, dep. 06/07/2006, Alibertini, Rv. 234339), a meno che non risulti che il difensore abbia comunicato al giudice l’avvenuta interruzione di ogni rapporto con il proprio assistito (Sez. 6, n. 66 del 02/12/2009, dep. 07/01/2010, Condello, Rv. 245343).

2.3. Nel caso di specie, l’estratto contumaciale della sentenza del Tribunale di Padova del 13 dicembre 2002 è stato notificato all’imputato presso il difensore di fiducia nominato il 12 giugno 2002, nel rispetto delle regole previste dal codice di rito. La notifica è stata, infatti, eseguita ai sensi dell’art. 165 c.p.p. poichè l’imputato, già dichiarato latitante sulla base degli esiti degli opportuni accertamenti, ritenuti esaustivi, in relazione al caso in esame dal G.i.p. che ha emesso il decreto di latitanza, tale risultava alla predetta data, in mancanza di diversa rappresentazione da parte del difensore già nominato.

Peraltro, l’imputato era all’epoca, come dallo stesso non contestato, in stato di libertà, e quindi in stato di volontaria latitanza, ripreso dopo la sua sospensione durante l’indicato periodo di detenzione dal 21 luglio al 7 novembre 2000. 2.4. Le nullità ipotizzate dalla difesa, in relazione al decreto di latitanza originario, incidente sugli atti successivi che ad esso conseguono, e all’omesso rilievo della cessazione della latitanza (a parte l’improprio richiamo all’art. 160 c.p.p. non applicabile al decreto di latitanza), in ogni caso, pur rivestendo in astratto carattere generale ai sensi dell’art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c), (Sez. 1, n. 5032 del 17/12/2008, dep. 05/02/2009, Caccavallo, Rv.

243345), non rientrano nel novero delle nullità assolute (Sez. U., n. 119 del 27/10/2004, dep. 07/01/2005, Palombo, Rv. 229539; Sez. 1, n. 41305 del 07/10/2009, dep. 27/10/2009, Gjoka, Rv. 245037).

Pertanto, non avendo il ricorrente eccepito nel corso del giudizio di primo grado l’invalidità degli atti risalenti alla fase processuale anteriore, la nullità non può essere dedotta (nè rilevata) dopo la scadenza del termine di decadenza, fissato dalla data di deliberazione della sentenza di primo grado, per il divieto di cui all’art. 180 c.p.p..

Nè come motivo d’appello nè con il ricorso per cassazione risultano, poi, contestate la ritualità delle effettuate notifiche, la perduranza dello stato di latitanza, la regolarità della dichiarazione di contumacia, rimaste quindi sanate e coperte dall’intervenuto giudicato.

Si aggiunge, per completezza, che neppure risulta, nè è stato dedotto che la difesa fiduciaria abbia comunicato in alcuna fase del processo il venir meno dei suoi rapporti con l’assistito, e, per l’effetto, deve ritenersi acquisita la prova, alla stregua dei principi di diritto suddetti, e del tutto condivisi, e delle caratteristiche proprie della difesa fiduciaria e del "contatto informato" tra difensore e assistito che le è proprio, che il ricorrente ha avuto conoscenza anche dell’evoluzione del procedimento, rispetto al quale è intervenuta la sentenza definitiva.

2.5. Le deduzioni difensive volte a censurare la ritualità della dichiarazione di latitanza e della dichiarazione di contumacia per la possibile loro deduzione in ogni stato e grado del procedimento trascurano lo sbarramento del giudicato che pone termine ai gradi, oltre che agli stati del procedimento, mentre il riferimento alla sentenza della Corte costituzionale n. 317 del 2009, fatto per farne derivare dalla sua applicazione l’abnormità della ritenuta legittimità delle notifiche dell’estratto contumaciale della sentenza presso lo studio del difensore di fiducia e delle interposizioni delle impugnazioni da parte dello stesso, parte dall’erronea premessa che la dichiarazione di illegittimità costituzionale di cui alla detta sentenza abbia riguardato l’art. 670 c.p.p., piuttosto che il solo art. 175 c.p.p., comma 2. 2.6. Le censure sono, pertanto, del tutto destituite di fondamento.

3. E’ infondata anche la doglianza relativa alla restituzione nel termine, richiesta dal ricorrente in via subordinata.

3.1. Il provvedimento impugnato ha evidenziato che il termine è decorso dal giorno della consegna in Italia del ricorrente ai sensi dell’art. 175 c.p.p., comma 2-bis, e tale rilievo, conforme a quanto già affermato da questa Corte (tra le altre Sez. 1, n. 24183 del 03/05/2007, dep. 20/06/2007, Bushi, 2368429, non massimata sul punto), è condiviso da questo Collegio.

La predetta norma prevede, infatti, un preciso termine di decadenza per la presentazione della richiesta per la restituzione nel termine, la cui decorrenza presuppone un momento certo di conoscenza, identificato per legge, in caso di estradizione dall’estero, con la consegna del condannato ai sensi dell’art. 175 c.p.p., comma 2-bis, inserito dal D.L. 21 febbraio 2005, n. 17, art. 1, comma 1, lett. c), convertito, con modificazioni, nella L. 22 aprile 2005, n. 60, entrata in vigore il 23 aprile 2005.

Le argomentazioni difensive volte a sostenere, in contrasto con la chiara previsione normativa, la non sottoposizione della richiesta ad alcun termine perchè non previsto per l’esperimento della procedura di cui all’art. 670 c.p.p. non hanno alcun pregio a fronte del contenuto della disposizione predetta e della ratio della sua previsione.

3.2. Nel caso di specie, l’istanza di restituzione nel termine è stata presentata unitamente alla richiesta di non esecutività del titolo il 22/26 marzo 2010, e, quindi, ben oltre il termine di trenta giorni decorrente dalla consegna, avvenuta l’il dicembre 2009. 4. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.

Al rigetto del ricorso segue per legge, in forza del disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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