Cons. Stato Sez. VI, Sent., 31-03-2011, n. 2010 Atti amministrativi diritto di accesso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1). Con il ricorso n. 10166 del 2009, proposto al Tribunale amministrativo del Lazio, sede di Roma, la s.r.l. S.E.C., in persona del legale rappresentante, impugnava il diniego tacito dell’Istituto nazionale della previdenza sociale e dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, formatosi in ordine all’istanza volta ad ottenere l’accesso a tutti i documenti amministrativi del procedimento conclusosi con il verbale di accertamento ispettivo nei confronti della ditta C.L., notificato alla s.r.l. S.E.C. in quanto obbligata in solido e contenente la diffida al pagamento della sanzione per alcune inadempienze.

L’interessata lamentava la violazione e falsa applicazione degli artt. 22, 24 e 25 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e della determinazione del Commissario straordinario dell’INPS n. 1951 in data 16 febbraio 1994, nonché eccesso di potere sotto diversi profili e difetto di motivazione, precisando che l’interesse all’accesso deriva dalla necessità di difendere i propri diritti ed interessi nell’ambito del procedimento sopra richiamato.

La società chiedeva, quindi, la condanna dell’Amministrazione all’esibizione dei documenti richiesti ed al risarcimento del danno conseguente al diniego.

Con la sentenza in epigrafe, il TAR dichiarava il ricorso in parte improcedibile, in parte lo respingeva.

Avverso la predetta sentenza, ha proposto appello la s.r.l. S.E.C., chiedendo in sua riforma l’accoglimento del ricorso di primo grado.

Gli istituti previdenziali intimati si sono costituiti in resistenza.

L’I.N.A.I.L., in particolare, eccepiva l’inammissibilità di ogni domanda di esibizione documentale formulata nei suoi confronti, per non aver formato oggetto di appello la statuizione del primo giudice recante la declaratoria di improcedibilità del ricorso nei confronti dell’ Istituto, che aveva debitamente reso ostensibile l’unico documento nella sua disponibilità, consistente nel verbale di accesso ispettivo della Direzione provinciale del lavoro.

La causa è stata assunta in decisione alla camera di consiglio del 22 febbraio 2011.

2). Rileva preliminarmente il Collegio che l’appellante si è limitata alla riedizione nei confronti dell’ I.N.A.I.L. della domanda di accesso documentale così come articolata in prime cure, senza contestare la statuizione di parziale improcedibilità del Tribunale.

Ciò determina l’inammissibilità dell’impugnativa in parte "de qua", in base al principio che l’atto di appello deve indirizzarsi in via primaria avverso le specifiche statuizioni della sentenza del primo giudice, e non limitarsi alla sola riproposizione delle domande articolate in primo grado ed in quella sede disattese (exmultis Cons. Stato, Sez. VI, n. 4300 del 9 settembre 2008).

2.1). L’appello, nella parte in cui è indirizzato nei confronti dell’I.N.P.S., è fondato e deve essere accolto.

Come ha osservato questo Consiglio di Stato in recenti decisioni riguardanti la medesima ricorrente (cfr. Sezione Sesta, 16 febbraio 2010, n. 9102 e n. 9103), qui espressamente richiamate ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 74 del codice di giustizia amministrativa, deve essere considerato prevalente il diritto di difesa, che la società appellante intende tutelare attraverso la conoscenza della documentazione necessaria a chiedere l’accertamento della legalità dell’operato dell’Amministrazione, rispetto ad esigenze di tutela della riservatezza attinente all’esigenza di preservare l’identità di dipendenti autori delle dichiarazioni che hanno determinato i provvedimenti sanzionatori.

Nella fattispecie, è pacifico che gli autori delle dichiarazioni non sono dipendenti della ricorrente, ma della società responsabile in via principale: le esigenze di tutela dei lavoratori, correttamente evidenziate dal TAR, non ostano all’accesso, poiché l’appellante non può che fare un uso secundum legem dei relativi dati, non potendoli comunicare alla società datrice di lavoro, e comunque risponderebbe solidalmente con questa, nel caso di ritorsioni o di altri comportamenti illeciti.

Poiché non emergono, né sono state addotte, ragioni per discostarsi dai propri precedenti, la Sezione dunque ritiene di accogliere l’appello, sicché, in riforma della sentenza impugnata deve, in conseguenza, ordinarsi all’I.N.P.S. di consentire l’accesso alla documentazione richiesta dalla società istante, ovviamente con tutte le cautele necessarie a salvaguardare l’anonimato dei lavoratori che hanno reso le dichiarazioni nel corso del procedimento ispettivo.

3. Gli indirizzi non univoci della giurisprudenza nella materia "de qua" escludono che sia avvenuta una violazione grave e manifesta della normativa di settore, e dunque la configurabilità di una condotta colposa dell’ amministrazione che possa dare ingresso alla pretesa risarcitoria ribadita in appello.

4. Sussistono giusti motivi per compensare interamente tra le parti spese e onorari per i due gradi di giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) accoglie in parte

l’appello in epigrafe n. 10740 del 2010 e, in parziale riforma della sentenza impugnata, ordina all’ I.N.P.S. di consentire l’ accesso documentale nei limiti e con le modalità indicati in motivazione..

Respinge la domanda risarcitoria, riproposta in secondo grado.

Compensa fra le parti spese ed onorari per i due gradi di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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