Cons. Stato Sez. VI, Sent., 31-03-2011, n. 1999 Indennità di buonuscita o di fine rapporto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

E’ impugnata la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione di Lecce, 10 dicembre 2005, n. 5918 che ha respinto il ricorso proposto (tra gli altri) dalle odierne appellanti P.E., D.M.A.M. e D.S.C. avverso il diniego opposto dall’Istituto Nazionale per i Dipendenti delle Amministrazioni Pubbliche (I.N.P.D.A.P.) alle istanze di riliquidazione, previa inserzione nella relativa base di calcolo della indennità integrativa speciale,dell’indennità di buonuscita e, in ogni caso, per l’accertamento del loro diritto, maggiorato degli accessori come per legge.

A base della sentenza di rigetto il giudice di primo grado ha rilevato la legittimità degli avversati atti di diniego del trattamento, fondati sulla assenza di rituale domanda delle parti interessate nel termine del 30 settembre 1994, a norma dell’art. 3 l. 29 gennaio 1994, n. 87 (Norme relative al computo dell’indennità integrativa speciale nella determinazione della buonuscita dei pubblici dipendenti).

Le appellanti censurano specificamente la sentenza, e sostengono che l’osservanza di quel termine non era esigibile nei confronti di chi – come loro – aveva proposto domanda giudiziale per la liquidazione del medesimo trattamento integrativo, ancorché il relativo giudizio sia stato successivamente dichiarato estinto in applicazione dell’art. 4 della stessa legge n. 87 del 1994. Concludono pertanto per il riconoscimento, in riforma della impugnata sentenza ed in accoglimento dell’appello, della loro pretesa patrimoniale, con la maggiorazione degli accessori come per legge.

All’udienza del 1° marzo 2011 il ricorso in appello è stato trattenuto per la decisione.

L’appello è infondato e va respinto.

La tesi delle appellanti è che, avendo esse promosso un giudizio per ottenere la riliquidazione della indennità di buonuscita, non era esigibile nei loro confronti l’onere di proposizione della domanda amministrativa per ottenere lo stesso trattamento, entro il termine del 30 settembre 1994 previsto dall’art. 3 l. 29 gennaio 1994, n. 87; e che, in ogni caso, la mancata proposizione di una tale domanda non comporta un effetto decadenziale.

La tesi è infondata.

Come correttamente rilevato dal giudice di primo grado e già ritenuto dalla giurisprudenza (es. Cons. Stato, VI, 21 ottobre 2005, n. 5942; 22 giugno 2006, n. 3826; 16 ottobre 2006, n. 6121), l’onere della presentazione della domanda, che – come dice l’art. 3 di quella legge, "deve essere presentata all’ente erogatore su apposito modello nel termine perentorio del 30 settembre 1994",- vale anche per quanti avevano proposto una domanda giudiziale per ottenere il riconoscimento del medesimo diritto. Si tratta di una previsione di legge inderogabile, conforme a Costituzione (Corte cost., 31 marzo 1995, n. 103), che risulta non rispettata dalle odierne appellanti, le quali non possono che imputare a se stesse gli effetti della loro inerzia in sede amministrativa. Il dettato della legge è invero chiaro ed inequivoco nell’imporre indistintamente a tutti i lavoratori interessati alla riliquidazione della indennità di buonuscita mediante inserzione nella base di calcolo della indennità integrativa speciale, di presentare una domanda in sede amministrativa nel termine "perentorio" del 30 settembre 1994. Ma anche a prescindere – se mai fosse possibile – da una tale espressa qualificazione di legge, l’effetto estintivo previsto dall’art. 4 sui giudizi in corso, con compensazione delle spese tra le parti e senza altra previsione in ordine alla salvezza degli effetti sostanziali della domanda giudiziale, è elemento sufficiente per ritenere che la legge non abbia sottratto a siffatto onere di domanda in sede amministrativa chi aveva in corso, all’entrata in vigore della legge, un giudizio per l’accertamento del diritto. Una soluzione diversa, d’altra parte, sarebbe stata difficilmente compatibile con le esigenze organizzative degli uffici, tenuti a distinguere le posizioni sostanziali dei soggetti già titolari di un rapporto processuale pendente, rispetto a chi ne fosse privo, introducendo elementi di incertezza che la legge ha voluto scongiurare proprio a mezzo della indistinta previsione di un termine "perentorio" per la le domande degli interessati. Inoltre, se si considera che la l. 29 gennaio 1994, n. 87 è entrata in vigore il 6 febbraio del 1994 e che il termine per la domanda di riliquidazione del trattamento veniva a scadenza il 30 settembre di quello stesso anno, non può neppure ipotizzarsi, tenuto conto del non modesto intervallo temporale per l’esercizio del diritto, un’eccessiva compressione di quest’ultimo.

In definitiva, l’appello va respinto e va confermata la impugnata sentenza, con la compensazione delle spese giudiziali di questo grado.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello n. 2818 del 2006, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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