Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 25-11-2010) 05-04-2011, n. 13632 Detenzione abusiva e omessa denuncia

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

o Carlo e Scarfò Rosario che hanno chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso.
Svolgimento del processo

Con sentenza in data 28/9/09 la Corte di Assise di Appello di Reggio Calabria – a seguito di rinvio disposto da questa Corte, con sentenza del 10-1-2007, confermava la sentenza emessa dalla Corte di Assise di Reggio Calabria in data 29-11-2007, che dichiarava la responsabilità di T.R. per i reati ascrittigli ai sensi dell’art. 110 c.p., art. 416 bis c.p., commi 1, 2, 3 e 4 (per partecipazione all’organizzazione mafiosa detta "ndrangheta", contigua alla cosca Cordi) e artt. 110 e 575 c.p., art. 577 c.p., comma 1, n. 3 e L. n. 203 del 1991, art. 7 con reati connessi inerenti a violazione della L. n. 497 del 1974, e contravvenzione di cui all’art. 697 c.p. commessi con l’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7, in Sant’Ilario dello Jonio, in data 2-6-2000, per avere l’imputato causato la morte di M.F. cl. (OMISSIS), e tentato di uccidere altri due soggetti menzionati in rubrica ( B. F., cl. (OMISSIS) e B.G., cl. (OMISSIS)).

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo, con il primo motivo, la mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e) – per avere la Corte disatteso i criteri di valutazione delle prove sanciti dall’art. 192 c.p.p. nel formulare il giudizio di colpevolezza a carico del T..

A riguardo, dopo aver richiamato la giurisprudenza in materia di prova indiziaria, il ricorrente rilevava che nella specie, così come sottolineato nell’atto di appello, mancavano elementi certi dai quali poter desumere la responsabilità dell’imputato, sia per l’omicidio, che per il tentato omicidio.

Gli elementi di prova si erano in particolare desunti da intercettazioni ambientali, e relative trascrizioni, nonchè da annotazione formulata dai Carabinieri di Agnana Calabra.

-1- Quanto alle intercettazioni la difesa rilevava che era stata attribuita valenza probatoria ad intercettazione ambientale eseguita nell’autovettura Fiat Brava pochi istanti dopo l’esecuzione dell’omicidio nel corso della quale si era desunto che tale " R." era uno degli esecutori dell’azione delittuosa.

Tale circostanza tuttavia era stata oggetto di perizia collegiale, che era stata disposta in dibattimento, dalla quale, non si era desunta la prova della presenza del T.. La difesa censurava pertanto la sentenza di appello e quella di primo grado, ove il Giudice, pur avendo rilevato l’incertezza del riferimento al T. in tale intercettazione, aveva tuttavia ritenuto che esistessero altri riferimenti al predetto imputato, idonei a rendere certa l’individuazione del soggetto menzionato (citando fl. 13 della sentenza di primo grado). (v. fl. 6 del primo motivo di ricorso).

Diversamente la difesa riteneva del tutto "irrilevante" ai fini probatori, la esistenza di tali elementi indiziari a carico dell’imputato tratti da altri dati processuali, poichè da tali conversazioni non si desumeva alcun riferimento al delitto di omicidio. – Parimenti il ricorrente rilevava che, in modo puramente apodittico, la Corte aveva attribuito valore a intercettazioni telefoniche, dai cui tabulati era emersa una trasferta di tale D.D. a (OMISSIS), ritenendo che avesse partecipato a tale trasferta l’imputato, non essendo egli unico soggetto che abitava nella città di (OMISSIS).

– Dunque si era in presenza, ad avviso della difesa, di elementi di assoluta incertezza, che non consentivano di pervenire al giudizio di responsabilità del ricorrente.

– Veniva censurata ugualmente la valutazione resa in sentenza del contenuto della annotazione dei CC. della stazione di Agnana Calabra, in data 1-6-2000, atteso che la difesa riteneva incerta sia l’identificazione del D., che quella del T. (v. fl. 8-9 del ricorso) censurando l’apprezzamento di tale relazione ai fini della individuazione dell’imputato, secondo quanto motivato a fl. 17 della sentenza, ipotizzando che altri avesse potuto dichiarare ai CC. le generalità del T., atteso che anche l’indirizzo era errato e non erano state seguite le ordinarie modalità di identificazione.

-2- Con il secondo motivo il ricorrente deduceva la violazione di legge penale ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) in relazione all’applicazione degli artt. 110 e 416 bis c.p., nonchè la mancanza e manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui la Corte aveva ritenuto di confermare l’affermazione di responsabilità dell’imputato in ordine al reato di cui agli artt. 110 e 416 bis c.p., così come modificata l’originaria imputazione di cui al capo A) della rubrica.

Sul punto il ricorrente evidenziava che la Corte aveva ritenuto esistente il "concorso esterno" del T. nell’associazione mafiosa limitandosi a fare proprie le argomentazioni svolte dal giudice di prime cure, senza tener conto delle deduzioni dell’appellante, riferite alla assenza degli elementi richiesti dalla giurisprudenza di legittimità per ritenere applicabile l’ipotesi di reato.

In particolare rilevando la difesa la mancanza di un contributo continuo all’attività del sodalizio da parte dell’imputato, si sarebbe potuta affermare ad avviso del ricorrente, eventualmente solo l’esistenza dell’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7 rimanendo esclusa ogni prova di un concorso dell’imputato nell’associazione contestatacene in riferimento all’elemento psicologico del reato di cui si tratta.

Su tali punti la difesa deduceva carenza assoluta di motivazione, censurando la valutazione espressa dalla Corte nel considerare i rapporti di frequentazione dell’imputato con altri soggetti inseriti in ambiente malavitoso, diverso da quello per cui si fa cenno in rubrica.

3- Con il terzo motivo la difesa deduceva la violazione di norma processuale stabilita a pena di inutilizzabilità, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. c) in relazione agli artt. 268 e 271 c.p.p..

A riguardo il ricorrente evidenziava di avere eccepito la inutilizzabilità degli esiti delle intercettazioni, alla luce della giurisprudenza delle sezioni Unite, ossia della sentenza n. 30347 del 12.07.2007, (in virtù della quale, a prescindere dalle ipotesi di motivazione per relationem, la motivazione imposta dall’art. 268 c.p.p. doveva essere contenuta nello stesso decreto del P.M., non potendo tale provvedimento essere integrato dal Giudice), e che tale eccezione era stata respinta sia perchè ritenuta intempestiva, sia per palese infondatezza, dalla Corte di merito.

In tal senso la difesa lamentava il mancato rispetto dei criteri stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità evidenziando che trattandosi di questione inerente alla inutilizzabilità degli atti, essa restava proponibile anche in sede di discussione, secondo l’art. 191 c.p.p., comma 2.

Inoltre il ricorrente rilevava che tale questione non avrebbe potuto ritenersi assorbita dalla precedente pronunzia di legittimità.

Per tali motivi la difesa concludeva chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.
Motivi della decisione

La Corte rileva che il ricorso risulta dotato di fondamento.

Va premesso che nel presente procedimento i fatti contestati vedono come fulcro dell’accusa la consumazione dell’omicidio di cui al capo B – della rubrica, avvenuto in data (OMISSIS), ai danni di M.F., durante un’azione di fuoco eseguita da più persone, tra le quali il T. viene indicato tra gli esecutori materiali, maturato nel contesto di una faida relativa alla ‘Ndrangheta, che aveva diramazioni sul territorio innanzi menzionato.

Tanto rilevato, deve evidenziarsi che la sentenza impugnata risulta viziata per la mancanza ed illogicità della motivazione relativa alla responsabilità del T. per i reati ascrittigli come da epigrafe, e primaria rilevanza assume nella specie, l’accertamento della effettiva partecipazione dell’imputato all’agguato mafioso.

A riguardo emerge il fondamento della censura difensiva formulata nel primo motivo di ricorso, rilevandosi la mancanza di sufficienti elementi di prova tali da raggiungere il crisma della certezza, al di là di ogni ragionevole dubbio, della partecipazione del T. all’episodio che diede luogo ai reati contestati nel presente procedimento. In particolare, pur premettendo che correttamente è stata osservata la pronunzia di questa Corte, nel giudizio di rinvio, ove si è ritenuta l’utilizzabilità dell’esito delle intercettazioni, in particolare con riferimento alla intercettazione ambientale nell’auto Fiat Brava menzionata in sentenza, intercettata nello svolgimento dell’azione delittuosa, si rileva che la Corte di merito perviene al giudizio di responsabilità del ricorrente desumendo la prova della sua partecipazione al delitto di omicidio, dalla circostanza che risulterebbe accertata la presenza di tale " R." nel gruppo di fuoco, mentre appaiono del tutto carenti ulteriori elementi dai quali desumere la effettiva partecipazione dell’imputato stesso alla esecuzione dell’omicidio contestato, in difformità dal criterio di valutazione degli elementi di prova al di là di ogni ragionevole dubbio.

Va annoverato al riguardo il canone di ermeneutica enunciato da questa Corte in materia di procedimento indiziario, laddove, (con sentenza – Sez. 2^, in data 11.6.1991, n. 6461 – Ventura) – è stabilito che "nel procedimento indiziario l’indizio singolo dev’essere sempre reale, certo, e univoco per assurgere al rango di elemento probatorio; inoltre, ai fini della prova, occorrono più indizi gravi, univoci e concordanti, valutati nel loro insieme unitario, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 192 nuovo c.p.p., sicchè il rigoroso e obiettivo accertamento del dato ignoto deve essere lo sbocco necessitato e strettamente consequenziario, sul piano logico-giuridico, per dare certezza alla attribuibilità del fatto illecito a un comportamento concludente dell’imputato; con esclusione di ogni altra soluzione logica, in termini di equivalenza e di alternatività, sulla base degli elementi indiziari compiutamente esaminati, e con l’indicazione dei criteri, esenti da vizi, di valutazione della prova"(fattispecie di annullamento di sentenza di condanna per sequestro di persona a scopo di estorsione).

Nel presente procedimento i giudici di merito hanno evidenziato a fondamento dell’accusa indizi, quali quelli emersi dalla intercettazione ambientale nella vettura Fiat Brava di D. D., che era sottoposta a controllo, utilizzata nell’agguato(come descritto nel paragrafo della sentenza impugnata a fl. 5 inerente alla identificazione dei mandanti e degli autori del reato, in cui si specifica che il gruppo di fuoco "dopo aver sparato uccidendo M., ferendo B. e mancando Be. era risalito sull’auto di D.D. e lo sparatore commentando l’accaduto lamentava di avere sbagliato e di avere ucciso una persona diversa dalla vittima designata.

Dalle trascrizioni dei dialoghi intercettati si era ritenuto di desumere che l’obiettivo dell’azione delittuosa fosse quello di eliminare Be.Gi.. Quanto alla posizione del T., si era dato rilievo ad un controllo eseguito dai carabinieri di Agnana il giorno precedente alla esecuzione dell’agguato, ossia in data 1-6-2000. In tale data emerge che i carabinieri avevano identificato l’attuale imputato, in terra calabra, durante il controllo di una vettura Fiat Punto targata (OMISSIS), in uso a D.D., che si trovava insieme a D.T. e De.An.. (v. fl. 16 della sentenza impugnata). In sede dibattimentale il teste F., che all’epoca era in servizio, aveva affermato di aver riconosciuto il T. come persona da lui notata e la successiva identificazione di coloro che erano a bordo della vettura.

In sentenza si rilevava che l’identificazione del T. doveva ritenersi certa perchè erano state riportate le esatte generalità dell’imputato, in ciò contrastando le argomentazioni della difesa appellante.

Si era rilevato, sempre avvalorando l’accusa, che altro militare aveva intercettato l’utenza telefonica dell’abitazione della famiglia T., raffrontando la voce dell’imputato con quella del soggetto con marcato accento messinese captata all’interno della Fiat brava di D. (v. fl. 18 della sentenza). Tanto rilevatola Corte opera tuttavia una affermazione di inequivocità degli elementi probatori, che non appare del tutto coerente con l’incertezza di dati da cui poter desumere che era lo stesso imputato il soggetto presente al momento della esecuzione del delitto verificatosi in data 2.6.2000.

Invero anche se la Corte ha dato atto dell’espletamento di perizia fonica, da parte della Corte di Assise di Locri, in data 5-12-2003, per ottenere il raffronto della voce del T. con quella intercettata, nella conversazione n. 888 del 2.6.2000, risulta esclusa l’ammissione del saggio fonico al quale l’imputato era disponibile, in quanto non sarebbe stato possibile ottenere valido confronto per carenze qualitative e quantitative della registrazione(v. quanto emerge dalla motivazione a fl. 18-19). Dunque restano menzionate a sostegno dell’ipotesi accusatoria risultanze prive di assoluta coerenza e non dotate di alcun riscontro oggettivo univoco dell’intervento dell’imputato al momento della esecuzione del delitto di omicidio, dovendosi escludere – alla stregua dei criteri di applicazione dell’art. 192 c.p.p. – l’acquisizione di prove certe allorchè gli elementi di riscontro siano derivati da un pregresso controllo dei CC., pur ritenendo di non poter dubitare della corretta identificazione del T. in data 1-6-2000. Infatti non è dato comprendere in base a quali ulteriori dati certi possa ritenersi dimostrata la continuità della presenza dell’imputato in compagnia del D., essendo rilevabile un salto logico nella motivazione della sentenza al riguardo. (v. fl. 15 della sentenza sul punto, ove si descrivono i movimenti del D.D. nei giorni dal 31 maggio 2000, per poi affermare che "Può fondatamente ritenersi, in assoluta assenza di alternative indicazioni, che D. si sia recato a Messina a prelevare T.R. o comunque a prendere accordi con lui; R. una volta giunto in Calabria aveva proceduto al controllo delle armi" citando conversazione n. 862 ed altre, affermando infine, a fl. 16 che dalle conversazioni relative all’evento omicidiario era emerso il nome " R.", e che la penale responsabilità dell’imputato emergeva:

– dai movimenti del predetto Killer, oltre che dalla sua collocazione in un posto sicuro dopo i fatti, e dalla sua successiva sparizione oltre che dai movimenti del D. a (OMISSIS).

Dette risultanze, secondo i criteri di valutazione delle prove sanciti dalla giurisprudenza di legittimità, valgono ad integrare un conclusivo quadro indiziario grave, nonchè caratterizzato da ulteriori elementi che paiono convergenti, senza tuttavia pervenire a quella certezza assoluta derivante dalla univocità degli indizi di cui si trattarne nella specie resta del tutto assente.

A riguardo va richiamata giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. Sez. 5^ – 10/5/1996, n. 4759 – RV204842) – ove si evidenzia che "la lacuna di un indizio consistente nella sua possibile alternativa attribuzione, non può essere colmata su basi meramente logiche", ed altra, Sez. 4^, 30 gennaio 1992, n. 1035, Russo, secondo la quale si richiede che gli indizi desunti da intercettazioni siano "precisi e cioè non generici e non suscettibili di diversa interpretazione altrettanto o anche più verosimile, perciò non equivoci").

In tal senso, pur avendo il giudice di merito il potere di pervenire in base al libero convincimento, logicamente espresso, alla formulazione del giudizio di colpevolezza in base ad un complesso di elementi indiziari, corroborati da altri dati (quali accertamenti o esiti di indagini di polizia), resta pur sempre essenziale l’accertamento di dati inequivoci che consentano di individuare la persona del colpevole al di là di ogni ragionevole dubbio.

Alla stregua di tali rilievi la Corte deve concludere che in base agli elementi acquisiti dai Giudici di merito non può ritenersi accertato – ai di là di ogni ragionevole dubbio – che autore dei reati contestati in epigrafe sia l’attuale ricorrente, T. R., per il solo fatto che il predetto sia stato controllato, mentre era in compagnia del D., il giorno precedente al delitto di sangue ed in assenza di ulteriori univoche risultanze circa la effettiva cooperazione criminosa, tratte dagli esiti delle indagini e dal dibattimento.

Tale considerazione estende i propri effetti anche sulle altre ipotesi delittuose per le quali risulta emessa sentenza di condanna (reato associativo e delitti inerenti alle armi), delle quali si afferma l’esistenza in riferimento all’episodio di omicidio descritto al capo B-, non risultando altri dati probatori specifici.

In conclusione, atteso che in sede di merito non sembra, allo stato degli atti, che possano essere acquisiti ulteriori elementi di prova, e che quelli già in atti siano suscettibili di ulteriore diversa valutazione, questa Corte ritiene non essere stata raggiunta la prova della responsabilità dell’imputato al di là di ogni ragionevole dubbio.

Pertanto si impone l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, e la pronunzia di assoluzione dell’imputato per non aver commesso i fatti, con conseguente disposizione in ordine alla immediata scarcerazione del T., se non detenuto per altra causa.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per non avere il T. commesso i fatti. Dispone l’immediata scarcerazione del T., se non detenuto per altra causa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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