Cass. civ. Sez. V, Sent., 07-07-2010, n. 16070 IMPOSTA REDDITO PERSONE FISICHE E GIURIDICHE

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

La controversia concerne l’impugnazione di un avviso di accertamento con il quale veniva rettifica del reddito di impresa per l’anno 1990 attraverso una ricostruzione indiretta e induttiva dei ricavi dell’attività di bar ristorante e pizzeria, operata mediante un confronto tra acquisti e rimanenze e sulla base della determinazione di una media dei consumi pro capite.

1 La Commissione adita accoglieva il ricorso, ma la decisione era riformata in appello, con la sentenza in epigrafe, la quale, in parziale accoglimento dell’impugnazione dell’Ufficio rideterminava in L. 95.408.000 i ricavi omessi.

Avverso tale sentenza il contribuente propone ricorso per cassazione con tre motivi. Resiste l’amministrazione con controricorso.

Motivi della decisione

Preliminarmente dato atto che l’Avvocatura dello Stato ha escluso che la lite sia stata definita ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 16 va rilevato che con i tre motivi di ricorso il contribuente, sotto il profilo della violazione di legge e del difetto di motivazione, censura la sentenza impugnata per aver fatto erroneamente applicazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 – sexies relativamente ad un anno di imposta anteriore all’entrata in vigore della norma e per non aver tenuto conto del fatto che l’accertamento era fondato su presunzioni non gravi, nè precise e concordanti, oltre che su una inammissibile catena di presunzioni.

Il ricorso è infondato. Quanto alla presunta violazione di legge consistente nell’aver ritenuto applicabile le disposizioni di cui al D.L. n. 331 del 1993, art. 62 – sexies relativamente ad un anno di imposta anteriore all’entrata in vigore della norma, questa Corte ha già avuto modo di affermare il principio, che il Collegio condivide, secondo cui: "In tema d’accertamento delle imposte, ai sensi del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 62 – sexies convertito in L. 29 ottobre 1993, n. 427, gli accertamenti del reddito d’impresa delle persone fisiche, di cui nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), e dell’IVA, a norma del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54 possono essere fondati anche sull’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dagli studi di settore elaborati ai sensi dello stesso D.L. n. 331 del 1993, art. 62 bis; la norma, avendo palesemente natura procedimentale, è certamente applicabile anche ai periodi d’imposta anteriori alla sua entrata in vigore, analogamente ai coefficienti presuntivi di reddito, introdotti dalla L. 30 dicembre 1991, n. 413, art. 1" (Cass. n. 1797 del 2005; v. anche Cass. nn. 21165 del 2005, 25684 del 2006, SU 26635 del 2009).

Quanto alle restanti censure. si tratta della riproposizione delle questioni di merito già analiticamente esaminate dal giudice di appello, che, con un accertamento di fatto congruamente motivato, ha notevolmente ridotto "i ricavi omessi", proprio tenendo conto di tutti quegli elementi (mancato scorporo dell’IVA, composizione del "pasto tipo", mancata valutazione degli "sfridi" e "cali usuali") nei quali si sostanzia la contestazione del contribuente, in questa sede meramente replicata.

Pertanto, il ricorso deve essere rigettato. La formazione del principio enunciato in epoca successiva alla proposizione del ricorso giustifica la compensazione delle spese della presente fase del giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso. Compensa le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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