Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 09-11-2010) 05-04-2011, n. 13631 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 9.12.09, la corte di appello di Torino, in riforma della sentenza 21.1.09 del Gup del tribunale della stessa sede, ha assolto C.M., perchè il fatto non sussiste, dal reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, limitatamente alla distrazione dei beni strumentali dell’impresa Tecnosistemi Costruzioni s.n.c., dichiarata fallita il (OMISSIS).

Ha confermato l’affermazione di responsabilità del C., in qualità di socio e amministratore, in ordine al reato di bancarotta fraudolenta, limitatamente alla distrazione dell’auto tg (OMISSIS), in locazione finanziaria, e in ordine ai reati di bancarotta fraudolenta documentale e di appropriazione indebita dell’auto, riducendo la pena, previo riconoscimento delle attenuanti generiche equivalenti all’aggravante ex art. 219, comma 2, L. fall., a due anni di reclusione. Ha ordinato il dissequestro e la restituzione alla Catalano Costruzioni srl dei beni strumentali.

Il difensore ha presentato ricorso per i seguenti motivi:

1. violazione di legge e carenza di motivazione sull’elemento psicologico della bancarotta fraudolenta documentale: il giudice di primo grado e la corte di appello non hanno compiuto la doverosa ricerca del dolo specifico o di quello generico e l’omessa consegna della contabilità è stata ricondotta nell’alveo dell’art. 216, comma 1, n. 2, L. fall., sebbene questa condotta, da sola, rientri nella fattispecie di bancarotta semplice, in assenza di qualsiasi prova sulla effettiva intenzione dell’amministratore di agire ai danni della massa dei creditori.

La pronuncia assolutoria in ordine alla principale distrazione dei beni strumentali dell’impresa, ha svuotato di contenuto la contestazione di bancarotta documentale, legata proprio alla finalità di occultare questa distrazione;

2. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla condanna per bancarotta per distrazione dell’auto: l’affermazione di responsabilità si fonda sull’accertata irreperibilità del C. e sul mancato ritrovamento del veicolo nella sede della società.

Secondo il ricorrente, dall’esame degli atti non risulta alcun elemento che attesti l’irreperibilità del C., che è sempre stato residente in (OMISSIS) e in questa abitazione la polizia giudiziaria ha trovato il ricorrente, nel corso della perquisizione domiciliare (avvenuta il 17.2.07). L’auto è sempre stata nella piena disponibilità della società locataria e non è stata posta in essere alcuna azione distrattiva del bene, che, se richiesto, sarebbe stato immediatamente messo a disposizione del curatore.

I motivi sono infondati.

Quanto al primo, la sentenza ha messo in evidenza le seguenti risultanze processuali da cui ha razionalmente tratto la conclusione della evidente intenzione (intesa come coscienza e volontà) del C. di rendere impossibile o estremamente difficile la ricostruzione del volume di affari, intenzione che già di per sè è sintomatica dello scopo, sul piano pratico, di danneggiare i creditori e/o di procurarsi un vantaggio:

a) la documentazione è stata messa a disposizione del curatore del fallimento e della sua attività finalizzata alla tutela dei creditori, solo a seguito dell’intervento dell’autorità giudiziaria;

b) il recupero coattivo, al di fuori e contro la volontà del C., è stato comunque parziale e inidoneo a consentire la ricostruzione dell’andamento degli affari. E’ stato accertato che l’illecita condotta del ricorrente ha non solo reso possibile la copertura delle condotte distrattive, ma è stata funzionale a rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio dell’impresa, come risulta nel caso del movimento di affari con la Uniriscossioni e nel rapporto tra l’impresa fallita e la "Catalano Costruzioni".

Quanto al motivo concernente la distrazione dell’auto, ugualmente con estremo rigore e con razionali conclusioni, la sentenza è giunta all’affermazione di responsabilità, dimostrata dalla concreta irreperibilità del C., non smentita dal formale mantenimento della originaria residenza anagrafica, la quale rappresenta un mero dato formale che non necessariamente coincide con quello reale. In ogni caso, va rilevato che il bene era da inquadrare nel patrimonio dell’impresa, di cui l’imprenditore aveva la disponibilità, indipendentemente dalla proprietà in senso tecnico. E’ pacificamente ritenuto dalla prevalente giurisprudenza che non solo la proprietà, ma anche il possesso del bene sottratto dall’imprenditore assume rilievo ai fini della configurazione del reato di bancarotta fraudolenta. L’indebita appropriazione del bene in modo da impedire l’acquisizione alla massa fallimentare come elemento attivo del suo patrimonio (inteso come complesso di beni e di rapporti giuridici) si risolve in distrazione del bene medesimo, in danno della garanzia dei creditori. In particolare, ogni manomissione del bene oggetto di leasing si traduce nella lesione della garanzia patrimoniale dei creditori, in quanto, anche se il bene non è entrato nel patrimonio del conduttore, sussiste comunque il relativo diritto di riscattarlo alla scadenza contrattuale. (Sez. 5^, n. 5579 del 9.11.01; id. n. 2061 del 14.12.2000; id. n. 6882 dell’1.6.1999). Il bene quindi doveva essere reperibile presso la sede dell’impresa, mentre il suo ritrovamento è avvenuto, casualmente, ad opera della polizia giudiziaria, il 17.2.07 (quindi dopo più di sei mesi dalla data di dichiarazione del fallimento), presso località indicativa della sua destinazione all’uso personale dei familiari.

Il ricorso va quindi rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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