Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 09-11-2010) 05-04-2011, n. 13630 Falsità in scrittura privata Falsità materiale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

el Dott. De Santis Fausto che ha concluso per l’inammissibilità.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 5.6.08, la corte di appello di Napoli, a seguito di impugnazione del difensore di V.U., ha confermato la sentenza 26.5.06 del Gup del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con la quale V.U. e B.R. erano stati condannati, previo riconoscimento delle attenuanti generiche e della diminuente del rito, alla pena di dieci mesi di reclusione, perchè ritenuti colpevoli dei reati, uniti dal vincolo della continuazione, ex artt. 485 e 491 c.p., art. 61 c.p., n. 2; art. 494 c.p.; artt. 477 e 482 c.p..

Il difensore del V. ha presentato ricorso per i seguenti motivi:

1. mancanza e manifesta illogicità della motivazione.

Il giudice di appello ha ripetuto gli argomenti utilizzati dal primo giudice, omettendo di dare risposte puntuali ed esaustive alle censure formulate nei motivi dell’impugnazione. Nella complessiva ricostruzione dei fatti, la corte non ha tenuto conte delle dichiarazioni della B., la quale, in modo assolutamente costante e senza alcuna ritrosia, ha escluso, sin dal momento dell’arresto, il coinvolgimento del V., dichiarandosi esclusiva responsabile delle condotte criminose erroneamente attribuite ad entrambi.

Inoltre, la corte, per affermare la responsabilità del V., ha osservato che è stata posta in essere un’attività che molto difficilmente può essere eseguita da una sola persona. Anche condividendo questa impostazione valutativa, la sentenza non espone le ragioni per cui il complice della B. sia stato proprio il convivente.

L’argomento del ritrovamento nell’autovettura del V. e nella cassaforte posta nella comune abitazione è stato utilizzato quale elemento dimostrativo della sua partecipazione ai fatti in esame, senza tener conto che trattasi di cose (auto e abitazione) in uso a entrambi i soggetti, conviventi: è pertanto plausibile ritenere che l’altro, pur estraneo alla condotta criminosa sotto il profilo materiale e morale, si defili, non fornendo alcun contributo. Non ha rilievo che il V. non abbia impedito l’evento delittuoso, non essendo gravato da alcun obbligo giuridico di impedirlo.

La corte non ha riconosciuto, senza adeguata giustificazione, l’attenuante ex art. 114 c.p., comma 1, negando rilievo probatorio al mancato rinvenimento di documenti di identità, utilizzati per incassare i falsi assegni bancari, recanti la foto di V.. Questa valutazione è stata fatta non in base a uno specifico elemento a suo carico, ma in base ad un’asserzione di principio, che non trova conforto negli atti del processo (la divisione dei compiti avrebbe comportato che l’uomo, componente della polizia penitenziaria, esponesse a maggior rischio la donna, priva di attività lavorativa);

2. violazione di legge, in riferimento agli art. 485, 477 e 494 c.p. Uno degli elementi indiziari a carico del V. è costituito dalla sua presenza e dei suoi comportamenti nell’ufficio postale di Villa Litemo il 19( "si allontanava repentinamente") e il 20 maggio 2005 (si dava a "precipitosa fuga", stante l’arrivo dei carabinieri). Da questi elementi, la corte ha tratto la conclusione che la sua presenza era "tutt’altro che casuale e disinformata".

Altri elementi indiziari, secondo la corte, sono:

il 10 maggio, la donna si era recata in un ufficio postale in compagnia di un uomo alla guida di un’auto di colore grigio, la cui targa iniziava con la sigla AN;

il rinvenimento nell’auto e nell’abitazione del V. di carte di identità falsificate.

Questi tre elementi sono gli stessi utilizzati dal Gup e sono pedissequamente ripetuti dalla corte di appello.

Secondo il ricorrente non si tratta di indizi gravi, precisi e concordanti, idonei a sostenere la fattispecie concorsuale materia e morale, poichè, quanto all’auto, il teste che l’ha descritta ha precisato che trattasi di una Fiat Punto, mentre l’auto del V. è una Renault Megane;

il ritrovamento dei documenti falsi è del tutto neutro, atteso che essi si trovavano in cose nella piena disponibilità dei conviventi;

L’accompagnamento della propria compagna nell’ufficio postale di Villa Literno perde efficacia dimostrativa, a causa dell’assenza del V. in altre occasioni, a testimonianza dell’assoluta superfluità della sua presenza in occasione della perpetrazione, da parte della donna, delle condotte criminose.

L’ultima critica del ricorrente riguarda la motivazione, laddove nega l’assorbimento del reato di sostituzione di persona in quello di falsità in scrittura privata, ritenendo che trattasi di azioni diverse e separate: in tal modo non si tiene conto che il secondo vede la sua consumazione solo al momento e nel luogo in cui chi sia concorso nella materiale contraffazione, faccia uso o lasci che altri facciano uso dell’atto falsificato. Quindi non può parlarsi di frazionamento delle diverse condotte nell’ambito del complessivo disegno criminoso, in quanto si deve tener conto della contestualità spaziale e temporale delle condotte in esame.

Il ricorso non merita accoglimento, in quanto le argomentazioni proposte dal ricorrente si indirizzano a criticare valutazioni fattuali, contenute nella decisione impugnata, assolutamente immeritevole di censura in sede di giudizio di legittimità, in virtù della sua fedele corrispondenza alle risultanze processuali e della loro razionale interpretazione. La pretesa di dare prevalente forza dimostrativa alle dichiarazioni di esclusivo carattere autoaccusatorio della donna si scontra con esito assolutamente perdente con il complesso quadro probatorio, indicativo di una serie di criminose attività che appaiono accuratamente organizzate ed eseguite. Esse risultano radicate incontestabilmente nella quotidiana convivenza dei due protagonisti. Logica è stata poi la giustificazione data dai giudici di merito al comportamento processuale della B., diretto a eludere le indagini e a evitare la punizione di chi costituiva principale fonte di reddito per la famiglia di fatto.

E’ del tutto incompatibile con le risultanze processuali e con la comune esperienza la tesi di un muro divisorio tra i conviventi, costruito dalla donna per tenere il compagno al di fuori della percezione visiva, dall’apprendimento intellettivo, dalla collaborazione operativa nella acquisizione dei moduli, di titoli di credito, di codici fiscali, di carta di identità, nonchè nella loro contraffazione e nell’utilizzazione dei conseguenti documenti contraffatti.

Conseguentemente è identica la valutazione di inconsistenza della tesi della casuale, inconsapevole e comunque irrilevante presenza del ricorrente in quest’ultima fase della vicenda in esame. In essa, i giudici di merito hanno riconosciuto al V., il ruolo di protagonista, quanto meno, di pari livello con quello della B., poichè nessun elemento storico è stato rinvenuto dall’istruttoria o è stato rilevato dalla difesa che possa smentire la piena uguaglianza ideativa e operativa di chi viveva in piena e costante comunione, nel lecito e nell’illecito.

Quanto al motivo sull’assorbimento del delitto di sostituzione di persona, si osserva che, secondo un condivisibile orientamento interpretativo, il delitto di sostituzione di persona è sussidiario rispetto ad ogni altro reato contro la fede pubblica, come si evince dall’inciso se il fatto non costituisce altro delitto contro la fede pubblica, contenuto nel testo della norma incriminatrice. Esso può ritenersi assorbito in altra figura criminosa solo in presenza di un unico fatto tipico – costituito dalla descrizione di un accadimento di vita, da parte di una norma incriminatrice – a cui il legislatore abbia dato una duplice rilevanza penale. Nel caso in esame è ben evidente che l’accadimento di vita Rescritto nella norma incriminatrice dell’art. 494 c.p. è ben distinto e separato da quello descritto dal combinato disposto degli artt. 485 e 491 c.p..

Il ricorso va quindi rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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