Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 09-11-2010) 05-04-2011, n. 13628

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 24.9.08 la corte di appello di Napoli, in riforma della sentenza 27.6.06 del tribunale della stessa sede, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di B.R. in ordine ai reati a lui contestati perchè estinti per morte dell’imputato; ha ridotto a dieci anni e sei mesi di reclusione e Euro 3.000 di multa la pena inflitta a M.L., ritenuto colpevole del reato di estorsione continuata, aggravata L. n. 203 del 1991, ex art. 7.

Il M. ha presentato ricorso per i seguenti motivi:

1. illogicità della motivazione in riferimento all’attendibilità della chiamata in correità di B.R..

Il collaboratore ha dichiarato che il versamento della tangente estorsiva è stato effettuato dalla persona offesa Z. nell’agosto del 2000 e in epoca successiva all’arresto del M. (avvenuto nell’agosto 2000 con detenzione fino al 30.5.03), con consegna del denaro direttamente al M.. La stessa fonte indica anche un’estorsione in danno dello Z. risalente nel tempo, pari a tre dazioni annualità Natale, Pasqua, Ferragosto), ma non si comprende come il B. abbia potuto sapere di episodi estorsivi ai suoi danni, precedenti a quelli in contestazione. Le dichiarazioni del B. contrastano con quelle dell’altro collaboratore P. L., che ha escluso la consegna del denaro, da parte della persona offesa, al M., presso la sua abitazione.

2. contraddittorietà e omissione della motivazione in riferimento all’attendibilità del P.. L’impugnata sentenza afferma che il P. ha riferito che lo Z. portò il denaro presso la villa del M., ma proprio nel verbale dibattimentale 9.5.06 relativo all’escussione del collaboratore, risulta che questi narra di visite estorsive allo Z. e non riferisce di alcuna consegna di denaro nelle mani del ricorrente.

Inoltre la sentenza rileva che il M. in altre occasioni chiese al P. di andare a chiamare lo Z., ma non ha giustificato per quale ragione questo fatto sia da inquadrare in un’estorsione.

3. omessa motivazione sulla colpevolezza in ordine alla prima parte del fatto estorsivo, concernente la consegna di tre rate, in ogni anno, dell’importo di L. 10.000.000 cadauna, prima dell’aumento a L. 15.000.000: la sentenza nulla indica su questa estorsione.

4. Vizio di motivazione in ordine alla valutazione probatoria delle dichiarazione della persona offesa.

Z. esclude la partecipazione del ricorrente agli episodi estorsivi e colloca, in tutte le deposizioni, il dato temporale di inizio nel novembre 2001, con l’incendio di un capannone, ma in questa data M. era detenuto.

La corte ha escluso che vi sia un nesso causale tra la vicenda estorsiva e l’incendio, in quanto è risultato che questo sia avvenuto per cause accidentali. Secondo logica, la corte era in grado di capire che questa causa accidentale dell’incendio deriva dalla mancata denunzia dello Z..

Il ricorso non merita accoglimento, in quanto la ricostruzione dei fatti a carico del M. è stata effettuata sulla base di un’attenta valutazione comparativa delle prove dichiarative. I collaboratori di giustizia P.L. e B.R. – la cui attendibilità intrinseca è stata sottoposta alle regole valutative, sedimentate nella consolidata giurisprudenza – hanno indicato lo Z. come vittima dell’attività estorsiva del clan Martella e che il rapporto estorsivo, dopo l’avvenuto arresto di quest’ultimo nel luglio del 1999, si è protratto grazie all’azione del M., al quale fu versata la tangente nell’agosto del 2000, prima dell’arresto del ricorrente. D’altro canto, la sussistenza delle richieste estorsive, nel loro ammontare e nelle loro cadenza temporali sono state confermate dalla persona offesa, che ha anche ammesso di essersi recato presso la villa del M., sia pure a causa dei rapporti di vicinato. Sulla generale inaffidabilità delle dichiarazioni liberatorie dello Z. nei confronti del M., le decisioni di merito si sono ripetutamente e analiticamente soffermate, con razionale efficacia persuasiva, per dimostrare come queste siano il frutto dello stato di soggezione, reticenza e paura determinato dal contesto camorristico in cui si sono svolti i fatti in esame. Pertanto, la sentenza giunge in maniera del tutto razionale a riconoscere la piena credibilità intrinseca ed estrinseca, delle dichiarazioni dei collaboratori laddove concludono indipendentemente da una congiunta e totale percezione visiva dei singoli versamenti – che lo Z. ha sempre svolto il ruolo di vittima nell’estorsione così come ricostruita, pagando regolarmente, alle previste scadenze, nell’imposto ammontare, le tangenti di cui al capo di accusa. Il ricorso va quindi rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione alla parte civile FAI – Federazione Antiracket Italiana – delle spese e compensi di questo grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 2000, oltre accessori di legge. Le altre richieste di rifusione vanno respinte per mancanza delle rituali conclusioni.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione alla parte civile FAI – Federazione Antiracket Italiana – delle spese e compensi di questo grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 2000, oltre accessori di legge. Rigetta le altre richieste di rifusione delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *