Cass. civ. Sez. I, Sent., 30-06-2011, n. 14484 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

P.G. ricorre per cassazione nei confronti del decreto in epigrafe della Corte d’appello che, liquidando Euro 3.600, ha accolto parzialmente il suo ricorso con il quale è stata proposta domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del processo per separazione giudiziale svoltosi in primo grado avanti al Tribunale di Spoleto dal settembre 2001 al marzo 2008.

Resiste l’Amministrazione con controricorso.

Il Collegio ha disposto fa redazione della motivazione in forma semplificata.
Motivi della decisione

Con i primi tre motivi di ricorso, che per la loro connessione possono essere trattai congiuntamente, il ricorrente censura l’impugnata decisione per avere la Corte d’appello ritenuto ragionevole una durata di anni tre per il giudizio di primo grado benchè si trattasse di procedimento attinente a separazione coniugale e quindi necessitante di uno svolgimento particolarmente contenuto.

I motivi sono manifestamente infondati in quanto il lasso di tempo ritenuto ragionevole dal giudice del merito è in linea con gli standards indicati dalla Corte europea nè può darsi particolare rilievo alla natura de giudizio dal momento che, in concreto e come risulta dallo stesso ricorso, nello stesso la parti hanno soprattutto dibattuto questioni di natura patrimoniale per cui non vi è ragione di discostarsi dai parametri propri delle comuni controversie.

Con il quarto e il quinto motivo si deduce l’insufficiente liquidazione del danno non patrimoniale evidenziandosi come il protrarsi del giudizio abbia influito sull’esercizio di godere di diritti fondamentali quali quello di formarsi una nuova famiglia.

I motivi sono manifestamente infondati in quanto il giudice del merito si è attenuto ai parametri indicati dalla Corte europea liquidando Euro 1.000 in ragione d’anno per i tre anni circa di irragionevole durata e quindi un importo superiore a quello ritenuto usualmente congruo in base alla giurisprudenza di questa Corte che ha indicato in Euro 750 l’equo indennizzo per i primi tre anni eccedenti la durata ragionevole in considerazione dei limitato patema d’animo che consegue all’iniziale modesto sforamento (Sez. 1, 14 ottobre 2009, n. 21840). Nè, si ripete, può essere valutata in modo particolare la natura del giudizio, posto che, in concreto, la ragione del contendere era individuabile soprattutto in motivazioni di carattere patrimoniale.

Con il sesto, il settimo e l’ottavo motivo di ricorso si deduce violazione di legge e difetto di motivazione per avere la Corte d’appello escluso il danno patrimoniale consistito nel pagamento alla moglie del ricorrente di quanto disposto in via provvisoria e poi risultato non dovuto all’esito de giudizio e della mancanza di disponibilità dell’immobile comune assegnato al coniuge con provvedimento poi non confermato.

Anche tali motivi sono manifestamente infondati dal momento che l’indennizzo in discorso compete unicamente non solo quando il danno patrimoniale sia l’effetto immediato e diretto della eccessiva durata sulla base di una normale sequenza causale (Cassazione civile, sez. I, 16 novembre 2007, n. 23756) ma anche a condizione che il danno subito non trovi possibilità di risarcimento sulla base del rapporto sostanziale dedotto nel giudizio o dell’attività nello stesso compiuta dalla controparte: poichè nella fattispecie il diritto all’attribuzione delle somme periodiche al coniuge del ricorrente e della disponibilità esclusiva dell’immobile di comune proprietà è stato ritenuto insussistente all’esito del giudizio ne consegue che dette attribuzioni costituiscono ingiustificato arricchimento in danno del ricorrente che ne può dunque perseguire il recupero.

Manifestamente infondato è, infine, l’ultimo motivo di ricorso con cui si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la Corte d’appello escluso la sussistenza dei danno patrimoniale pur in difetto di specifica contestazione sul punto da parte dell’Avvocatura dal momento che il principio di non contestazione attiene unicamente all’esistenza dei fatti dedotti ma non impedisce ai giudice di ritenerli insufficienti a provare la sussistenza del diritto invocato e comunque non comporta alcun limite per il giudice alla qualificazione giuridica degli stessi (Cassazione civile, sez. 1, 9/04/2010, n. 8513).

Il ricorso deve dunque essere rigettato con le conseguenze di rito in ordine alle spese.
P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese che liquida in Euro 2.000, oltre spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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