Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 23-02-2011) 06-04-2011, n. 13723 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Salerno con sentenza del 15/12/06, dichiarava M.M. e C.G. colpevoli del reato di cui all’art. 609 bis c.p., il secondo anche del reato di cui all’art. 61 c.p., n. 2, artt. 56 e 610 c.p. condannando il M. alla pena complessiva di anni 7 e mesi 6 di reclusione e il C. a anni 6 di reclusione, disponendo, per entrambi, la applicazione delle pene accessorie: li condannava, altresì, al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile, da liquidarsi in separata sede.

La Corte di Appello di Salerno, chiamata a pronunciarsi sugli appelli avanzati dai prevenuti, con sentenza del 15/1/2010, in parziale riforma del decisimi di prime cure, ha ridotto le pene, per il M. ad anni 6 di reclusione e per il C. ad anni 3 e mesi 6 di reclusione.

Propongono autonomi ricorsi per cassazione i prevenuti, con i seguenti identici motivi: -la pronuncia di condanna è stata determinata da una non corretta lettura della piattaforma probatoria, in particolare, dal convincimento dei giudici di merito che la S.M. fosse attendibile e, soprattutto, credibile, non considerando la sussistenza di alcune prove che avrebbero dovuto indurre i decidenti a rilevare, di contro, la non affidabilità della p.o., che, non solo non versa in quello stato di grave deficienza psichica rappresentato nelle pronunce impugnate, ma che, peraltro, non è stata oggetto di costrizione da parte dei prevenuti in occasione dei rapporti sessuali intrattenuti con essi.
Motivi della decisione

I ricorsi sono manifestamente infondati e vanno dichiarati inammissibili.

La argomentazione motivazionale, adottata dal decidente, a supporto della affermazione di colpevolezza degli imputati, in ordine ai reati ad essi ascritti, si palesa del tutto logica, corretta ed esaustiva.

La Corte territoriale ha evidenziato che nel corso del dibattimento sono state esaminata copie di due cartelle cliniche, certificanti lo stato psichico della S. dal 1992 al 2002, con annotazioni delle terapie praticate e le visite domiciliari eseguite presso la abitazione della stessa: la assistente sociale, incaricata di occuparsi della donna dal 1991 al 2003, ha riferito che costei era affetta da una immaturità di tipo affettivo ed emotivo che determinava comportamenti immaturi, soprattutto in un contesto esterno ostile, mentre, se adeguatamente compensata, era una donna intelligente, dotata di buon spirito critico; ulteriori riscontri alla sussistenza della situazione di disagio della vittima sono ravvisatoli nelle ulteriori dichiarazioni testimoniali ( G. F., vice sindaco del Comune di Galvanico; il Comandante della Polizia Municipale).

Questi elementi hanno determinato, a giusta ragione, il giudice di merito ha ritenere comprovato lo stato di inferiorità psichica in cui versa la S..

Quanto alla attendibilità della S. la Corte distrettuale ha confermato il giudizio di concreta capacità della donna di elaborare gli avvenimenti che l’hanno interessata, senza ricostruzioni fantastiche o volontà di travisare le condotte e ciò proprio sulla base della attitudine psicologica della stessa ad esporre la vicenda in maniera utile e reale.

In un contesto equilibrato e senza la pressione di persone, percepite come ostili, la donna viene descritta come soggetto con cui è possibile chiacchierare tranquillamente e che evidenzia una propria autonomia ed uno spirito critico; quando si è recata dai Carabinieri, per riferire quanto le era accaduto, era tranquilla e determinata, insistendo nella volontà di denunzia delle violenze subite: sentita a lungo in dibattimento ha reso dichiarazioni lineari e coerenti, riscontrate da ulteriori emergenze istruttorie.

Di poi, il decidente, a seguito di corretta analisi valutativa della piattaforma istruttoria, in correlato al disposto normativo, di cui all’art. 609 bis c.p., comma 2, n. 1, ha ritenuto cristallizzato il reato contestato agli imputati al capo a) della rubrica, evidenziando, altresì, che la situazione di inferiorità psichica della donna è non solo certificata dalla documentazione sanitaria, ma oltremodo nota agli imputati: M. e C. hanno approfittato della menomazione della donna, per indurla a subire atti sessuali, nella piena consapevolezza che la stessa, condotta in luogo isolato e priva della difesa del marito, non avrebbe potuto opporre alcuna reazione: peraltro, non vi sono dubbi sulla sussistenza dell’elemento soggettivo, poichè entrambi i prevenuti si sono adoperati per condurre la p.o. in luoghi appartati, per avere con la stessa un rapporto sessuale completo, nella piena coscienza e volontà delle proprie azioni e delle condizioni di inferiorità della vittima, che aveva manifestato il proprio dissenso, nei limiti che le erano consentiti.

Rilevasi che la induzione non si identifica solamente nella attività di persuasione esercitata sulla p.o. per convincerla a prestare il proprio consenso all’atto sessuale, bensì consiste in ogni forma di sopraffazione, posta in essere senza ricorrere ad atti costrittivi ed intimidatori nei confronti della vittima, la quale, non risultando in grado di opporsi a causa della sua condizione di inferiorità, soggiace al volere dell’autore della condotta, divenendo strumento di soddisfazione delle voglie sessuali di quest’ultimo: in sintesi il soggetto passivo presta il suo consenso all’atto sessuale, ma il consenso è viziato e, pertanto, giuridicamente irrilevante in considerazione del differenziale di maturità sessuale rispetto al soggetto attivo (Cass. 2/12/05, Cannatella).

Nella specie tale carattere trova un addentellato fattuale nella valutazione dei luoghi, delle modalità in cui si sono svolti i fatti e delle relazioni, già esistenti, tra i protagonisti della vicenda.

Osservasi che i ricorsi palesano il tentativo di una rilettura delle emergenze istruttorie, sulle quali al giudice di legittimità è precluso di procedere a nuova analisi estimativa.

Il sindacato di questa Corte sul discorso giustificativo del provvedimento impugnato, deve mirare a verificare che la relativa motivazione sia: effettiva, ovvero realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata: non manifestamente illogica, ovvero sorretta nei suoi punti essenziali da argomentazioni non viziate da evidenti errori nella applicazione delle regole della logica: non internamente contraddittoria, ovvero esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute; non logicamente incompatibile con altri atti del processo, dotati di una autonoma forza esplicativa o dimostrativa tale che la loro rappresentazione disarticoli l’intero ragionamento svolto dal decidente e determini al suo interno radicali incompatibilità, così da vanificare o radicalmente inficiare, sotto il profilo logico, la motivazione.

Orbene, dal vaglio di legittimità, a cui è stata sottoposta la argomentazione motivazionale, adottata dal decidente, a supporto della confermata affermazione di responsabilità degli imputati, è nettamente ravvisabile che il giudice di merito ha ottemperato ai principi enunciati da questa Corte in materia.

Tenuto conto, poi, della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il M. e il C. abbiano proposto i ricorsi senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, gli stessi, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., devono, altresì, essere condannati, al versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000, ciascuno.

I ricorrenti vanno, ulteriormente, condannati in solido alla rifusione in favore della p.c. delle spese del grado, che vengono liquidate in Euro 1315,00, oltre accessori come per legge, con attribuzione della suddetta somma all’Erario.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00, in favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1.000,00; nonchè, in solido, alla rifusione delle spese del grado, in favore della parte civile, che liquida in Euro 1315,00, oltre accessori come per legge, con attribuzione della suddetta somma all’Erario.

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