Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 17-02-2011) 06-04-2011, n. 13722

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

rsona del Dott. SPINACI Sante che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo

S.X. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe con la quale la corte di appello di Napoli ha confermato quella del tribunale di Santa Maria Capua Vetere che in data 17 luglio 2009 lo aveva condannato alla pena di giustizia per il reato di cui alla L. n. 75 del 1958, art. 3, commi 8 e 4.

Deduce in questa sede il ricorrente:

1) La violazione di legge ed il difetto di motivazione in relazione all’art. 512 c.p.p. rilevando che il processo si fonda sulle dichiarazioni accusatorie della persona offesa rese nel corso delle indagini preliminari delle quali è stata data lettura e che nella specie non ricorrevano le condizioni di imprevedibilità e di impossibilità di ripetere l’atto in dibattimento richieste dall’art. 512 c.p.p.. Sul punto, come già rilevato nel motivi di appello, non si ritiene condivisibile la motivazione secondo cui era stata rinvenuta presso l’abitazione occupata dall’imputato una fotocopia di una carta d’identità bulgara della stessa persona offesa e la stessa denunciante aveva eletto domicilio rendendo quindi puntuali indicazioni sul luogo dell’abituale dimora sul territorio nazionale.

Si rileva infatti che trattandosi di fotocopia e non di documento originale l’atto non poteva essere ritenuto idoneo a documentare la lecita permanenza sul territorio nazionale e che nemmeno l’elezione di domicilio poteva valere a dare contezza del luogo di reale dimora, sostanziandosi unicamente in una indicazione utile a garantire la conoscenza reale legale del luogo in cui eseguire le notifiche.

2) violazione di legge difetto di motivazione in relazione all’art. 133 c.p. non avendo tenuto conto la sentenza impugnata dello stato di incensuratezza dell’imputato, della sua giovane età e della circostanza che era alla sua prima esperienza giudiziaria e detentiva.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.

In ordine al primo motivo, va anzitutto premesso che la questione è circoscritta alla valutazione della prognosi di imprevedibilità della successiva irreperibilità della denunciante.

Al riguardo si rileva che la corte di merito ha respinto il motivo di appello evidenziando:

a) che la donna aveva inizialmente fornito puntuali indicazioni sul luogo di abituale dimora sul territorio nazionale;

b) che era in possesso di una carta d’identità rilasciata dall’autorità bulgara di provenienza – circostanza questa ribadita da uno dei verbalizzanti nel corso del dibattimento e attestata dalla fotocopia rinvenuta all’esito della perquisizione;

c) che l’elezione di domicilio era indicativa della volontà di rendere possibile il successivo rintraccio.

In relazione a quanto sopra evidenziato la prognosi di imprevedibilità appare correttamente ed adeguatamente motivata in quanto l’insieme degli elementi evidenziati in motivazione rende certamente plausibile sotto il profilo logico ritenere che la teste non intendesse sottrarsi all’esame dibattimentale.

Nè vale rilevare il rifiuto della donna al ricovero in una struttura protetta potendo tale decisione dipendere da diverse ragioni e non avendo quindi valenza univoca delle successive intenzioni circa la partecipazione al dibattimento.

E, dunque, la corte di merito risponde ai rilievi indicati correttamente sottolineando anche la presenza in atti della dichiarazione del verbalizzante sull’esistenza del documento.

Se ne deve dedurre quindi che la censura finisce in realtà per riguardare il merito della valutazione e che, pertanto, non è prospettabile in questa sede.

Il secondo motivo si appalesa sostanzialmente inammissibile concernendo il merito della valutazione sulla determinazione della pena correttamente effettuata dal giudice di prime cure richiamando sul punto la motivazione del tribunale.

Al rigetto del ricorso consegue per il ricorrente l’onere del pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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