T.A.R. Lazio Roma Sez. III quater, Sent., 31-03-2011, n. 2833 Contratto di appalto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con atto notificato il 29 luglio 2010 e depositato il successivo 25 agosto la E. s.p.a. ha trasposto – a seguito di opposizione dell’8 luglio 2010, notificato dalla A.I. s.r.l. – il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica (che era stato notificato il 28 maggio 2010), con il quale aveva chiesto l’annullamento, tra gli altri, della delibera del direttore generale della A.S.L. RM F n. 275 del 14 dicembre 2009, nella parte in cui ha aggiudicato in via definitiva all’impresa controinteressata A.I. s.r.l. la fornitura (lotto n. 1) di software per il Dipartimento di prevenzione.

Espone, in fatto, di aver partecipato alla gara e di essersi aggiudicata il lotto 2, mentre si è collocata al secondo posto in graduatoria relativamente al lotto 1, dietro la A.I. s.r.l., unica altra concorrente.

2. Avverso gli atti di gara è insorta deducendo:

a) Violazione e omessa applicazione dell’art. 2 della lettera di invito e del capitolato tecnico, violazione dei principi di par condicio, trasparenza, imparzialità e buon andamento – Violazione e falsa applicazione art. 46 D.L.vo n. 163 del 2006 – Eccesso di potere per difetto di istruttoria, illogicità, contraddittorietà e perplessità manifesta dell’azione amministrativa.

La stazione appaltante ha illegittimamente consentito alla controinteressata di depositare documentazione mancante, ancorché richiesta a pena di esclusione sia dalla lettera d’invito che dal capitolato tecnico;

b) Violazione del capitolato tecnico – Violazione e omessa applicazione art. 69 D.L.vo n. 82 del 2005 – Eccesso di potere.

La controinteressata avrebbe dovuto essere esclusa per aver offerto un sistema informativo diverso da quello richiesto dalla lex specialis di gara;

c) Violazione del capitolato tecnico sotto altro, concorrente profilo – Eccesso di potere – Violazione del principio della par condicio, disparità di trattamento, ingiustizia manifesta.

La controinteressata avrebbe dovuto essere esclusa per aver offerto un software web incompleto, ancora in fase di sviluppo e solo parzialmente installato;

d) Violazione del capitolato tecnico e, in particolare, delle prescrizioni richiamate "condizioni di ammissibilità", sotto altri concorrenti profili – Violazione art. 2 della lettera di invito, eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza di motivazione, disparità di trattamento, illogicità e perplessità manifesta dell’azione amministrativa.

Il punteggio assegnato all’offerta tecnica della controinteressata è manifestamente erroneo;

e) Violazione e falsa applicazione di legge: art. 84 D.L.vo n. 163 del 2006 – Eccesso di potere – Violazione del giusto procedimento.

Manca il provvedimento di nomina della Commissione di gara.

3. La ricorrente ha altresì chiesto la condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno.

4. Si è costituita in giudizio l’A.S.L. RM F, che ha preliminarmente eccepito la tardività del ricorso straordinario e, nel merito, l’infondatezza del gravame.

Con memoria di replica depositata l’11 marzo 2011 ha dedotto altresì l’inammissibilità del ricorso incidentale della controinteressata, avendo ad oggetto la mancata aggiudicazione del lotto n. 2 (relativo alla fornitura di hardware), affidato alla ricorrente principale.

3. Si è costituita in giudizio la A.I. s.r.l., che ha preliminarmente eccepito l’improcedibilità e la tardività del ricorso trasposto nonché dello stesso ricorso straordinario. Nel merito ha sostenuto l’infondatezza del ricorso.

4. Con ricorso incidentale, notificato il 13 agosto 2010 e depositato il successivo 14 agosto, l’A.I. s.r.l. ha impugnato l’aggiudicazione, alla ricorrente principale, del lotto 2 (relativo alla fornitura di hardware). Ha chiesto altresì la condanna dell’A.S.L. RM F al risarcimento dei danni.

5. Con memorie depositate alla vigilia dell’udienza di discussione le parti costituite hanno ribadito le rispettive tesi difensive.

6. Con ordinanza n. 5629 del 7 dicembre 2007 è stata respinta l’istanza cautelare di sospensiva.

7. Alla Camera di consiglio dell’1 settembre 2010, sull’accordo delle parti, l’esame dell’istanza di sospensione cautelare è stato abbinato al merito.

8. All’udienza del 23 marzo 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

1. Come esposto in narrativa è stata impugnata, tra l’altro, la delibera del direttore generale della A.S.L. RM F n. 275 del 14 dicembre 2009, nella parte in cui ha aggiudicato in via definitiva all’impresa controinteressata A.I. s.r.l. la fornitura (lotto n. 1) di software per il Dipartimento di prevenzione.

In via preliminare occorre esaminare l’eccezione di improcedibilità del ricorso straordinario al Capo dello Stato, sollevata dalla controinteressata sul rilievo che lo stesso sarebbe stato notificato il 28 maggio 2010, e cioè quando era già entrata in vigore (27 aprile 2010) la preclusione introdotta dall’art. 8, primo comma, lett. b), D.L.vo 20 marzo 2010 n. 53 il quale, modificando l’art. 245, primo comma, D.L.vo 12 aprile 2006 n. 163, ha escluso la possibilità di impugnare nella via del ricorso straordinario gli atti delle procedure di gara.

L’eccezione è fondata. Ed invero, l’art. 15, sesto comma, D.L.vo n. 53 del 2010, che detta le disposizioni transitorie, nulla ha previsto in relazione alla data di entrata in vigore del cit. primo comma dell’art. 8, che è dunque da individuare nel 27 aprile 2010. In altri termini, dal 27 aprile 2010, in mancanza di un’espressa disciplina transitoria, è precluso l’esperimento del ricorso straordinario al Capo dello Stato nella materia degli appalti pubblici.

Tale conclusione trova conferma in una recente decisione del giudice di appello (V sez., 2 agosto 2010 n. 5069), secondo cui l’impugnazione con ricorso straordinario di un atto relativo a una procedura ad evidenza pubblica contemplata dal D.L.vo 12 aprile 2006, n. 163 era legittima e praticabile fino all’entrata in vigore del D.L.vo n. 53 del 2010, recante attuazione della direttiva 2007/66/CE che, all’art. 8, comma 1 lett. b), ha modificato il comma 1 dell’art. 245 del D.L.vo n. 163 del 2006, prevedendo che detti atti "sono impugnabili unicamente mediante ricorso al tribunale amministrativo regionale competente"; solo dalla data di entrata in vigore del citato D.L.vo n. 53 del 2010 (27 aprile 2010) non è più consentita l’impugnazione degli atti delle procedure ad evidenza pubblica con ricorso straordinario al Capo dello Stato.

Né tale conclusione può apparire contraria al principio, costituzionalmente garantito, del diritto di difesa. E’ ben vero, infatti, che alla ricorrente era ormai preclusa, alla data del 27 aprile 2010, la possibilità di esperire l’ordinario rimedio giurisdizionale, ma è altresì vero che l’art. 8 è entrato in vigore dopo un periodo di vacatio legis di 15 giorni (il D.L.vo n. 53 del 2010 è stato infatti pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 84 del 12 aprile 2010), con la conseguenza che essa ben avrebbe potuto proporre il ricorso al Capo dello Stato in questo intervallo temporale (il ricorso è stato proposto solo il successivo 28 maggio 2010), tanto più che era decorso già un lungo lasso di tempo dalla data (5 febbraio 2010) in cui essa afferma di aver conosciuto, mediante accoglimento dell’istanza di accesso, la documentazione dalla quale ha evinto di non essersi aggiudicata la fornitura (lotto n. 1) di software per il Dipartimento di prevenzione.

Ritiene peraltro il Collegio che da questa premessa non possa trarsi la conclusione che il ricorso trasposto in sede giurisdizionale è inammissibile, dovendosi riconoscersi l’errore scusabile in relazione alla proposizione del ricorso straordinario successivamente al 27 aprile 2010.

L’indiscussa novità della norma che ha abolito il rimedio del ricorso straordinario nel settore degli appalti pubblici giustifica, infatti, la concessione dell’errore scusabile ex art. 37 c.p.a. in relazione al rimedio amministrativo e, di conseguenza, a quello giurisdizionale attivato a seguito di trasposizione. Né si potrebbe ritenere inibito a questo giudice la concessione dell’errore scusabile sul rilievo che il giudizio sull’errore scusabile può essere espresso solo dall’autorità deputata a decidere sul ricorso straordinario – e cioè, in pratica, dal Consiglio di Stato in sede consultiva – laddove l’errore fosse stato invocato, e ciò in quanto – come si è più volte chiarito – alla data di proposizione del ricorso straordinario l’Autorità in astratto deputata a deciderlo non ne aveva più la competenza e dunque non avrebbe potuto pronunciare più neanche sulla concessione del beneficio in questione.

2. Priva di pregio è l’eccezione di irricevibilità del ricorso straordinario, perché notificato oltre i 120 giorni dalla conoscenza della mancata aggiudicazione del lotto n. 1 (relativo alla fornitura di software). Le controparti, infatti, non individuano, come è onere per chi eccepisce la tardività di un ricorso, il dies a quo dal quale far decorrere il termine in questione. E tale decorrenza non può certo essere fatta risalire al 16 dicembre 2009, data in cui è stata comunicata (nota n. 2573 del 15 dicembre 2009) solo l’avvenuta aggiudicazione del lotto n. 2 (relativo alla fornitura di hardware). Poiché la ricorrente non è mai stata formalmente notiziata di essersi collocata solo al secondo posto nella graduatoria relativa all’appalto della fornitura di software, è solo dall’acquisizione della documentazione a seguito dell’accesso ai documenti che può riconnettersi la piena conoscenza dell’esito negativo della procedura. Rispetto a tale data (5 febbraio 2010) il ricorso straordinario, notificato il 28 maggio 2010, è tempestivo.

Né può costituire riprova – come affermano le parti resistenti – della conoscenza dell’aggiudicazione del lotto 1 da parte della società E. la circostanza che alla stessa era stata comunicata l’aggiudicazione del lotto 2. Si tratta di una mera presunzione, ma è noto che le eccezioni di tardività non si possono fondare su mere presunzioni ma richiedono prove concrete.

3. E’ invece inammissibile (salvo che per il secondo motivo) il ricorso incidentale, atteso che con questo la A.I. s.r.l. deduce l’illegittima aggiudicazione del lotto 2 alla E. s.r.l..

E’ noto, infatti, che il ricorso incidentale è lo strumento di cui si avvale il controinteressato per paralizzare l’azione del ricorrente principale e conservare il provvedimento a sé favorevole, di cui è stato chiesto l’annullamento con l’atto introduttivo del giudizio.

Nel caso all’esame del Collegio, invece, la Avelco s.r.l. – salvo che per il secondo motivo, che è dunque ammissibile – non deduce vizi che, ove accolti, porterebbero all’esclusione della E. s.r.l. dalla procedura per l’aggiudicazione del lotto 1, facendo così venir meno il suo interesse al ricorso perché in ogni caso il lotto 1 non avrebbe potuto esserle affidato. Non mira dunque a paralizzare l’azione del ricorrente principale, ma tende ad estendere la sua posizione di vantaggio per ottenere l’affidamento anche del lotto 2.

Infine, il gravame proposto dalla Avelco s.r.l. non potrebbe neppure essere trasformato in ricorso principale, atteso che lo stesso sarebbe ampiamente tardivo.

Ed invero, se il termine perentorio di trenta giorni per proporre ricorso incidentale, a norma del combinato disposto degli artt. 22 L. 6 dicembre 1971 n. 1034 e 37 T.U. 26 giugno 1924 n. 1054 (applicabili ratione temporis), decorre, in ragione della natura accessoria del medesimo, esclusivamente dalla scadenza del termine assegnato per il deposito del ricorso principale, perché è da quel momento che sorge l’interesse ad agire in giudizio per paralizzare la pretesa attorea, senza che, ai fini della tempestiva presentazione del detto ricorso, possa assumere alcuna rilevanza la conoscenza dell’atto, quest’ultimo elemento rappresenta, invece, il dies a quo del termine per la proposizione del ricorso ordinario (Cons. Stato, V Sez., 9 ottobre 2000 n. 5367 e VI Sez., 13 febbraio 1987 n. 43; T.A.R. Lazio, II Sez., 17 maggio 2004 n. 4575).

4. Come si è detto, non è travolto dalla pronuncia di inammissibilità il secondo motivo del ricorso incidentale, che mira all’esclusione della E. dalla gara. E poiché la gara è unica, anche se suddivisa in due lotti, il motivo in questione, ove accolto, paralizzerebbe in ogni caso il ricorso principale.

Il Collegio ritiene dunque di passare subito all’esame di tale motivo, per poi occuparsi del ricorso principale.

Ed invero, secondo un principio ormai acquisito nella giurisprudenza del giudice amministrativo (Cons.Stato, V Sez., 22 giugno 2010 n. 3888 e 1 febbraio 2010, n. 417; id., VI Sez., 29 novembre 2006 n. 6990; V Sez., 8 maggio 2002 n. 2468, 25 marzo 2002 n. 1695 e 24 novembre 1997 n. 1367; T.A.R. Lazio, II Sez., 2 dicembre 2010 n. 35031; T.A.R. Toscana, II Sez., 22 giugno 2010 n. 2025; T.A.R. Lazio, I Sez., 25 luglio 2006 n. 6372; T.A.R. Palermo, III Sez., 18 gennaio 2006 n. 132 e 17 novembre 2005 n. 1720; T.A.R. Bologna, I Sez., 24 maggio 2004 n. 800; T.A.R. Napoli, I Sez., 20 maggio 2004 n. 8865; T.A.R. Milano, III Sez., 13 aprile 2004 n. 1453; T.A.R. Basilicata 4 ottobre 2002 n. 620), nell’ipotesi in cui ad una gara pubblica abbiano partecipano due soli concorrenti, in caso di fondatezza sia del ricorso principale che di quello incidentale, in quanto entrambi rivolti ad ottenere una declaratoria di esclusione dalla gara di controparte, occorre procedere all’annullamento di tutti gli atti impugnati ed al rinnovo delle operazioni concorsuali.

Ciò in quanto il ricorrente principale vanta comunque, nell’ipotesi di riconosciuta fondatezza del gravame incidentale, un interesse, cd. strumentale, al rinnovo delle operazioni di gara; il ricorrente incidentale, dal canto suo, con l’accoglimento della propria domanda, otterrebbe comunque un risultato utile, consistente nella possibilità di partecipare al procedimento rinnovato dall’Amministrazione.

Ad avviso della A.I. la E. avrebbe dovuto essere esclusa innanzitutto per aver presentato in modo incompleto la dichiarazione prevista al punto 2 delle Condizioni di ammissibilità del Capitolato tecnico (prima censura del secondo motivo del ricorso incidentale).

La censura non è suscettibile di positiva valutazione.

Il punto 2 delle condizioni di ammissibilità del capitolato tecnico dispone che "la ditta proponente deve documentare di avere all’attivo almeno cinque referenze complete, funzionanti (installate e collaudate), di cui almeno una nella regione Lazio, pena l’esclusione, la ditta proponente deve fornire l’elenco delle installazioni effettuate riportante: denominazione A.S.L., anno di installazione, quanti clienti installati, quali componenti software, il nome del referente ed il suo telefono. Tali installazioni vanno verificate".

La necessità di documentare il possesso delle suddette referenze è ribadita all’art. 2 della lettera di invito, laddove si precisa "relativamente al sub parametro relativo alle referenze, che esse dovranno essere almeno cinque e dovranno essere comprovate con specifiche dichiarazioni da parte delle A.S.L. che attualmente dispongono ed utilizzano il software richiesto nella presente gara".

Ulteriore riprova è nella risposta della A.U.S.L. 28 gennaio 2009 n. 212 alla richiesta di chiarimenti formulata da Avelco se fosse sufficiente, "ai fini dell’ammissione alla gara", una sola referenza. La risposta è nel senso che la ditta, "a pena di esclusione", deve "documentare" di avere all’attivo almeno 5 referenze, di cui almeno una nella Regione Lazio.

Rileva il Collegio che, indubbiamente, la formulazione della disposizione dettata dal capitolato speciale non brilla per chiarezza, atteso che la locuzione "pena l’esclusione", costituisce un inciso tra due diverse proposizioni. Peraltro, la circostanza che detta sanzione è riportata al termine della prima proposizione – quella cioè che richiede che le cinque referenze siano documentate sin dal momento della presentazione della domanda, come requisito di ammissione alla procedura selettiva, e non solo dichiarate – e non dopo la dichiarazione delle installazioni effettuate, come logica e comuni regole grammaticali e sintattiche vorrebbero ove l’esclusione fosse prevista per ambedue le ipotesi, lascia ragionevolmente intendere che l’esclusione è prevista solo per la prima ipotesi, e non anche per la seconda o addirittura solo per quest’ultima, come sostiene la ricorrente incidentale.

D’altro canto l’interpretazione, che del testo in esame s’impone sotto un profilo letterale, trova anche ragionevole spiegazione nel diverso rilievo che la stazione appaltante, a conclusione di una valutazione ampiamente discrezionale, aveva ritenuto di assegnare sia nella lettera d’invito che nel capitolato tecnico all’immediata disponibilità dei documenti comprovanti il possesso delle cinque referenze, come elementi di cui disporre al fine di valutare l’idoneità tecnica della singola offerente a partecipare alla gara, e un ruolo subordinato all’elenco delle installazioni eseguite, che si riservava di "effettuare" nel corso del procedimento.

La riprova definitiva di quanto sopra è nella relazione esplicativa predisposta in data 3 giugno 2010 dal Direttore generale dell’A.U.S.L. su specifica richiesta del Ministero della salute. In essa si dà atto che il termine per la presentazione della documentazione afferente le referenze è effettivamente perentorio, ma si afferma che si è ritenuto "opportuno" superare detto principio "al fine di non aggravare l’Azienda di inutili costi", "sia per le spese immediate di una nuova procedura che per il dispendio di risorse umane", chiedendo nell’interesse pubblico "un’ulteriore documentazione amministrativa per il perfezionamento dell’iter".

Si tratta di affermazione che, rimettendo alla libera valutazione della stazione appaltante gli effetti ex lege scaturenti da un termine dichiaratamente perentorio, è di tale gravità, considerato anche che proviene dall’organo apicale della struttura sanitaria pubblica, da non richiedere ulteriori commenti.

Priva di pregio è anche la seconda censura, dedotta sempre con il secondo motivo del ricorso incidentale.

E’ infatti irrilevante che la dichiarazione del legale rappresentante delle A.S.L. attestante l’esecuzione di forniture di software analoghi sia stata resa dalle Aziende Sanitàrie Locali sulla carta intestata della E. s.p.a. e in calce alla richiesta di certificazione, se non è stata disconosciuta – e non lo è stato – la firma del sottoscrittore, che ne garantisce la provenienza.

L’unico motivo del ricorso incidentale, che resiste al profilo di inammissibilità, deve dunque essere respinto. La reiezione travolge anche l’istanza risarcitoria.

5. Occorre ora passare all’esame del ricorso principale.

Con il primo motivo la società E. afferma che l’aggiudicataria avrebbe dovuto essere esclusa per non aver allegato alla dichiarazione del 22 gennaio 2009 tutte e cinque le certificazioni della A.S.L. che documentavano l’avere in attivo almeno cinque referenze complete.

Le argomentazioni addotte dal Collegio sub 4 per respingere il secondo motivo del ricorso incidentale portano all’accoglimento del primo motivo del ricorso principale. Risulta infatti incontestato, in punto di fatto, che unitamente alla domanda di partecipazione erano state presentate solo 3 referenze (Latina, Lodi e Pavia) in luogo delle cinque richieste a pena di esclusione dalla lex specialis di gara.

Peraltro, proprio la previsione che la dimostrazione del possesso delle cinque referenze era a pena di esclusione comporta l’impossibilità di ricorrere all’integrazione ex art. 46 D.L.vo 12 aprile 2006 n. 163.

La giurisprudenza consolidata del giudice amministrativo è nel senso che, ai sensi dell’art. 46 D.L.vo 12 aprile 2006 n. 163, la regolarizzazione documentale può essere consentita solo quando i vizi sono puramente formali o chiaramente imputabili ad errore solo materiale, e sempre che riguardino dichiarazioni o documenti non richiesti a pena di esclusione, non essendo, in quest’ultima ipotesi, consentita la sanatoria o l’integrazione postuma, che si tradurrebbe in una violazione dei termini massimi di presentazione dell’offerta e, in definitiva, in una violazione della par condicio. Sanatorie documentali sono dunque possibili con la possibilità d’integrare successivamente la documentazione prodotta con la domanda di partecipazione alla gara o, comunque, con l’offerta, nel rispetto di un duplice limite: la regolarizzazione deve riferirsi a carenze (e, quindi, non ad "assenze") puramente formali od imputabili ad errori solo materiali; non può mai riguardare produzioni documentali che abbiano violato prescrizioni del bando o della lettera di invito sanzionate con una comminatoria di esclusione (Cons. Stato, V Sez., 9 novembre 2010 n. 7963; id. 14 settembre 2010 n. 6687; id. 2 agosto 2010 n. 5084).

La stazione appaltante non avrebbe, dunque, potuto chiedere di produrre una dichiarazione che avrebbe dovuto essere esibita, a pena di esclusione, ab origine, unitamente alla restante documentazione.

Né si potrebbe ritenere che, essendo state presentate tre su cinque referenze, la stazione appaltante avrebbe consentito un’integrazione e non una nuova produzione. Si tratta, infatti, di referenze che, provenendo da soggetti diversi, mantengono la loro individualità, sicchè l’integrazione sarebbe giustificabile con riferimento a carenze riscontrate in alcune di esse, e non alla loro mancanza.

Il primo motivo deve dunque essere accolto, con la conseguenza che la A.I. s.r.l. avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara.

6. Il Collegio ritiene di non procedere all’esame degli ulteriori motivi atteso che gli stessi richiederebbero una complessa attività istruttoria volta ad acquisire conoscenze di carattere prettamente tecnicoinformatico.

Ritiene di dover soprassedere anche dall’esame dell’ultimo motivo relativo alla nomina della Commissione. L’accoglimento di tale motivo avrebbe un effetto annullatorio dell’intera gara e, dunque, un risultato di certo meno favorevole per la ricorrente di quello raggiunto con l’accoglimento del primo motivo, che porta invece alla declaratoria di illegittimità dell’aggiudicazione in favore della contriointeressata del lotto 1.

7. Dalla documentazione versata in atti risulta che la fornitura oggetto dell’appalto è in avanzato stato di esecuzione, con la conseguenza che il Collegio ritiene di non poter dichiarare l’inefficacia del contratto e di riconoscere invece alla ricorrente il risarcimento del danno.

Tale possibilità è data dall’art. 122 c.p.a. (Cons. Stato, sez. V, 4 marzo 2011 n. 1385). Ed infatti, sin dopo l’entrata in vigore delle disposizioni attuative della direttiva comunitaria 2007/66/CE (D.L.vo 30 marzo 2010 n. 53), ora trasfuse negli artt. 121 e 122 del Codice del processo amministrativo, nel caso di annullamento giudiziale dell’aggiudicazione di una pubblica gara spetta al giudice amministrativo il potere di decidere discrezionalmente (anche nei casi di violazioni gravi) se mantenere o non l’efficacia del contratto nel frattempo stipulato; il che significa che l’inefficacia non è conseguenza automatica dell’annullamento dell’aggiudicazione, il quale determina solo il sorgere del potere in capo al giudice di valutare se il contratto debba o meno continuare a produrre effetti (Tar Toscana, sez. I, 27 gennaio 2011 n. 154).

Il Collegio ritiene che la mancata declaratoria di inefficacia del contratto lo esoneri dal dichiarare l’annullamento dell’aggiudicazione, di cui è stata accertata l’illegittimità. L’annullamento dell’atto illegittimo ha una sua ratio nella necessità di eliminare dal mondo giuridico il provvedimento lesivo per il ricorrente e far venir meno la fonte degli effetti sfavorevoli alla sua sfera giuridica. Ma nel caso in cui, a seguito della valutazione di opportunità ex art. 122 c.p.a., questo giudice ha ritenuto che la ricorrente non possa comunque subentrare nel contratto, non ha alcuna utilità eliminare la fonte pubblicistica sulla quale tale rapporto privatistico si regge.

Del resto, seppure con precipuo riferimento alle infrastrutture strategiche, il codice del processo amministrativo ha espressamente previsto (art. 125, terzo comma) che se è riconosciuto il risarcimento per equivalente si applica l’art. 34, terzo comma, dello stesso c.p.a., che prevede appunto che "quando, nel corso del giudizio, l’annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l’illegittimità dell’atto se sussiste l’interesse ai fini risarcitori", senza dunque annullare l’atto illegittimo.

8. Il risarcimento, che spetta alla ricorrente ai sensi dell’art. 124, primo comma, c.p.a., va commisurato al 10% dell’importo a base d’asta, decurtato del ribasso da essa offerto (Cons. Stato, sez. VI, 24 settembre 2010 n. 7132; id., sez. V, 6 aprile 2009 n. 2143); la somma così calcolata, costituendo oggetto di debito di valore, va incrementata con la rivalutazione monetaria dal giorno in cui è stato stipulato il contratto con l’impresa illegittima aggiudicataria, sino alla pubblicazione della presente sentenza (a decorrere da tale momento, in conseguenza della liquidazione giudiziale, il debito di valore si trasforma infatti in debito di valuta); spettano, inoltre, gli interessi nella misura legale dalla data di pubblicazione della sentenza di condanna fino al soddisfo effettivo.

Per le ragioni che precedono il ricorso principale deve essere accolto, con conseguente condanna della stazione appaltante al risarcimento dei danni.

La concessione dell’errore scusabile nella proposizione del ricorso straordinario giustifica la compensazione delle spese e degli onorari del giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto: a) in parte dichiara inammissibile ed in parte respinge il ricorso incidentale; b) accoglie il ricorso principale e condanna la A.S.L. RM F al risarcimento dei danni a favore della ricorrente nei sensi indicati nella parte motiva.

Compensa, tra le parti in causa, le spese e gli onorari del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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