Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 27-01-2011) 06-04-2011, n. 13727 Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

C.A. propone ricorso per cassazione avverso l’ordinanza in epigrafe con la quale il tribunale di Roma confermava il decreto di sequestro preventivo disposto dal gip del tribunale della medesima città nei suoi confronti. Il ricorrente, indagato di partecipazione ad associazione per delinquere, aggravata ai sensi della L. n. 146 del 2006, art. 4, per avere quale responsabile del settore Carrier Sales Italy di TIS Spa curato i profili commerciali precontrattuali dell’affare traffico telefonico e per avere concorso nel reato di dichiarazione fraudolenta relativa agli anni 2005 e 2006 mediante l’utilizzo di fatture relative ad operazioni inesistenti emesse dalla I – Globe, prima, e Planetarium, dopo, nei confronti della TIS, deduce in questa sede:

1) mancanza e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza di gravi indizi di colpevolezza. Si duole al riguardo che il tribunale nel provvedimento impugnato ha rinviato per quanto concerne gli indizi di colpevolezza al contenuto dell’ordinanza in precedenza emessa in sede di riesame in relazione alla misura cautelare personale. Ritiene il ricorrente che in questo modo il tribunale abbia tuttavia finito per fondare la propria decisione su argomentazioni che evidenziano molteplici vizi di motivazione in quanto, partendo da premesse inesatte, era giunto a conclusioni incongruenti con particolare riferimento a elementi specificamente indicati in memoria difensiva. Al riguardo si elencano una serie di mancanze tra le quali il non avere considerato che il servizio prestato dalla società era realmente esistente; che non vi era quindi fittizietà dei rapporti sottostanti; che il ruolo rivestito nella società dal ricorrente era di quadro e non di dirigente – e che dunque non poteva essere al corrente dell’attività illecita contestata – che non erano state correttamente utlizzate le dichiarazioni del Ca. e di altri testimoni e che in ogni caso vi era assoluta buona fede come comprovato dalla richiesta di parere pro veritate formulata al settore legale interno e a consulenti esterni.

2) mancanza contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dei requisiti normativi per il sequestro preventivo. Al riguardo si rileva che il tribunale non ha affrontato le questioni giuridiche sottoposte al suo esame e cioè:

a) l’assenza di alcun ontologico collegamento tra i beni sottoposti a sequestro e le motivazioni addotte a sostegno dei gravi indizi di reità;

b) la mancanza di profitto in capo all’indagato estraneo alle ipotesi di reato formulate;

c) l’eccedenza del sequestro rispetto al profitto realizzato.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.

In ordine al primo motivo va rilevato anzitutto che il tribunale del riesame, per quanto concerne il quadro indiziario, richiama il precedente suo pronunciamento relativo alla richiesta di riesame della misura cautelare personale.

Questo provvedimento risulta avere già formato oggetto di esame da parte della Corte che in data 21 giugno 2010 ne ha disposto l’annullamento con rinvio limitatamente alle esigenze di natura cautelare.

Appare pertanto sicuramente corretto il richiamo alle motivazioni di quel provvedimento in quanto lo stesso, per effetto del pronunciamento di questa Corte in data 25 giugno 2010, è diventato definitivo in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. Pertanto, il giudizio sul quadro indiziario può essere rivisto solo in presenza di nuovi elementi; ipotesi questa che non ricorre nella specie essendosi il ricorrente limitato a censurare le motivazioni di quel provvedimento sul rilievo che nell’occasione i giudici del riesame non avrebbero tenuto conto correttamente delle doglianze in quella occasione formulate.

Devono ritenersi così assorbite anche le ulteriori doglianze concernenti l’estraneità ai fatti da parte dell’imputato oggetto del secondo motivo.

Quanto ai rimanenti rilievi oggetto del secondo motivo si rileva quanto segue.

E’ pacifico anzitutto che nella, specie è stato disposto il sequestro per equivalente e non L. n. 356 del 1992, ex art. 12 sexies il che esclude la rilevanza delle questioni relative al requisito della sproporzione dei redditi in capo all’indagato. Ugualmente irrilevante e il collegamento tra i beni sequestro dell’attività illecita contestata trattandosi di sequestro per equivalente.

Quanto all’asserita mancanza di prova sul profitto personale per l’indagato, il tribunale del riesame ha in realtà correttamente richiamato il punto di approdo della giurisprudenza di legittimità segnato dal pronunciamento delle Sezioni Unite con la sentenza n. 26654 del 27/03/2008 (Rv. 239926) in cui si è affermato che nel caso di illecito plurisoggettivo deve applicarsi il principio solidaristico che implica l’imputazione dell’intera azione e dell’effetto conseguente in capo a ciascun concorrente e pertanto, una volta perduta l’individualità storica del profitto illecito, la sua confisca e il sequestro preventivo ad essa finalizzato possono interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l’intera entità del profitto accertato, ma l’espropriazione non può essere duplicata o comunque eccedere nel "quantum" l’ammontare complessivo dello stesso.

A tale orientamento – che il Collegio condivide – risultano essersi uniformate anche, successive pronunce della Corte, per cui sono infondate le censure sui punti relativi.

L’opportunità di mantenere il sequestro sui beni del ricorrente nella misura disposta non è sindacabile in questa sede concretizzando valutazione di merito.

Al rigetto del ricorso consegue per il ricorrente l’onere del pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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