Cass. civ. Sez. V, Sent., 07-07-2010, n. 16056 IMPOSTA VALORE AGGIUNTO

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

A seguito di verifica fiscale operata dalla Guardia di finanza di Frosinone presso la società Mobili Spaziani di Spaziani Marco & C. snc, esercente il commercio di mobili, elettrodomestici ed attività di falegnameria, e sulla base del relativo p.v.c, l’Ufficio I.V.A. di quella città recuperava a tassazione per l’anno 1995 una maggiore imposta per un importo pari a L. 707.203.000, comprensivo di interessi e sanzioni a seguito di rilevazione di omessa fatturazione e registrazione di operazioni attive ed omessa regolarizzazione di acquisti senza fattura, nonchè di versamenti e prelevamenti non contabilizzati evidenziati da movimentazioni su tre conti correnti bancari della società, movimenti dei quali, depurati da quelli giustificati, non si era trovato riscontro nella contabilità aziendale, nè il contribuente aveva fornito alcuna idonea spiegazione.

Avverso l’avviso di rettifica la società proponeva ricorso innanzi alla C.T.P. di Frosinone, deducendo l’illegittimità della ritenuta mancata contabilizzazione, senza che l’A.F. ne avesse fornito la relativa prova.

Resisteva l’Ufficio, sostenendo che i movimenti bancari in entrata ed in uscita non corrispondevano alle operazioni di vendita e di acquisto registrate e fatturate e che la società, come sarebbe stato suo onere D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 51 non aveva dimostrato che quelle operazioni erano state inserite in dichiarazione o si riferivano ad operazioni non imponibili.

La C.T.P. accoglieva sul punto il ricorso e, pur ammettendo l’irregolarità della contabilità, riteneva che le movimentazioni bancarie costituivano solo indizi presuntivi per i quali doveva essere cura dell’Ente impositore accertare se sussistevano concreti elementi dai quali trarre indicazioni certe o tali da poter dar luogo a presunzioni gravi, precise e concordanti.

Impugnava l’Ufficio sostenendo la legittimità della rettifica, dato che i movimenti bancari erano stati depurati da tutte le operazioni non riferibili all’attività aziendale e che la contribuente non aveva dimostrato il collegamento dei versamenti con vendite fatturate e i prelievi con acquisti registrati.

La C.T.R. del Lazio accoglieva parzialmente l’appello dell’ufficio, affermando che l’unica I.V.A. da addebitare alla società fosse quella corrispondente alle partite attive.

Avverso detta decisione la società Mobili Spaziani di Spaziani Marco & C. snc propone ricorso per cassazione articolato in due motivi, integrati da memoria. Il Ministero dell’economia e delle finanze e l’Agenzia delle entrate resistono con controricorso e ricorso incidentale basato su un unico motivo.

Motivi della decisione

Con il primo e secondo motivo del ricorso principale la società deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51 e art. 53 Cost., nonchè omessa o contraddittoria motivazione, per non avere la C.T.R. considerato che la rettifica era stata fondata sul mero calcolo dei movimenti bancari senza che l’A.F. avesse acquisito altri riscontri in violazione delle norme indicate in rubrica che non prevedono una presunzione legale della trasformazione in ricavi di tutte le movimentazioni bancarie, limitandosi solo a prevedere che i dati bancari sono posti a base degli accertamenti e delle rettifiche con l’operatività dei principi generali dell’onere della prova.

Si lamenta, inoltre, il fatto che la C.T.R. non abbia ritenuto tassabile solo il differenziale tra le operazioni attive, palesate con i versamenti, ed i costi rilevati dai prelevamenti.

L’A.F, oltre a contrastare quanto dedotto da parte ricorrente, con l’unica censura del ricorso incidentale lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 41, 51 e 54, artt. 2697, 2727 e 2729 c.c. nonchè omessa o insufficiente motivazione in quanto la C.T.R. avrebbe dovuto non solo considerare i versamenti (operazioni attive)provenienti da vendite non fatturate e non dichiarate, ma allo stesso modo avrebbe dovuto ritenere che anche i prelievi rivelavano acquisti senza fattura non regolarizzati con evasione della relativa imposta. Infatti, chiarisce il ricorrente, nella specie, non si verte in ipotesi di imposta sul reddito per cui i ricavi vanno depurati dai costi, ma di I.V.A. per la quale non si deve ricostruire il reddito complessivo, ma l’insieme delle operazioni di cessioni di beni o prestazioni di servizi cui contrapporre l’insieme delle operazioni di acquisto inerenti l’impresa. Per questo il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51 consente di imputare complessivamente tutti i movimenti bancari non giustificati ad operazioni rilevanti ai fini dell’applicazione dell’imposta.

Occorre, in via pregiudiziale, riunire il ricorso n. 19051 del 2005 a quello n. 13960 del 2005, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., essendo stati proposti avverso la stessa sentenza.

E’ necessario, inoltre, preliminarmente dichiarare l’inammissibilità del ricorso incidentale proposto dal Ministero dell’economia e delle finanze in quanto lo stesso nel presente procedimento è privo di legittimazione processuale, non essendo stato nè intimato, nè parte nel giudizio di appello dal quale deve intendersi tacitamente estromesso (cass. civ sentt. nn. 9004/2007, 22889/2006), come è dato rilevare anche dall’epigrafe della sentenza impugnata, ove il gravame risulta proposto dall’Agenzia delle entrate, Ufficio di Frosinone, in data 15.5.2003.

A seguito della riforma dell’Amministrazione finanziaria ai sensi del D.Lgs. n. 300 del 1999, sono state istituite le Agenzie fiscali e, pertanto, a partire dal 1 gennaio 2001 (data d’inizio dell’operatività di detti enti), la legittimazione processuale attiva e passiva nel contenzioso tributario compete a dette istituzioni, dotate di personalità giuridica, e non più al Ministero od agli uffici periferici dello stesso non più esistenti a seguito dell’intervenuta riforma.

Si compensano le relative spese, dato che la costituzione del Ministero non ha aggravato la difesa erariale e che la giurisprudenza citata si è tonnata in epoca prossima all’introduzione del presente ricorso.

Il ricorso principale è infondato, i due motivi prospettati possono essere esaminati congiuntamente, stante la loro intima connessione logico – giuridica.

Parte ricorrente erroneamente si duole del fatto che la C.T.R. abbia considerato legittima la rettifica fondata sul mero calcolo dei movimenti bancari senza che l’A.F. avesse acquisito altri riscontri in violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51 e art. 53 Cost., che non prevederebbero come presunzione legale la trasformazione in ricavi di tutte le movimentazioni attive sui conti correnti bancari, non giustificate dal contribuente.

Per confutare la tesi della C.T.R. basta ricordare che questa Corte ha più volte ritenuto che "nella prova per presunzioni, la relazione tra il fatto noto e quello ignoto non deve avere carattere di necessità, essendo sufficiente che l’esistenza del fatto da dimostrare derivi come conseguenza del fatto noto alla stregua di canoni di ragionevole probabilità".

Nella fattispecie, si verte in ipotesi di accertamento induttivo, pienamente legittimo e giustificato, ben potendo l’Amministrazione procedervi utilizzando anche soltanto i dati emergenti dai movimenti dei conti correnti bancari (v., ex multis, cass. civ. sentt. nn. 22853 del 2006, 1739 e 13818 del 2007). Incombeva, pertanto, sulla contribuente e non sull’Ufficio l’onere di dimostrare quali operazioni non fossero espressione di attività imponibile; onere che la società non ha assolto, atteso che non risulta che sia stata data una plausibile giustificazione sulla movimentazione bancaria dei conti correnti della stessa, dei rappresentanti legali e dei familiari conviventi compresi quelli privi di autonomo reddito.

Considerata la disposizione di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, si deve ritenere, dunque, che la prova in parola deve essere specifica e riguardare analiticamente i singoli movimenti bancari, dimostrando che ciascuna delle operazioni effettuate fosse estranea a fatti imponibili.

Peraltro, è principio di diritto consolidato della giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui:" In tema di accertamento dell’IVA, l’invito al contribuente, previsto dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, comma 2, n. 2, a fornire dati, notizie e chiarimenti in ordine alle operazioni annotate nei conti bancari, costituisce per l’ufficio finanziario una mera facoltà, da esercitarsi in piena discrezionalità, e non un obbligo. Dal mancato esercizio di tale facoltà non deriva quindi alcuna illegittimità della rettifica operata in base ai relativi accertamenti, nè scade a presunzione semplice la presunzione legale posta dalla norma, che consente di riferire i movimenti bancari all’attività svolta dal contribuente, gravando su quest’ultimo l’onere di fornire la prova contraria. Ciò non compromette affatto, tuttavia, il diritto di difesa del contribuente, potendo esso far valere le sue ragioni in sede contenziosa a norma del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 32 depositando documenti e memorie fino alla data di trattazione del ricorso in primo grado" (cfr. ex multis, cass. civ. sentt. nn. 9946 del 2000 e 8422 del 2002); ed ancora: "In tema di accertamento dell’I.V.A., la presunzione, stabilita dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, comma 2, n. 2, secondo la quale i singoli dati ed elementi risultanti dai conti bancari sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dal successivo art. 54, se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto nelle dichiarazioni o che non si riferiscono ad operazioni imponibili, ha un contenuto complesso, consentendo di riferire i movimenti bancari all’attività svolta in regime I.V.A., e di qualificare gli accrediti come ricavi e gli addebiti come corrispettivi degli acquisti; essa può essere vinta dal contribuente che offra la prova liberatoria che dei movimenti egli ha tenuto conto nelle dichiarazioni, o che questi non si riferiscono ad operazioni imponibili" ed, inoltre,: "In tema di accertamento dell’I.V.A., la presunzione, stabilita dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, comma 2, n. 2, secondo la quale i singoli dati ed elementi risultanti dai conti bancari sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dal successivo art. 54, se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto nelle dichiarazioni o che non si riferiscono ad operazioni imponibili, ha un contenuto complesso, consentendo di riferire i movimenti bancari all’attività svolta in regime I.V.A., eventualmente dalla persona fisica, e di qualificare gli accrediti come ricavi e gli addebiti come corrispettivi degli acquisti; essa può essere vinta dal contribuente che offra la prova liberatoria che dei movimenti egli ha tenuto conto nelle dichiarazioni, o che questi non si riferiscono ad operazioni imponibili"(cfr. cass. civ. sentt. nn. 3929 del 2002, 2435, 8457 del 2001, 9946 del 2000, n. 18421, 26692 e 28324 del 2005).

In applicazione di questi principi deve essere accolto il ricorso incidentale dell’Agenzia delle entrate che legittimamente aveva lamentato che la C.T.R. avesse escluso dal computo eseguito dai verificatori le partite passive (prelevamenti), trascurando il fatto che nella presente controversia si verteva in materia di I.V.A. e non di imposte sul reddito per cui i prelevamenti dovevano essere ritenuti non costi ma relativi ad operazioni di acquisto, eseguite senza fatturazione in evasione quindi dell’I.V.A..

Tutto ciò premesso, dichiarata assorbita ogni altra censura, il ricorso principale deve essere respinto, mentre va accolto l’incidentale e, cassata la sentenza impugnata che ha fatto riferimento ad una regola iuris diversa, la causa va rimessa per un nuovo esame, da eseguirsi alla luce dei principi di diritto sopra espressi, ad altra sezione della C.T.R. del Lazio che provvederà anche al governo delle spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

LA CORTE Riuniti i ricorsi, respinge il ricorso principale della società.

Dichiara inammissibile il ricorso incidentale del Ministero dell’economia e delle finanze, compensando le relative spese.

Accoglie il ricorso incidentale dell’Agenzia delle entrate, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della C.T.R. del Lazio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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