Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 15-12-2010) 06-04-2011, n. 13717

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del Tribunale di Cremona del 9 luglio 2009, R. M., imputato, unitamente a C.G. (non ricorrente) e B.G. (poi assolto) del reato di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51 (attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi senza la prescritta autorizzazione) (fatto commesso in (OMISSIS)) veniva ritenuto colpevole del detto reato e – previa riqualificazione della condotta nel reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1, lett. a) – condannato alla pena, interamente condonata, di Euro 6.000,00 di ammenda oltre spese.

Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato deducendo in via preliminare l’intervenuta estinzione del reato per prescrizione disciplinata dalla previgente normativa di cui all’art. 157 c.p. ante L. n. 205 del 2005.

Ha poi dedotto erronea applicazione della legge penale in quanto la condotta posta in essere non integrerebbe il fatto così come contestato (vale a dire smaltimento di rifiuti), ma il deposito mediante reinterro di terre e rocce da scavo assoggettate allo speciale regime previsto dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 185 utilizzabile secondo le speciali procedure previste dal medesimo articolo e nel caso in esame scrupolosamente osservate.

Ha ancora lamentato la violazione della legge processuale penale ( art. 507 c.p.p.) in relazione alla mancata assunzione di prova decisiva da parte del Tribunale.

Ha, infine, dedotto la contraddittorietà ed illogicità della motivazione nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto l’avvenuto smaltimento di rifiuti in realtà smentito – o comunque non chiaro – dalla documentazione fotografica e dalle prove dichiarative in atti.

Tutti i motivi di ricorso sono manifestamente infondati con conseguente pronuncia di inammissibilità del ricorso.

All’imputato è stato fatto carico in concorso con B. G. nella qualità di procuratore legale della ditta FINECO LEASING proprietaria del terreno e con C.G., nelle rispettive qualità di esecutori materiali, di avere effettuato uno smaltimento di rifiuti non pericolosi costituiti da materiale inerte depositandoli in area contraddistinta dai mappali 428-430 fg. 12 NCT del Comune di San Giovanni in Croce, in carenza della prevista autorizzazione.

Ritiene la Corte di dover prioritariamente esaminare i motivi di ricorso che, in relazione al loro contenuto (motivo sub 4) implicano una valutazione sul fatto preclusa in sede di legittimità, posto che mirano ad una c.d. ricostruzione alternativa della vicenda oggetto del giudizio basata su una diversa lettura di reperti fotografici e di testimonianze rese in merito alle condotte poste in essere dagli imputati.

Quanto al motivo sub 3) consistente nella mancata assunzione di una prova decisiva (il riferimento è alla mancata assunzione del teste V.L. il quale avrebbe potuto chiarire qualità e quantità del materiale trasportato) oltre a rilevare dal contenuto della sentenza che le generalità del teste sono rimaste nell’ombra (in sentenza si parla di lavori commissionati da un tale V.), va ricordato che detta censura può essere dedotta in sede di legittimità solo in relazione ai mezzi di prova di cui sia stata chiesta l’ammissione a norma dell’art. 495 c.p.p., comma 2, con la conseguenza che il relativo motivo di ricorso non potrà essere invocato nel caso in cui – come nella specie – il mezzo di prova sia stato sollecitato dalla parte attraverso l’invito rivolto al giudice ad avvalersi dei poteri integrativi previsti dall’art. 507 c.p.p. che il giudice ha ritenuto poi di non esercitare in relazione alla ritenuta non necessità della c.d. "prova integrativa" (Cass. Sez. 6 5.8.2003 n. 33105 rv. 226534).

Quanto, poi, al motivo sub 2 (afferente ad una diversa condotta, consistita, a detta del ricorrente, nel trasporto di terre e rocce da scavo escluse dal novero dei rifiuti e qualificabili – secondo le indicazioni difensive – come sottoprodotti da utilizzare per reinterri riempimenti o rimodellazioni in costanza di determinate condizioni, si tratta di motivo che proprio sulla base di quanto argomentato nella sentenza impugnata, si profila anch’esso all’evidenza infondato.

Si legge in sentenza a pag. 1 che il materiale manovrato dalla macchina operatrice per il livellamento del terreno era costituito – sulla base delle fotografie in atti (fotografie che figurano inserite all’interno della stessa sentenza formandone parte integrante in quanto riportate a stampa a colori) – era costituito da materiale vario disposto in cumuli e composto da detriti di varia natura provenienti da demolizioni in prevalenza calcinacci anche di notevoli dimensioni e parti di cemento.

Perchè possa parlarsi di terre e rocce da scavo assoggettate a speciale regime derogatorio dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 186), deve trattarsi di materiale naturale estratto dal terreno o costituito da roccia naturale, mentre è evidente che materiale di altra natura (come quello proveniente da demolizione) in quanto avente per oggetto un manufatto costituito dall’uomo – e dunque non naturale – va ricompresso nell’ambito dei rifiuti per la cui gestione occorre una specifica autorizzazione nella specie mai posseduta (Cass. Sez. 3, 12.6.2008 n. 37280).

Nel caso in esame il Tribunale ha correttamente ritenuto che si trattasse di materiale di natura del tutto diversa dalle terre e/o rocce da scavo: ciò argomentando sulla base di quanto dimostrato in modo inequivocabile dalle fotografie di cui sopra, sicchè è palese l’infondatezza del motivo.

Stante la manifesta infondatezza dei motivi sub 2), 3) e 4) non può trovare ingresso nemmeno il motivo sub 1) proposto dal ricorrente in via preliminare e riguardante l’estinzione del reato per decorso del tempo.

Premesso che la prescrizione contemplata dall’art. 157 c.p. ante- riforma, prevede la maturazione del termine per i reati di natura contravvenzionale punibili con pena alternativa (o congiunta) detentiva e pecuniaria e dato atto che il termine in parola – nel caso di specie – sarebbe maturato il 25 febbraio 2010, vale a dire dopo la pronuncia della sentenza impugnata, la manifesta infondatezza degli altri motivi di ricorso preclude la possibilità di dichiarare il reato estinto per prescrizione, prevalendo la declaratoria di inammissibilità su quella di estinzione del reato per prescrizione maturata dopo la sentenza impugnata (v. da ultimo Cass. S.U. 21.12.2000 n. 32).

Alla pronuncia di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma – equitativamente calcolata in Euro 1.000,00 – non potendosi escludere che il ricorrente non sia versato in colpa nel dare causa alla inammissibilità.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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