T.A.R. Piemonte Torino Sez. II, Sent., 31-03-2011, n. 308 Bellezze naturali e tutela paesaggistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Regione Piemonte, con d.G.R. n. 6533649 del 12 aprile 1984, ha rilasciato in favore della società I. s.p.a. autorizzazione provvisoria alla gestione di discarica ed allo smaltimento dei rifiuti industriali presso una cava in località Codana (Comune di Montiglio Monferrato), ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. n. 915 del 1982 (recante "Attuazione delle direttive (CEE) numero 75/442 relativa ai rifiuti, n. 76/403 relativa allo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili e numero 78/319 relativa ai rifiuti tossici e nocivi").

A fronte di rilevati pericoli di inquinamento, segnalati alla Regione dalla Provincia di Asti e derivanti, in particolare, dalla diffusione nelle acque sotterranee di percolati provenienti dalla discarica, l’autorizzazione provvisoria è stata dapprima oggetto di un provvedimento di sospensione adottato, fino al 31 dicembre 1985, con d.G.R. n. 2061707 del 26 novembre 1985. Successivamente la Provincia di Asti (con d.G.P. n. 2069 del 16 dicembre 1987) ha disposto, in via definitiva, il diniego di ripresa dell’attività di discarica e di smaltimento dei rifiuti (diniego, peraltro, inoltrato alla società I. s.r.l. "già I. S.p.A.") intimando, allo stesso tempo, di provvedere all’allontanamento di tutte le acque convergenti nella cava. Sono poi seguiti, nel tempo, altri provvedimenti di diffida (in data 6 dicembre 1993 e 23 febbraio 1994), inoltrati dalla Provincia alla società I., al fine di "non aggravare eventuali situazioni inquinanti".

Da ultimo, richiamate tutte le vicende qui sommariamente riassunte, la Provincia di Asti ha stabilito, con determinazione dirigenziale n. 4033 del 31 maggio 2006, sia di ribadire le prescrizioni già adottate con la citata d.G.R. del 1984 (riguardanti, in particolare, le modalità di accesso alla zona di deposito, la stabilità delle pareti delle camere di deposito dei rifiuti e l’individuazione della responsabilità, "per ogni evento dannoso che si dovesse eventualmente produrre", in capo al soggetto autorizzato), sia di introdurre alcune "modificazioni" (riguardanti, in particolare, le modalità di controllo sulle acque e la raccolta e l’evacuazione delle acque di percolazione).

Con successiva determinazione dirigenziale n. 4846, del 6 luglio 2006, la Provincia di Asti ha provveduto ad adottare un’errata corrige della precedente determinazione.

Entrambi questi ultimi provvedimenti sono stati indirizzati alla ditta I. s.r.l. Si legge, in particolare, nella prima delle due determinazioni che, già con nota del 16 aprile 1986, la I. s.r.l. aveva chiesto alla Provincia "che l’autorizzazione allo smaltimento dei fanghi, già intestata alla I. S.p.A., venga volturata alla I. S.r.l.", con conseguente "presa d’atto", da parte della Provincia di Asti (con nota n. 13427 del 22 settembre 1986), "della intercorsa modifica alla denominazione sociale da ditta I. S.p.A. con sede legale in Torino, via G. Verdi n. 23, a ditta I. S.r.l., con sede in Asti, via P. Micca n. 8".

2. Con l’atto introduttivo del presente giudizio la società I. s.r.l. ha impugnato entrambe le determinazioni provinciali, chiedendone l’annullamento previa sospensione cautelare.

I motivi di gravame sollevati possono così essere sintetizzati:

a) violazione dell’art. 2504bis c.c. (nonché dell’iniziale autorizzazione regionale e della successiva d.G.R. n. 2061707 del 26 novembre 1985), per erronea individuazione della società I. s.r.l. quale destinataria degli atti. Riferisce, infatti, la ricorrente che la società I. s.p.a. "è cessata in data 2 ottobre 1989 a seguito di fusione per incorporazione nella società per azioni VIC Italiana, a sua volta incorporata in B.I. S.p.a. in data 13 dicembre 1994". Il corretto destinatario delle prescrizioni integrative alla d.G.R. n. 6533649 del 12 aprile 1984, pertanto, avrebbe dovuto essere la società B.I.;

b) difetto di motivazione, posto che le delibere impugnate "non motivano in merito alle ragioni giuridiche che hanno indotto l’Amministrazione a rivolgere prescrizioni integrative a soggetto diverso dal titolare dell’autorizzazione all’esercizio della discarica";

c) eccesso di potere per travisamento dei fatti e carenza di istruttoria, posto che dagli atti istruttori richiamati nella determinazione n. 4033 emergerebbe, contrariamente da quanto sostenuto dalla Provincia, l’inesistenza dell’inquinamento;

d) violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990, per mancata comunicazione di avvio del procedimento alla società I. s.r.l.

3. Si è costituita in giudizio la Provincia di Asti, in persona del dirigente del Servizio Ambiente, depositando documenti ed insistendo per il rigetto del ricorso.

In particolare, la Provincia – dopo aver "ricostruito" la "storia ultraventennale" che ha caratterizzato la vicenda della cava Codana – ha evidenziato che, sin dal 1985, la società I. "è subentrata nella gestione dei rifiuti industriali stoccati nella Cava di Codana", assumendosi "direttamente la responsabilità per l’accesso e la circolazione nel sotterraneo della cava".

In diritto, l’amministrazione ha controdedotto rispetto a tutti i motivi di gravame.

4. Si è costituita in giudizio la controinteressata B.I. s.p.a., in persona dell’amministratore delegato pro tempore, argomentando anch’essa, con successiva memoria, l’infondatezza dell’avversario ricorso.

5. Con ordinanza n. 513 del 2006 questo TAR ha respinto la domanda cautelare, non ritenendo sussistente il requisito del periculum in mora.

6. Con motivi aggiunti depositati il 5 maggio 2007 la ricorrente ha impugnato anche la determinazione dirigenziale n. 904 del 1° febbraio 2007, con la quale la Provincia di Asti ha sostituito alcune delle prescrizioni di cui alla delibera n. 4033 del 2006 con altre, frutto di un accordo siglato tra le parti in data 12 dicembre 2006.

I motivi di gravame, del tutto analoghi a quelli già introdotti con l’atto principale, si limitano a ribadire l’erroneità della notificazione dell’atto alla società I. (anziché alla B.I.) ed il difetto di motivazione in ordine all’individuazione della I. come destinataria dell’atto.

7. Successivamente, tutte le parti hanno depositato memorie difensive, ribadendo ciascuna le proprie argomentazioni.

In particolare la società ricorrente, nella memoria depositata l’11 febbraio 2011, ha evidenziato che, in base alla vigente normativa in materia ambientale ( d.lgs. n. 152 del 2006), l’obbligo di adottare le misure idonee a fronteggiare una situazione di inquinamento "è a carico unicamente di colui che di tale situazione sia responsabile, per avervi dato causa a titolo di dolo o di colpa". Nella vicenda per cui è causa, quindi, l’amministrazione – nel basarsi unicamente sul "criterio dominicale" ai fini dell’individuazione del soggetto tenuto ad intervenire, senza procedere ad alcuna verifica della "sussistenza, in capo a B.I. S.p.a. (…) del requisito della responsabilità colpevole" – avrebbe commesso l’illegittimità censurata nell’atto introduttivo. Viene anche richiamato, a sostegno, un recente pronunciamento di questa Sezione, la sent. n. 4593 del 2010, con la quale è stato accolto un ricorso presentato dalla stessa società I..

Su quest’ultimo punto, la Provincia di Asti ha replicato con memoria depositata il 23 febbraio 2011.

8. Alla pubblica udienza del 16 marzo 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

1. La società ricorrente I. s.r.l., proprietaria di una cava dove è stata gestita una discarica di rifiuti industriali, ha impugnato la determinazione con la quale la Provincia di Asti – a fronte di un rilevato pericolo di inquinamento delle acque sotterranee, derivante dalla discarica – ha sia confermato sia introdotto alcune disposizioni integrative a quelle a suo tempo previste nell’atto di autorizzazione provvisoria (già rilasciata, nel 1984, alla società I. s.p.a., ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. n. 915 del 1982, e poi comunque sospesa fin dal 1985), ai fini di realizzare il corretto smaltimento dei rifiuti.

Le doglianze sollevate attengono, anzitutto, all’erronea individuazione della società ricorrente (I. s.r.l.) quale destinataria delle prescrizioni integrative, posto che l’originaria autorizzazione era stata rilasciata non alla I. s.r.l. ma alla I. s.p.a. (quest’ultima, poi confluita nel 1989, per fusione, nella società VIC Italiana s.p.a., a sua volta poi incorporata in B.I. S.p.a nel 1994). Si contesta, poi, il travisamento dei fatti in cui sarebbe incorsa l’amministrazione (posto che, secondo la ricorrente, non sussisterebbe alcun pericolo di inquinamento, nonostante le risultanze istruttorie dell’amministrazione), nonché la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo.

2. Il ricorso non è fondato, per le ragioni che di seguito si illustrano.

2.1. La Provincia resistente ha evidenziato (con adeguato supporto documentale) che la società I., odierna ricorrente, è di fatto subentrata alla società I. (originaria titolare dell’autorizzazione provvisoria rilasciata dalla Regione) nella gestione dei rifiuti industriali stoccati nella cava di Codana almeno dal 1986.

E’ stata depositata in giudizio la nota con la quale la stessa società I., in data 16 aprile 1986, comunicava alla Provincia di Asti la "Volturazione autorizzazione n. 6533649 prot. n. 69331 del 2 Maggio 1984". Così, testualmente, si legge nella nota (doc. n. 14 della Provincia): "Si comunica che i terreni della cava in località Codana nel Comune di Montiglio, dove sono ubicate le zone di stoccaggio dei rifiuti industriali, sonno stati acquisiti dalla scrivente I. s.r.l. // La stessa scrivente chiede che ai fini del proseguimento dell’istruttoria della pratica in oggetto, l’autorizzazione allo smaltimento dei fanghi già intestata alla I. S.p.A., venga volturata alla I. s.r.l., di cui é Amministratore l’Ing. F.F.". La Provincia, a firma del Presidente della Giunta provinciale, rispondeva con nota del 22 settembre 1986 (doc. n. 15) comunicando alla I. s.r.l. che "è stata presa debita nota della intercorsa modifica alla denominazione sociale da Ditta I. S.p.a., con sede legale in Torino, via G. Verdi, 23 a Ditta I. S.r.l., con sede in Asti, Via Pietro Micca, 8".

Seppure non si trattasse propriamente di una "modifica alla denominazione sociale", quanto piuttosto di un vero e proprio avvicendamento tra le due società nella gestione della discarica, quel che è certo è che – di lì in poi – non vi è mai stato dubbio, tra le parti, che fosse ormai la società I. a gestire (in forza dell’originaria autorizzazione regionale provvisoria, in quanto "volturata") l’attività di stoccaggio e di smaltimento dei rifiuti presso la cava di Codana.

Ciò risulta dimostrato, per tabulas, dagli atti che la Provincia ha depositato in giudizio, i quali testimoniano che i rapporti sono costantemente intercorsi tra l’amministrazione provinciale e la ditta I. (senza che più comparisse riferimento, quanto all’attività dello smaltimento dei rifiuti, alla società I. o alle società VIC Italiana e B.I. nella quali la I. era confluita, per fusione, rispettivamente nel 1989 e nel 1994). Nel dettaglio, si osserva:

– con nota inviata al Presidente della Giunta provinciale di Asti, in data 8 gennaio 1987, il sig. L.R., in qualità di "proprietario del complesso turistico "Lago di Codana’" (nonché socio fondatore della I. s.r.l.: cfr. doc. n. 12), precisava che "la cava Codana attualmente è gestita dalla I. SpA per l’estrazione di pietrame da gesso e l’eduzione di acqua sorgiva, e dalla I.E.C.A. SRL per lo stoccaggio di rifiuti industriali" (doc. n. 16);

– con nota del 10 marzo 1987 il geometra Roberto Bosco, "in qualità di Amministratore Unico della I.E.C.A. srl’, scriveva alla Provincia per ottenere l’autorizzazione "per la prosecuzione dell’attività di smaltimento nel deposito n° 4", precisando che la I. era "subentrata alla I. Spa nello smaltimento dei fanghi industriali" (doc. n. 17).

Alle riportate affermazioni è seguita, nei fatti, l’effettiva presa in consegna della gestione dell’attività di smaltimento da parte della I. s.r.l. Ciò è ampiamente comprovato dalle note, provenienti dalla società I., con le quali, nel corso degli anni, la medesima società forniva informazioni alle competenti autorità di vigilanza ambientale circa lo svolgimento delle attività di smaltimento presso la cava di Codana (si vedano i docc. nn. 18, 19 e 20, depositati dalla Provincia), peraltro indicando espressamente che si trattava della "gestione I. s.r.l. (ex I.)". Inoltre, come affermato dalla Provincia (non contraddetta, sul punto, dalla ricorrente), la ditta I. "ha sempre ottemperato alle numerose diffide notificate dalla Provincia di Asti", così dimostrando, ancora per facta concludentia, l’effettivo svolgimento dell’attività di smaltimento dei rifiuti e l’esistenza di un diretto contatto con le operazioni di c.d. postgestione che venivano svolte nella cava di Codana.

Ve n’è quanto basta, in definitiva, per ritenere non fondato il primo motivo di gravame, atteso che del tutto legittimamente gli impugnati provvedimenti sono stati indirizzati alla società I. quale effettivo (nonché pacifico) gestore dell’attività di smaltimento dei rifiuti industriali presso la cava di Codana.

Non è conferente, in proposito, il riferimento che la ricorrente ha compiuto, nella memoria depositata l’11 febbraio 2011, al precedente di questo TAR (sent. n. 4593 del 2010), con il quale è stata annullata l’ordinanza comunale n. 39 del 2001, adottata nei confronti della stessa I. s.r.l. In tale occasione, infatti, oggetto del contendere era un provvedimento che imponeva di realizzare gli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale di cui agli artt. 17 del d.lgs. n. 22 del 1997 e 8 del d.m. n. 471 del 1999 del sito della cava di Codana, imputandoli al soggetto proprietario (individuato nella società I.) senza alcuna previa indagine sul requisito del dolo o della colpa in capo a costui. Del tutto diversa è la fattispecie oggetto dell’odierno giudizio, in cui – come correttamente controdedotto dalla Provincia – l’amministrazione è intervenuta non ad attivare un procedimento di bonifica di sito inquinato, ma unicamente ad integrare le prescrizioni originariamente imposte al gestore dell’impianto di discarica. E tali integrazioni a nessun altro soggetto potevano essere dirette se non a quello effettivamente responsabile della suddetta gestione, ossia alla società I. odierna ricorrente, in quanto di fatto subentrata all’originario gestore (I. s.p.a.).

Da quanto appresso, deriva anche la non fondatezza del secondo motivo di gravame, posto che l’atto impugnato reca, con sufficiente precisione, le ragioni in base alle quali l’integrazione delle prescrizioni è stata rivolta alla società I.: ed infatti, la determinazione n. 4033 riporta a chiare lettere i contenuti dello scambio epistolare mediante il quale, tra l’aprile ed il settembre del 1986, la ricorrente aveva portato a conoscenza della resistente l’avvenuta "volturazione" dell’originaria autorizzazione.

Per le stesse ragioni appena esposte, risultano non fondati anche i motivi aggiunti, diretti contro la determinazione dirigenziale n. 904 del 1° febbraio 2007: si tratta, infatti, delle medesime censure fin qui scrutinate.

2.2. Non sono fondati neanche gli altri due motivi di gravame, di cui all’atto introduttivo.

Quanto alla censura di travisamento dei fatti e di carenza di istruttoria, rileva il Collegio che la determinazione provinciale qui impugnata risulta fondata sugli esiti di tre distinte indagini (richiamate nel provvedimento n. 4033 del 31 maggio 2006): il progetto di monitoraggio "Hydrodata" (realizzato a seguito di una verifica in loco di durata annuale, dal dicembre 1999 al dicembre 2000: doc. n. 23 della ricorrente); il piano di indagine ambientale, redatto dallo studio Aglietto nel 2005 (doc. n. 24 della ricorrente); e le conclusioni raggiunte all’esito della Conferenza di servizi del 16 gennaio 2006 a cui hanno partecipato l’ARPA, la Provincia di Asti, la Regione Piemonte, il Comune di Montiglio Monferrato e la ASL n. 19 (doc. n. 30 della resistente).

Rileva il Collegio che, dalle complessive risultanze di tali atti istruttori, le prescrizioni imposte dalla Provincia alla società ricorrente non possono dirsi manifestamente irragionevoli e sono anzi giustificabili alla luce del fondamentale principio di precauzione ambientale.

E’ pur vero, infatti, che dalla relazione dello studio Aglietto emerge l’assenza di infiltrazioni d’acqua nocive; ma è anche vero che tale asserzione non risulta del tutto confermata dagli altri due documenti nei quali, al contrario, si rileva comunque l’esistenza di un inquinamento (bensì, complessivamente, "modesto" ma) con superamento, in alcuni casi, dei limiti di concentrazione di cui all’Allegato n. 1 del d.m. n. 471 del 1999 (così le considerazioni conclusive della relazione Hydrodata: pag. 145): inquinamento per il quale era stata espressamente ipotizzata "una correlazione con i rifiuti" con conseguente "situazione di pericolo che deve essere controllata" e necessità di "interventi specifici per migliorare la gestione postchiusura degli stoccaggi di rifiuti" (così si legge nel verbale della Conferenza dei servizi del 16 gennaio 2006).

Del tutto ragionevolmente, pertanto, la Provincia è intervenuta a fissare le prescrizioni integrative a carico della società ricorrente, allo scopo sia di impedire un eventuale peggioramento della situazione di inquinamento ambientale, sia di far regredire la situazione di pericolo già documentata. Come affermato dalla più recente giurisprudenza amministrativa, infatti, il principio generale di precauzione, di derivazione comunitaria, è direttamente cogente per l’amministrazione, la quale è chiamata ad adottare adeguate misure di tutela senza dover attendere che siano approfonditamente dimostrate la realtà e la gravità dei rischi per l’ambiente (cfr., ex multis, TRGA Trentino AltoAdige, Trento, sez. I, n. 171 del 2010), ma comunque sempre nel rispetto del concorrente principio di proporzionalità (cfr. TAR Campania, Napoli, sez. V, n. 6758 del 2009).

Nel caso di specie, le prescrizioni imposte dagli atti impugnati, sicuramente giustificabili alla stregua del principio di precauzione, non si manifestano essere in contrasto con il canone della proporzionalità. Esse si limitano infatti ad imporre, in capo al soggetto titolare di una posizione di garanzia sull’impianto di smaltimento, alcuni oneri che, per come sono configurati (si tratta di: garantire che l’accesso ai depositi sia evitato ai non addetti; garantire la percorribilità dell’accesso; garantire la stabilità delle pareti di deposito; realizzare gli interventi tecnici ed operativi che risultino necessari; effettuare la campionatura delle acque con periodicità trimestrale; conferire le acque di percolazione ad impianti debitamente autorizzati per le attività di recupero; informare periodicamente la Provincia; ecc.), non appaiono travalicare i confini di un’ordinaria gestione di smaltimento e che appaiono sicuramente proporzionati al grado di pericolo di inquinamento che era desumibile dagli atti istruttori.

2.3. Quanto poi all’ultimo motivo di gravame, mediante il quale è stata lamentata la mancata comunicazione d’avvio del procedimento, deve in contrario rilevarsi che la società I. era, ormai da anni, senz’altro al corrente delle problematiche di carattere ambientale che interessavano la cava di Codana, essendo stata più volte raggiunta da provvedimenti di diffida inoltrati dalla Provincia ed essendo stata resa partecipe, tra l’altro, anche del procedimento volto alla bonifica integrale del sito (come si evince dal verbale della Conferenza di servizi del 16 gennaio 2006). Sicché essa non può affatto lamentare una lesione da mancata partecipazione procedimentale, iscrivendosi invece il procedimento (poi conclusosi con gli atti in questa sede impugnati) nella cornice più generale delle attività di verifica e di controllo ambientale di competenza provinciale, attività che ha sempre visto il coinvolgimento – più o meno attivo – della società ricorrente.

3. Il ricorso ed i motivi aggiunti sono, pertanto, integralmente da respingere.

Si ravvisano, comunque, giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sezione seconda, definitivamente pronunciando,

Respinge

il ricorso ed i motivi aggiunti.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *