Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 10-03-2011) 07-04-2011, n. 13792

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il P.g. di Palermo propone ricorso avverso la sentenza con la quale la Corte d’Appello di Palermo, ha respinto il gravame proposto dal P.m. presso quel Tribunale, confermando la pronuncia di assoluzione nei confronti di B.I. e D.S. dal delitto di tentata estorsione aggravata loro contestato.

Le sentenze assolutorie sono giustificate con il contrasto emergente dagli elementi di prova acquisiti in ordine al contenuto della richiesta estorsiva – protezione dell’attività imprenditoriale o richiesta di acquisto delle forniture da aziende predeterminate -, alla partecipazione di due o tre persone a tale sollecitazione, nonchè al tipo di minacce formulate, elementi ricostruiti in termini differenti dalle due persone che avevano reso testimonianza in proposito. Si rimarca in argomento che il teste diretto, Be., aveva nel corso del giudizio ricollocato temporalmente le richieste estorsive, alla luce della circostanza che il terzo partecipe dei fatti era risultato detenuto alla data inizialmente indicata quale epoca del commesso reato; si osserva inoltre che era già intervenuta la svalutazione dei medesimi elementi di accusa, nella sentenza emessa a carico degli odierni imputati, per il delitto di associazione per delinquere, nelle cui finalità si iscriveva l’attività illecita considerata nel presente giudizio.

Nel provvedimento impugnato, pur prospettandosi la possibilità della maggiore affidabilità del teste che aveva riferito di pressioni illecite, a fronte della negazione del destinatario delle richieste, queste ultime supportate dalla valenza della sentenza assolutoria richiamata, si escludeva di poter giungere ad un accertamento di responsabilità nei termini di certezza richiesti dalla legge, per effetto dell’ambivalenza delle risultanze che non permettevano di superare il ragionevole dubbio.

2. Lamenta il ricorrente erronea applicazione dell’art. 238 bis cod. proc. pen. osservando che la sentenza valorizzata dai giudici di merito riguarda la fattispecie di associazione per delinquere e solo latamente l’episodio estorsivo di cui si tratta in questa sede, ed in ogni caso costituisce un elemento da valutare secondo i criteri indicati dagli artt. 187 e 192 cod. proc. pen., escludendosi la presenza di un accertamento nel diverso giudizio di natura opposta a quello contestato in questo procedimento.

3. Con il secondo motivo si rileva mancanza e manifesta illogicità della motivazione, nella parte in cui opera un richiamo alla pronuncia di primo grado, e fonda il suo convincimento sulla sentenza emessa per il reato associativo, nonchè sul contrasto tra quanto dichiarato dalla parte lesa e la persona che avrebbe ricevuto le richieste estorsive, non valutando la possibilità di analizzare le divergenti versioni e di cercare una chiave di lettura unitaria, valorizzando in chiave accusatoria il dato significativo comunque emergente dalle dichiarazioni, costituito dall’esistenza delle pressioni, rilevata da chi tali pressioni ha ricevuto direttamente e la possibilità che le difformi ricostruzioni fornite dai due interessati trovassero giustificazione nell’erronea comunicazione dei fatti intervenuta tra i due testi.

Si osserva in argomento che il teste Be., che aveva percepito le richieste, aveva riconosciuto uno dei richiedenti anche in G., coimputato in primo grado, mentre la parte lesa ha ammesso una possibile imprecisione del ricordo sull’argomento, mentre le osservazioni di p.g. confermavano che i tre imputati all’epoca solevano agire insieme, fornendo una base di credibilità alle ricostruzioni del teste diretto, che, per la sua effettiva percezione del fatto, deve ritenersi più credibile.

Da ultimo si rileva che il destinatario delle richieste aveva ammesso che il fine delle intimidazioni era quello di ottenere denaro, fornendo una conferma indiretta delle accuse dell’altro teste.

4. Si chiede per tali motivi l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato.

2. In merito alla contestata violazione di legge con riferimento all’applicazione dell’art. 238 bis cod. proc. pen. il ricorso proposto è sviluppato su un assunto di fatto non corretto, costituito dalla valutata vincolatività, da parte del giudice di merito, della pronuncia di assoluzione ottenuta dai due imputati nel parallelo procedimento riguardante l’ipotesi associativa che considerava quale elemento della partecipazione dei due alla compagine la realizzazione dell’azione criminosa in esame.

Tale assunto è testualmente smentito dalla dichiarata necessità, segnalata in entrambe le pronunce di merito, di ricercare negli atti elementi che possano autonomamente corroborare l’ipotesi di accusa, che si conclude con la ritenuta impossibilità di raggiungere tali conclusioni, sulla base dell’esame delle risultanze istruttorie e sul loro insanabile contrasto.

Dalle pronunce di merito non è quindi dato ricavare che i giudicanti si siano ritenuti vincolati alla sentenza indicata nei motivi di ricorso, che viene chiaramente definita solo quale antecedente logico con il quale essi erano tenuti a confrontarsi, sicuramente superabile in presenza di elementi di segno univoco, con esclusione pertanto di qualsivoglia effetto legale di prova vincolata, come mostra invece di ritenere il ricorrente; nei fatti la motivazione, la cui completezza va valutata integrando le pronunce di primo e secondo grado ove come nella specie l’appellante non proponga specifiche questioni in precedenza non affrontate (Sez. 4, Sentenza n. 15227 del 14/02/2008, dep. 11/04/2008, imp. Baretti, Rv. 239735), si è sviluppata nel senso indicato, come si ricava dalla circostanza che in essa si analizzano le discrasie esistenti tra le affermazioni di Be., in tesi di accusa diretto interlocutore delle richieste estorsive, e di M., datore di lavoro del primo, cui le richieste erano dirette.

3. Anche in ordine a tale valutazione non si rilevano i vizi di motivazione lamentati con il secondo motivo di ricorso, poichè nelle sentenze è stato correttamente evidenziato che le dichiarazioni convergono solo sulla richiesta di utilità loro sollecitata, divergendo quanto allo specifico contenuto della prestazione pretesa;

da ciò non risulta possibile desumere, come invece prospettato dalle argomentazioni del ricorrente, che la conferma di esistenza della richiesta possa comunque condurre ad una valutazione di sussistenza del reato, atteso che l’imputazione, la cui tenuta il giudice è chiamato a verificare, è specificamente modulata con il riferimento al pagamento di somma di denaro, per evitare danni alla casa vinicola di M., seguendo l’impostazione ricostruttiva di Be., azione ben diversa dalla richiesta di privilegiare alcuni fornitori, espressa dal suo datore di lavoro.

L’incertezza che se trae non è stata considerata superabile neppure valorizzando esclusivamente quanto riferito dall’interlocutore diretto degli imputati, poichè quest’ultimo nei suoi riferimenti ha manifestato ulteriori incertezze quanto al numero dei richiedenti, che Be. ebbe a indicare a M. in numero di due, poi costantemente individuando la presenza di tre persone durante le deposizioni rese nel procedimento; analogamente egli ha fornito diverse versioni quanto alla collocazione temporale della richiesta, datata diversamente a seguito di accertamenti sulla concomitante carcerazione di uno dei partecipi, che rendeva incompatibile la sua presenza con la data indicata nella prima delle ricostruzione rese, malgrado in precedenza avesse fornito anche una giustificazione della collocazione temporale degli eventi, poi rivelatasi fallace.

L’impossibilità di desumere dal portato dichiarativo dei testi un’indicazione in termini di univocità, coerentemente ha condotto i giudici di merito alla pronuncia assolutoria, con motivazione non contraddittoria ed esauriente, in quanto tale non censurabile in questa sede, ove la valutazione va limitata alla coerenza interna, come specificamente previsto dall’ambito di cognizione disegnato dall’art. 606 c.p.p., lett. e).

4. L’assenza dei vizi lamentati impone conseguentemente il rigetto del ricorso.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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