T.A.R. Veneto Venezia Sez. I, Sent., 31-03-2011, n. 541 Comune

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con deliberazione consiliare 30.9.2008 il Comune di S. Vito di Leguzzano stabiliva al 31 dicembre 2009 la scadenza della concessione per la gestione del servizio di distribuzione del gas naturale, servizio che all’epoca era espletato da A. spa (in prosieguo, A.): contemporaneamente individuava quale modalità di affidamento del servizio stesso la procedura ristretta ad evidenza comunitaria e nominava il responsabile del procedimento conferendogli il compito di predisporre il bando di gara.

Con ricorso notificato il 16 gennaio 2009 A. impugnava avanti all’intestato Tribunale la predetta deliberazione chiedendo, fra l’altro, l’accertamento del proprio diritto di ritenzione degli impianti fino al momento del pagamento dell’indennità ad essa dovuta in qualità di gestore uscente.

Con deliberazione giuntale 16.11.2009 n. 141 veniva approvato il progetto da porre a base della gara per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas nel territorio comunale ed il successivo 14 dicembre veniva pubblicato il relativo bando.

Anche tali atti venivano impugnati da A. con motivi aggiunti notificati il 7 gennaio 2010.

Entro il previsto termine di scadenza pervenivano all’Amministrazione comunale tre domande di partecipazione alla gara da parte di A., di E.R.G. spa (d’ora in poi, E.) e di P.G. srl (d’ora in avanti, P.), che venivano ammesse e, con lettera 22.2.2010 n. 1432, invitate a formulare la loro migliore offerta entro il 30 marzo 2010.

Veniva quindi nominata la commissione giudicatrice la quale il successivo 31 marzo dava inizio alle operazioni di gara procedendo in seduta pubblica all’apertura dei plichi relativi alle offerte pervenute, in seduta riservata all’attribuzione dei punteggi alle offerte tecniche e poi, nuovamente in seduta pubblica, all’attribuzione dei punteggi alle offerte economiche: sicchè, all’esito delle operazioni risultava prima graduata P. con complessivi punti 87,588 (32,887 per l’offerta tecnica + 54,701 per l’offerta economica), seguita da E. con punti 78,871 (35,560+43,311) e, infine, da A. con punti 76,838 (43,448+33,390).

Ciò stante, con determinazione 27.4.2010 il responsabile del servizio tecnico comunale aggiudicava la gara in via definitiva a P., espletando i conseguenti adempimenti.

Con motivi aggiunti notificati il 3 giugno 2010 A. impugnava anche la predetta aggiudicazione nonché i verbali di gara riproponendo anche i vizi già evidenziati con il ricorso introduttivo ed i primi motivi aggiunti (che, riflettendosi sulle operazioni di gara, avrebbero dovuto inficiarle in via derivata) e censurando, inoltre, le modalità di svolgimento della procedura concorsuale e, in particolare, sia la mancata esclusione dalla gara di E. (e, comunque, il suo punteggio), sia l’assoluta irragionevolezza dell’offerta economica di P. (che avrebbe sicuramente gestito il servizio in perdita).

Resistevano in giudizio sia l’Amministrazione comunale che le controinteressate P. e E. eccependo, la prima la parziale inammissibilità del gravame proposto da A., e, tutte, la sua infondatezza.

La causa è passata in decisione all’udienza del 16 marzo 2011.
Motivi della decisione

1.- L’infondatezza del ricorso esime il collegio dal valutare le eccezioni di inammissibilità del ricorso stesso proposte dall’Amministrazione comunale.

2.- Con il primo motivo A. afferma che illegittimamente l’Amministrazione avrebbe fissato al 31.12.2009 la scadenza della concessione in corso per la gestione del servizio di distribuzione del gas, e ciò in quanto con delibera n. 46/05 il Comune aveva acconsentito alla proroga annuale della concessione stessa ai sensi dell’art. 1, LXIX comma del DL n. 239/04, con conseguente scadenza, giusta l’art. 23 del successivo DL n. 273/05, al 31.12.2010.

Il motivo è infondato.

2.1.- Vigente il DL n. 239/04 che fissava al 31.12.2007 la scadenza del periodo transitorio, con possibilità di proroga di un anno ricorrendo motivi di pubblico interesse (cfr. l’art. 1, LXIX comma cit.), A. aveva proposto al Comune, che con delibera consiliare 28.7.2005 n. 46 aveva accettato, di prorogare la scadenza del servizio al 31.12.2008.

Successivamente, tuttavia, entrava in vigore il DL n. 273/05 che stabiliva una proroga automatica del periodo transitorio delle concessioni in corso fino al 31.12.2009, con possibilità di un’ulteriore proroga di un anno per motivi di pubblico interesse.

La nuova normativa (più vantaggiosa) aveva, ovviamente, assorbito la disciplina concordata tra il Comune ed A. secondo cui la concessione sarebbe scaduta il 31.12.2008: sicchè A., con nota 16.3.2007, chiedeva all’Amministrazione "di confermare la proroga facoltativa deliberata in data 28.7.2005".

Tale proposta non veniva tuttavia accettata dal Comune, il quale, anzi, con l’impugnata deliberazione consiliare 31.12.2008 n. 45 disponeva di "conferma(re) quale termine della vigente concessione a favore della Concessionaria A. Spa il 31.12.2009".

La mancata adesione del Comune alla proposta formulata da A. ha impedito, dunque, la formazione di una volontà contrattuale sul punto.

2.2.- Né peraltro – come affermato dalla ricorrente introducendo un diverso profilo – il Comune avrebbe dovuto rinviare l’indizione della gara in questione in attesa della costituzione degli ambiti territoriali di cui all’art. 46 bis del DL n. 159/07: a screditare tale profilo è sufficiente al rinvio alla giurisprudenza assolutamente pacifica sul punto (cfr., da ultimo, CdS, V, 4.1.2011 n. 2).

3.- Analogamente infondata è la successiva censura con cui la ricorrente osserva che il punto n. 6 del dispositivo della delibera impugnata, disponendo che il bando di gara non avrebbe dovuto indicare l’ammontare dell’eventuale valore residuo degli impianti in quanto il Comune si sarebbe fatto carico direttamente del rimborso ad A., disattende il combinato disposto dagli artt. 15, V comma e 14, VIII comma del DLgs n. 164/00 che attribuisce al gestore subentrante l’onere di corrispondere i relativi indennizzi.

Va osservato, infatti, che la scelta del Comune di assumere in proprio gli oneri disciplinati dall’art. 14, VIII comma del DLgs n. 164/00 – scelta peraltro che, avendo verosimilmente un impatto neutro nei confronti del gestore uscente, al quale deve ritenersi indifferente la fonte di finanziamento, appare oltretutto inimpugnabile per difetto di interesse – non solo non è ostacolata da alcuna norma, ma è giustificata sia dalla ricaduta positiva sul margine di profitto dei concorrenti che favorisce la più ampia partecipazione, sia, soprattutto, dalla cogente esigenza di attivare tempestivamente la procedura ad evidenza pubblica per l’individuazione del nuovo aggiudicatario, procedura altrimenti paralizzata, con chiara violazione del disposto normativo al riguardo, dal contenzioso insorto con il gestore uscente e dalla conseguente impossibilità di accollare al vincitore della gara un onere economico non definito (TAR Veneto, I, 29.1.2010 n. 201).

4.- Assume ancora la ricorrente l’illegittimità dell’impugnata delibera per violazione dei principi sulla contabilità pubblica, avendo il Comune stabilito di assumere il pagamento del valore residuo degli impianti senza, però, aver ancora stanziato le relative somme.

A prescindere dalla considerazione che la mancata copertura finanziaria di un’operazione commerciale posta in essere da un Comune non è vizio deducibile dal privato se non qualora si traduca nel mancato pagamento del corrispettivo dovuto in suo favore (cfr., ex pluribus, CdS, VI, 9.6.2008 n. 2771), donde l’inammissibilità dell’assunto, la sua infondatezza deriva dalla semplice constatazione che nel caso di specie non si è ancora addivenuti alla quantificazione definitiva, accettata o imposta alle parti, del valore residuo degli impianti di A., sicchè il Comune, non essendosi perfezionata l’obbligazione pecuniaria, non poteva impegnare la relativa spesa.

5.- Inammissibile, prima ancora che infondata, è la successiva doglianza con cui A. lamenta l’irragionevolezza delle aspettative del Comune di introitare dalla futura gara un canone annuo di Euro 144.000,00, pari a circa l’80% del VRD: inammissibile perché la ricorrente impugna una situazione ipotetica, non una specifica determinazione posta in essere dall’Amministrazione; infondata perché la previsione ha poi avuto concreta verificazione, atteso che l’impresa aggiudicataria della gara ha effettivamente offerto un canone conforme alle aspettative (l’87% del VRD).

6.- L’infondatezza della domanda subordinata proposta dalla ricorrente con il quinto motivo è conseguente a quanto già innanzi evidenziato (sopra, sub 2.): la concessione del servizio ad A. è cessata ex lege il 31.12.2009, sicchè la determinazione di indire una gara per l’individuazione del nuovo gestore non ha comportato alcuna revoca di provvedimenti (che secondo l’interessata avrebbero prorogato il servizio fino al 31.12.2010), con conseguente ovvia infondatezza della pretesa di ottenere un indennizzo ai sensi dell’art. 21 quinquies della legge n. 241/90.

7.- Con l’ultima censura dell’atto introduttivo del giudizio A. rivendica il diritto alla ritenzione degli impianti fino all’effettivo pagamento dell’indennità dovuta per la loro acquisizione da parte del Comune, ai sensi dell’art. 14, IX comma del DLgs n. 164/00.

A tal proposito questa sezione ha già avuto occasione di evidenziare che dalla richiamata norma si evince inequivocabilmente che il diritto di ritenzione ivi previsto presuppone l’inadempimento del soggetto obbligato, inadempimento che, ovviamente, non può sussistere quando il debito non sia liquido (sotto entrambi i profili della certezza della sua esistenza e della determinatezza del suo ammontare) ed esigibile: orbene, è di tutta evidenza che, nel caso di specie – ove la quantificazione dell’indennità è tutt’ora contestata – manca il requisito della liquidità (TAR Veneto, I, 8.10.2009 n. 2575; 17.7.2009 n. 2196; 26.5.2009 n. 1604).

8.- Con il secondo motivo del primo ricorso per motivi aggiunti – il primo motivo è ovviamente infondato in quanto con esso A. deduce l’illegittimità derivata del bando di gara e della delibera giuntale n. 141/09 di approvazione del progetto da porre a base della gara dall’illegittimità degli atti ad essi propedeutici impugnati con l’atto introduttivo del giudizio, testè riscontrato immune dai denunciati vizi – A. denuncia l’illogicità della formula (P5) per l’attribuzione del punteggio al canone, in quanto un concorrente che offrisse un canone pari a zero acquisirebbe non già 0 punti (dei 48 disponibili), ma 4,8 punti. Analoghi vizi sarebbero riscontrabili anche relativamente alla formula (P4) riferita all’importo aggiuntivo del contributo per gli allacci di utenza, ove l’offerta peggiore raccoglierebbe comunque qualche decimo di punto.

Il motivo è infondato.

Quanto alla formula P4 è sufficiente rilevare che essa è perfettamente rispettosa dell’indicazione contenuta nel Par. 12 della lettera d’invito (doc. 13 del Comune), alla stregua della quale "non necessariamente dovranno essere attribuiti all’offerta giudicata migliore i punteggi massimi previsti, né all’offerta giudicata peggiore dei punteggi nulli": la formula, peraltro, è certamente ragionevole tenuto conto che, ancorchè la "forbice" di attribuzione del punteggio risulti effettivamente più ristretta, essa garantisce comunque il conferimento di un punteggio proporzionale all’offerta di ciascun concorrente: proporzionalità che risulta efficacemente salvaguardata anche con la formula P5, atteso che essa garantisce inequivocabilmente che alla concorrente che ha presentato la migliore offerta economica sia attribuito il punteggio massimo e che tutte le restanti offerte siano premiate con punteggi decrescenti in misura proporzionale.

Né, peraltro, la ricorrente ha dimostrato che qualora le contestate espressioni matematiche fossero state formulate diversamente, anche la graduatoria finale sarebbe stata diversa: donde l’inammissibilità della censura per difetto di interesse.

9.- Con l’ulteriore motivo A. censura un’asserita, mancata precisazione da parte del bando di gara dei criteri con i quali la commissione giudicatrice avrebbe valutato gli investimenti offerti dai singoli concorrenti.

Il motivo non ha pregio.

L’art. 11, punto 6 del bando specifica analiticamente come ripartire i 38 punti previsti per il piano investimenti (cfr. le lett. da "a" a "g"), e cioè 15 punti per la manutenzione delle cabine e dei gruppi di riduzione, 5 punti per la protezione catodica delle condotte, 3 punti per ammodernamenti tecnologici, 7 punti per le estensioni di rete in nuove zone, 4 punti per la densità di utenti comportante estensione di rete obbligatoria e gratuita e, infine, 2 punti per l’inizio e altrettanti per il termine dei lavori della predetta estensione obbligatoria della rete.

Né può affermarsi che la previsione contenuta nel Par. 12 della lettera d’invito 22.2.2010 – secondo cui la commissione, al fine di assegnare ai concorrenti i punteggi predeterminati dal bando, avrebbe attribuito ai vari tipi di investimento offerti un valore monetario calcolato per gruppi omogenei di cespiti sulla base delle offerte tecniche presentate – abbia attribuito alla commissione giudicatrice il potere di introdurre sottocriteri di adattamento dei criteri generali di valutazione delle offerte già indicati nel bando di gara: in carenza della predetta previsione la commissione, dovendo applicare i pesi ponderali precostituiti dal bando e dovendo altresì valutare in maniera imparziale ed omogenea i progetti di investimento che i singoli concorrenti avrebbero proposto (è appena il caso di osservare che tali progetti potevano essere articolati a discrezione del proponente) poteva o assegnare discrezionalmente il punteggio individuato per ciascuna voce di investimento, o autolimitare la propria discrezionalità assegnando – ma ciò si poteva fare soltanto dopo la presentazione da parte dei concorrenti dei piani di investimento – un valore monetario a gruppi omogenei di cespiti di investimento. Orbene, con la prescrizione del Par. 12 della lettera d’invito la stazione appaltante ha optato per tale ultima alternativa, certamente più rispettosa dei principi di trasparenza e di imparzialità.

Non sussiste, dunque, l’asserita violazione dell’art. 83 del Dlgs n. 163/06 in quanto, appunto, la commissione si è limitata ad attribuire il punteggio previsto dal bando in maniera obiettiva e trasparente.

10.- Quanto, infine, all’ultima censura del ricorso in esame con cui si ribadisce il diritto di ritenzione degli impianti va precisato che il debito non è – né è mai stato – liquido atteso che non risulta che A. ed il Comune abbiano raggiunto alcun accordo sull’indennizzo da corrispondere per l’acquisizione degli impianti: a prescindere, invero, dalla possibilità che un contratto pubblico possa formalizzarsi attraverso una proposta ed una successiva accettazione (cfr. contra Cass. Civ, I, 26.3.2009 n. 7297), la stima degli impianti contenuta nella nota 16.2.2007 dell’Amministrazione comunicata al gestore uscente non è stata, infatti, accettata incondizionatamente da quest’ultimo, avendola esso riscontrata con nota 16.3.2007 con cui ha formulato una nuova proposta, peraltro mai accettata dall’interlocutore.

11.- Con il primo motivo del secondo ricorso per motivi aggiunti A. deduce l’illegittimità derivata (dagli atti presupposti) dei provvedimenti di aggiudicazione definitiva della gara a P., di nomina della commissione giudicatrice, dei verbali relativi alle operazioni concorsuali, della lettera di invito nonché, "in parte qua", del verbale 17.2.2010 di ammissione alla partecipazione alla gara: motivo ovviamente infondato in quanto gli atti presupposti sono stati testè riscontrati immuni dai denunciati vizi.

12.- Con il secondo motivo la ricorrente afferma che sia E., sia P. avrebbero dovuto essere escluse dalla gara in quanto avrebbero omesso di dichiarare di non trovarsi nelle condizioni di cui alle lettere "m ter" e "m quater" del DLgs n. 163/06: P., peraltro, avrebbe omesso anche la dichiarazione obbligatoria relativa agli amministratori cessati dalla carica nel triennio precedente alla pubblicazione del bando.

Il motivo non può essere condiviso.

L’art. 10.1 del bando prescriveva che il rappresentante legale doveva attestare, fra l’altro, "l’insussistenza delle cause di esclusione di cui all’art. 38, comma 1 del DLgs n 163/2006".

Orbene, sia E. che P., in persona dei rispettivi rappresentanti legali, hanno dichiarato "l’insussistenza delle cause di esclusione di cui all’art. 38, comma 1 del DLgs n 163/2006", e ciò anche con riferimento – è ovvio, in quanto sono comprese nello stesso primo comma – alle lettere "c", "m ter" e "m quater" allegando, conformemente a quanto statuito nel bando, la fotocopia del documento di identità del sottoscrittore (cfr. docc. 22 e 23 del Comune).

"Ad abundantiam" si osserva comunque che in tema di esclusione da una gara pubblica per omessa dichiarazione ex art. 38, I comma del DLgs n. 163/2006, quando il partecipante sia in possesso di tutti i requisiti richiesti dallo stesso art. 38, I comma (la ricorrente non ha contestato specifiche circostanze pregiudizievoli della moralità professionale) e la "lex specialis" non preveda delle puntuali prescrizioni sulle modalità e sull’oggetto delle dichiarazioni da fornire (facendo generico richiamo all’assenza delle cause impeditive di cui all’art. 38), l’omissione della dichiarazione non produce alcun pregiudizio agli interessi presidiati dalla norma, ricorrendo un’ipotesi di "falso innocuo", come tale insuscettibile, in carenza di una previsione normativa (il I comma dell’art. 38 ricollega l’esclusione dalla gara al dato sostanziale del mancato possesso dei requisiti indicati, mentre il II comma non prevede analoga sanzione per l’ipotesi della mancata o non perspicua dichiarazione) o della legge di gara, a fondare l’esclusione, le cui ipotesi sono tassative (cfr., da ultimo, CdS, V, 9.11.2010 n. 7967).

12.- Quanto alla successiva censura con cui la ricorrente riafferma l’illegittimità dell’operato della commissione giudicatrice per aver essa individuato dei sottocriteri di valutazione delle offerte dopo l’apertura delle buste contenenti l’offerta tecnica, si rinvia alle considerazioni espresse innanzi (sopra, sub 9.), aggiungendo qui che la censura è anche inammissibile per carenza di interesse, e ciò sia perché l’offerta di A. è risultata la migliore (con punti 36,448 su 38), sia perché anche qualora fosse stata premiata con il punteggio massimo (38/38) la graduatoria non sarebbe comunque mutata (la ricorrente, cioè, sarebbe rimasta collocata al terzo posto, distaccata per più di nove punti dalla prima graduata).

In relazione poi alla dedotta alterazione del confronto concorrenziale "verso il basso" per mancato, corretto distanziamento dell’offerta delle altre due concorrenti dall’offerta di A. (la ricorrente, pur risultata vincitrice nella parte tecnica, lo sarebbe stato con uno scarto nettamente inferiore a quello che sarebbe stato doveroso riconoscerle in applicazione del Par. 12 della lettera di invito), tale profilo di censura è inammissibile per difetto di interesse. Ed invero, anche qualora agli investimenti proposti da A. fosse stato attribuito il preteso valore di Euro 77.000, E., le cui opere sono state valutate Euro 60.000, avrebbe comunque sopravvanzato in graduatoria finale A.. Infatti, per calcolare lo scarto che in tal caso sarebbe emerso, è sufficiente impostare la seguente proporzione: 77.000:43,448=60.000:x, dove 43,448 è il punteggio complessivo ottenuto da A. per la parte tecnica (36,448+7) ed x il punteggio complessivo che avrebbe dovuto percepire E. sulla base dei valori degli investimenti proposti come calcolati da A. (Euro 77.000,00 quest’ultima ed Euro 60.000,00 E.). Orbene, sviluppata la proporzione, x risulta uguale a 33,855: se a tale valore aggiungiamo il punteggio per l’offerta economica (43,311), il punteggio complessivo di E. risulta pari a 77,166, superiore a quello di A. (76,838) che, conseguentemente, la seguirebbe.

13.- Con il quarto motivo A. contesta la composizione della commissione giudicatrice sotto tre distinti profili: a) uno dei membri esterni, l’arch. T., avrebbe dovuto astenersi in quanto il Comune da cui dipende ha in corso dei contenziosi in materia di distribuzione gas con A.; b) la commissione, pur formalmente coadiuvata dall’esterno dall’ing. M., sarebbe stata tuttavia da quest’ultimo sostanzialmente dominata dall’interno; c) l’Amministrazione non avrebbe motivato la decisione di nominare i due membri esterni.

Anche tale motivo, nelle singole articolazioni, non ha pregio.

Quanto al primo rilievo è sufficiente osservare che è la stessa ricorrente che afferma che i contenziosi in essere coinvolgono non già l’arch. T., ma il Comune alle cui dipendenze egli lavora: non vi è, dunque, alcun motivo di incompatibilità, atteso che il predetto soggetto non ha alcun interesse nelle cause in corso.

Quanto, invece, all’ing. M., la sua presenza risulta giustificata dall’attività di consulenza che svolgeva in virtù delle sue specifiche competenze in materia di distribuzione gas e della circostanza che la sua società (Varna srl) aveva predisposto le specifiche tecniche e la documentazione di gara: egli, dunque, svolgeva nel contesto della gara un ruolo non già valutativo delle operazioni concorsuali, ma meramente (ed eventualmente) esplicativo di specifiche questioni tecniche, rimanendo pertanto – in mancanza di qualsiasi elemento probatorio confermativo di quanto affermato – l’asserito ruolo condizionante espletato dal M. a livello di semplice illazione. Né la competenza dei commissari "in subiecta materia" è stata messa in dubbio, ed anzi è proprio tale circostanza che dimostra l’esatto contrario di quanto affermato, atteso che si potrebbe aderire alla tesi (indiziaria) della ricorrente soltanto nel caso di comprovata incompetenza dei membri della commissione giudicatrice (cfr. TAR Veneto, I, 8.10.2009 n. 2575).

Quanto, infine, alla mancata motivazione della decisione di nominare i due membri esterni va osservato che, ancorchè non sia stata espressamente attestata la carenza di soggetti competenti nell’organico del Comune (si tratta di un comune che conta appena 3.400 abitanti), tale circostanza risulta tuttavia dal contesto del provvedimento di nomina della commissione, ove si dà atto sia della necessità di "procedere alla nomina della commissione giudicatrice secondo i criteri prescritti dall’art. 84 del DLgs 163/2006" (il cui VIII comma recita che "i commissari diversi dal presidente sono selezionati tra i funzionari della stazione appaltante. In caso di accertata carenza in organico di adeguate professionalità,…i commissari diversi dal presidente sono scelti tra funzionari di amministrazioni aggiudicatrici di cui all’art. 3, comma 25…", sia che "sono stati interpellati i seguenti funzionari di Amministrazioni aggiudicatrici, esperti nel settore cui si riferisce l’oggetto del contratto": a tal proposito va altresì considerato che, fermo restando che deve trattarsi in ogni caso di personale qualificato nelle materia oggetto del contratto da affidare (ma, come si è già accennato, tale circostanza non è stata contestata dalla ricorrente), l’eventuale ricorso all’outsourcing nella scelta dei commissari di gara – espressamente previsto, ancorché in via subordinata, dalla legge – non può certo comportare un effetto caducante sulla nomina per difetto di motivazione su tale scelta alternativa.

14.- Sulla pretesa irrazionalità delle formule P4 e P5, ribadita con la quinta censura, si rinvia alle argomentazioni svolte sopra (al punto 8.) in relazione alla medesima censura contenuta nel primo ricorso per motivi aggiunti.

15.- La successiva doglianza con la quale la ricorrente contesta l’antieconomicità dell’offerta economica avanzata da P. è, a questo punto – una volta appurato, cioè, che ancorchè ad A. fosse riconosciuto il preteso valore di Euro 77.000 per il piano di investimenti proposto, la sua posizione in graduatoria al seguito di E. non muterebbe -, inammissibile per carenza di interesse, in quanto, anche se la doglianza fosse accolta, la ricorrente non ne trarrebbe alcun vantaggio, atteso che la gara andrebbe aggiudicata a E., seconda graduata.

16.- Con l’ultimo motivo di ricorso, infine, A. denuncia l’illegittimità della nomina della commissione giudicatrice che, nel caso di specie, è stata effettuata dal responsabile del servizio tecnico: secondo la ricorrente la competenza apparterrebbe al Segretario comunale, salvo poi richiamare la sentenza CdS, V, n. 7151/09 che, invece, la attribuisce alla Giunta comunale.

Il motivo non merita comunque condivisione.

È opportuno preliminarmente evidenziare che la nomina delle commissioni giudicatrici trova espressa disciplina nell’art. 84 del DLgs n. 163/06.

Si tratta di una norma che generalizza ed estende a tutti i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, quando il criterio di aggiudicazione prescelto è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la disciplina originariamente prevista per i soli lavori dall’art. 21 della legge 109/94 risolvendo, dunque, in senso positivo il contrasto giurisprudenziale in merito all’applicabilità generalizzata delle disposizioni già contenute dall’art. 21 della legge Merloni in tema di nomina e costituzione della commissione giudicatrice.

L’art. 20 del regolamento comunale per la disciplina dei contratti approvato dal Comune di S. Vito di Leguzzano che attribuisce la nomina delle commissioni giudicatrici al Segretario generale è, per ciò stesso, illegittimo e va dunque disapplicato (cfr., da ultimo, CdS, V, 4.3.2011 n. 1409).

Per correttezza espositiva occorre evidenziare che con sentenza 23 novembre 2007 n. 401 la Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 84, commi 2, 3, 8 e 9 del DLgs n. 163/06 nella parte in cui vincola le Regioni all’osservanza di norme in materia di composizione e modalità di nomina dei componenti delle commissioni di gara, anziché disporre che le disposizioni abbiano carattere suppletivo e cedevole rispetto ad una divergente normativa regionale, trattandosi di profili che non rientrano nella materia "tutela della concorrenza", ma nella materia "organizzazione amministrativa" che compete alle Regioni.

Ma tale profilo non rileva nel presente contesto.

Cuore del problema attinente alla nomina della commissione giudicatrice negli appalti pubblici con la PA resta, invece, il rapporto tra la Giunta – cui è demandato il compimento di tutti gli atti rientranti nelle funzioni degli organi di governo che non ricadano nelle competenze, previste dalle leggi o dallo Statuto, del Sindaco o degli altri organi di decentramento – e l’apparato burocratico.

I rapporti tra Giunta ed apparato burocratico trovano disciplina generale nell’art. 107, I comma del TUEL, secondo il quale i poteri di indirizzo e di controllo spettano agli organi di governo, mentre la gestione amministrativa è attribuita ai dirigenti.

Il principio di separazione dei poteri tra organi politici e dirigenti è poi ripreso dal successivo II comma, il quale, specificando il contenuto della disposizione, precisa che spettano ai dirigenti tutti i compiti, compresa l’adozione di atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, che la legge e lo statuto espressamente non riservano agli organi di governo dell’ente o non rientranti tra le funzioni del segretario o del direttore generale.

Dall’esegesi di queste norme si evince chiaramente che mentre alla Giunta è attribuito il compito di adottare atti di indirizzo (come è precisato nel richiamato art. 107, I comma) con i quali si dettano ai dirigenti ed ai responsabili degli uffici e dei servizi (nei Comuni privi di qualifica dirigenziale) le modalità con le quali essi assolvono ai compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi prefissati dagli organi di governo, viceversa in capo al dirigente, figura giuridica professionale munita di una propria sfera di autonomia decisionale, gestionale ed operativa (come precisa il successivo III comma dell’art. 107), sono concentrate numerose funzioni mediante le quali si realizza all’esterno la manifestazione della volontà dell’ente.

L’articolo 107 del DLgs n. 267/00 contiene, dunque, un’ampia definizione dei poteri dei dirigenti stabilendo che essi sono titolari non solo della gestione amministrativa, ma anche di quella finanziaria e tecnica attraverso degli autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo, anche e soprattutto nella materia degli appalti pubblici.

Alla luce della ricognizione testé effettuata emerge che il nuovo assetto dei poteri all’interno degli enti locali è incentrato su di una rigida ed effettiva separazione dei rispettivi ruoli: da un lato i compiti di indirizzo che sono attribuiti al potere politico; dall’altro, invece, i poteri gestionali che divengono propri dei dirigenti.

Orbene, sul punto il collegio non può che ribadire l’orientamento già espresso dal giudice amministrativo di secondo grado (cfr., per tutte, CdS, V, 28.12.2007 n. 6723; cfr., anche, da ultimo, CdS, V, 4.3.2011 n. 1409 cit.) secondo cui competente per la nomina della commissione di gara nelle procedure indette per l’aggiudicazione di appalti con la Pubblica Amministrazione non è la Giunta municipale, bensì il dirigente responsabile del procedimento: l’art. 107, III comma del DLgs n. 267/00, infatti, prevede espressamente il conferimento in favore dei dirigenti degli enti locali sia della presidenza delle commissioni di gara e di concorso, sia delle responsabilità delle procedure di appalto e di concorso, e di conseguenza anche della nomina della commissione giudicatrice (la sentenza CdS, V, n. 7151/09, richiamata dalla ricorrente, riguarda la nomina di una commissione giudicatrice non già in una procedura di appalto/concessione di pubblico servizio, ma in una procedura, connotata da particolari specificità, indetta dal Comune per selezionare idee progettuali da presentare alla Regione al fine di ottenere finanziamenti per interventi di riqualificazione urbanistica incidenti sulla qualità della vita degli abitanti del Comune stesso e sulla vivibilità delle periferie).

In definitiva, tale norma, che prevede una presenza continua e costante dei dirigenti locali nell’intera procedura di gara, si inserisce coerentemente nel contesto degli obiettivi di gestione e di risultato che fanno capo ai dirigenti, responsabili del buon esito dell’azione amministrativa ad essi demandata e titolari dei poteri amministrativi che nel corso dei vari procedimenti devono essere esplicati.

Del resto l’assegnazione al dirigente della responsabilità piena del procedimento di gara esige, per la completa attuazione dell’intestazione ad un medesimo soggetto di tutti i compiti connessi alla procedura e per la realizzazione dell’evidente finalità di assicurare economicità ed efficienza dell’azione amministrativa, che nel novero delle competenze assommabili in capo al dirigente responsabile siano comprese tutte le funzioni amministrative direttamente riferibili alla direzione della gara ed alla verifica del suo corretto svolgimento, tra cui anche la competenza alla nomina della commissione giudicatrice.

L’esclusione di taluno dei compiti considerati dalla sfera di attribuzioni del dirigente responsabile, oltre a non essere imposta dalla disposizione menzionata (che impegna, semmai, all’assegnazione di tutte le funzioni rilevanti della procedura al medesimo dirigente), vanificherebbe, peraltro, gli interessi chiaramente sottesi alla disposizione menzionata, frammentando le competenze direttive connesse al procedimento di gara tra più soggetti ed impedendo, così, la gestione unitaria ed uniforme dello stesso.

17.- Per le considerazioni che precedono, dunque, il gravame va respinto nella parte in cui la ricorrente impugna la procedura concorsuale, mentre va dichiarato inammissibile nella parte in cui contesta sia la seconda posizione in graduatoria di E., sia l’aggiudicazione della gara a P..

Le spese possono essere compensate in ragione della particolarità della controversia.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo respinge e in parte lo dichiara inammissibile.

Compensa le spese e le competenze del giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *