Cons. Stato Sez. IV, Sent., 01-04-2011, n. 2071 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con appello notificato in data 17 dicembre 2007 la soc. Q. s.r.l. ha impugnato la sentenza del TAR delle Marche n. 485 del 2007 con la quale sono stati decisi i cinque ricorsi riuniti proposti in primo grado dalla stessa. In particolare, per quanto riguarda i singoli ricorsi il TAR:

– ha dichiarato inammissibile per carenza d’interesse il ricorso n. 27 del 2003 con il quale la società aveva chiesto l’annullamento della deliberazione del C.C. n. 74/02, avente ad oggetto lo studio di inquadramento operativo per le zone costiere e di approvazione degli indirizzi per il perfezionamento di una proposta urbanistica complessiva e degli strumenti relativi all’ambito litoraneo;

– ha dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse il ricorso n. 405 del 2003, proposto avverso la deliberazione del C.C. n. 6 del 2003 avente ad oggetto"Variante zone costiere, esame osservazioni e controdeduzioni";

– ha respinto i ricorsi nn. 1142/04 e 472/05, relativi alla impugnazione della deliberazione del C.C. n. 44/04(Esame osservazioni, controdeduzioni ed adozione definitiva della variante di tutela della fascia litoranea ex art. 26 L.R. n. 34 del 1992) e della deliberazione n. 24/05(" Approvazione variante parziale PRG- varianti di tutela e valorizzazione fascia litoranea"), nelle parti concernenti il potere dell’Amministrazione di ridurre la volumetria consentita in sede di lottizzazione in parte non realizzata;

– ha dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse il ricorso n. 1287/00 proposto avverso la deliberazione del C.C. n. 52/00, avente ad oggetto"Piano di lottizzazione convenzionato Le Piramidi in località Cesano".

2. Queste le dedotte censure:

2.1. Sulle decisioni di rito: con la decisione appellata il TAR ha posposto la decisione sul ricorso n. 1287/00, cronologicamente più risalente, alla decisione sulle successive impugnative, facendo poi discendere dalla riconosciuta legittimità della disciplina urbanistica introdotta dall’ultima variante di PRG la sopravvenuta carenza d’interesse alla definizione della prima impugnativa, con ciò sottovalutando l’interesse alla decisione sul ricorso n. 1287 cit., quanto meno sotto il profilo risarcitorio, sia per i danni scaturiti sia per gli oneri indebitamente sopportati dalla ricorrente

Errata sarebbe anche la dichiarata inammissibilità per difetto di interesse del ricorso n. 27/03, proposto avverso la delibera comunale di approvazione dello studio di inquadramento operativo, ritenuta atto endoprocedimentale, in quanto un passo(punto 2 dispositivo) sarebbe stato in concreto utilizzato dall’amministrazione a sostegno delle successive scelte di riduzione della cubatura realizzabile nell’area, da cui la lesività dell’atto.

2.2. Riproposizione dei motivi di merito dedotti nei due ricorsi sopraindicati.

2.3. Sulle decisioni di merito nei confronti delle delibere C.C. n. 72 del 9/9/03, n. 44 del 18/6/04 e n. 24 del 15/2/05, aventi ad oggetto l’adozione della variante, l’esame delle osservazioni e l’adozione definitiva della stessa, con le quali è stata ritenuta la sufficienza e congruità della motivazione, la non contraddittorietà con gli indirizzi del SIO concernenti la zona "Piramidi", la non illogicità dell’azione amministrativa e la non sussistenza del lamentato sviamento di potere: sarebbe errata la ritenuta carenza di una posizione qualificata di legittimazione della soc. Q. con riferimento alle censure dedotte avverso i nuovi atti di pianificazione urbanistica, limitanti il suo jus aedificandi.

La sentenza, inoltre, non sarebbe condivisibile nella parte in cui sostiene che la scelta del pianificatore della variante troverebbe adeguata giustificazione nei criteri enunciati nella relazione al piano e non sarebbe né illogica né in antitesi con i principi posti dal SIO.

Le censure troverebbero conferma nell’unica statuizione della sentenza che ha dichiarato la illegittimità del punto 3 dell’art. 17/c delle NTA della variante, per vizio della previsione urbanistica che, prevedendo ulteriori onerose urbanizzazioni, ne dava per acquisito l’accollo delle stesse al lottizzante, seppur privato di ogni concreta corrispondente possibilità di sfruttamento edificatorio.

La sentenza sarebbe, altresì, errata nella parte in cui ha ritenuto di disattendere la censura di sviamento di potere.

3. Si è costituito il Comune di Senigallia, contestando la fondatezza delle proposte censure, sia in rito sia nel merito.

4. L’appellante ha depositato memoria difensiva e di replica.

5. Il ricorso è stato inserito nei ruoli di udienza del 18 gennaio 2011 e trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1. Con i ricorsi di I grado la soc. Q. s.r.l., proprietaria di un’area litoranea sita nella frazione Cesano del Comune di Senigallia, destinata dal PRG a zona CT3 di espansione prevalentemente turistica, con piano particolareggiato approvato ed in corso di attuazione, già interessata da un piano di lottizzazione convenzionato in data 31/7/80, il cui programma costruttivo aveva trovato parziale attuazione, impugnava gli atti deliberativi del Comune indicati in narrativa, deducendone l’illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere sotto molteplici profili.

2. Il Tar delle Marche, riuniti i ricorsi, dichiarava l’improcedibilità dei ricorsi nn. 1287/00 e 405 del 2003; l’inammissibilità del ricorso n. 27 del 2003 e in parte accoglieva i ricorsi nn. 1142/04 e n. 472 del 2005, annullando la previsione di cui al punto 3 dell’art. 17/c delle NTA del PRG di Senigallia, limitatamente alla parte in cui disponeva che "le opere di urbanizzazione primaria e secondaria sono quelle risultanti dai seguenti strumenti urbanistici attuativi approvati e convenzionati, e loro varianti, relativi alla suddetta zona".

3. Vanno preliminarmente esaminate le censure con cui si contesta la sentenza impugnata per la parte in cui ha statuito la improcedibilità e/o l’inammissibilità di talune impugnative.

3.1. La società ricorrente contesta, anzitutto, la dichiarata improcedibilità per sopravvenuta carenza d’interesse del ric. N. 1287 del 2000, in quanto le previsioni dell’atto con esso impugnato erano state superate dalle nuove determinazioni amministrative afferenti la programmazione urbanistica della zona e i parametri urbanistici ed edilizi. Secondo la società l’impugnativa continuerebbe in ogni caso ad essere sorretta dall’interesse residuale al risarcimento del danno derivante sia dalla mancata realizzazione di un progetto lottizzatorio, sia dagli oneri indebitamente sopportati per l’approntamento della complessa progettazione.

La censura è infondata e va respinta. Invero, costituisce principio del tutto consolidato nella giurisprudenza della Sezione quello secondo cui la decisione di improcedibilità del gravame per sopravvenuto difetto di interesse consegue esclusivamente ad una modificazione della situazione di fatto o di diritto esistente al momento della domanda, tale da rendere certa e definitiva l’inutilità della sentenza.

La relativa verifica, a sua volta, esige che la presupposta, rigorosa indagine circa l’utilità conseguibile per effetto della definizione del ricorso conduca al sicuro convincimento che la modificazione della situazione di fatto e di diritto intervenuta in corso di causa impedisca di riconoscere in capo al ricorrente alcun interesse, anche meramente strumentale e morale, alla decisione(Cons. Stato, IV Sez., n. 6882/10)

Applicando tali coordinate interpretative al caso all’esame, la censura proposta non merita accoglimento atteso che le previsioni dell’atto impugnato sono state superate da nuove previsioni urbanistiche afferenti la zona in questione e i parametri urbanistici ed edilizi, il che rende certa e definitiva la inutilità della sentenza.

Quanto, poi, alla possibilità risarcitoria residuale scaturente dall’eventuale annullamento del provvedimento lesivo, va rilevato che, in ragione della evoluzione subita dalla cd. pregiudiziale amministrativa, la pronuncia di sopravvenuta carenza d’interesse all’annullamento dell’atto impugnato non avrebbe comunque precluso la presentazione di una domanda di risarcimento non presentata in I grado (di cui valutare, in ogni caso, la sussistenza dei presupposti).

3.2. La società ricorrente contesta, poi, la dichiarata inammissibilità per carenza d’interesse del ricorso n. 27/03, proposto avverso la delibera comunale di approvazione dello studio di inquadramento operativo(SIO), ritenuta atto infraprocedimentale, in quanto un passo dello stesso (punto 2 del dispositivo) sarebbe stato utilizzato dall’Amministrazione a sostegno delle successive scelte di riduzione della cubatura realizzabile nell’area.

La censura non può essere condivisa, trattandosi evidentemente di atto del tutto preliminare all’adozione del provvedimento conclusivo del procedimento amministrativo, privo di contenuti provvedimentali, incapace, di per sé, di produrre in via diretta una lesione attuale alla posizione giuridica dedotta in giudizio.

Né il fatto che, successivamente, l’Amministrazione abbia introdotto un passo del documento a sostegno delle proprie scelte urbanistiche può mutare la natura dell’atto, in quanto non risulta incoerente né irragionevole che l’Amministrazione abbia utilizzato le proposte urbanistiche contenute nello studio precedentemente commissionato.

4. Attesa l’improcedibilità e l’inammissibilità dei due ricorsi soprarichiamati, non viene esaminato il merito dei motivi negli stessi dedotti e riproposti in sede di appello (punti 10 e 11).

5. L’appellante deduce, poi, l’erroneità della decisione di I grado nella parte in cui ha disatteso i motivi di illegittimità dedotti nei confronti dei provvedimenti (delibere C.C. n. 72 del 9/9/03, n. 44 del 18/6/04 e n. 24 del 15/2/05) aventi rispettivamente ad oggetto l’adozione della variante, l’esame delle osservazioni e l’adozione definitiva della stessa. Si sostiene, anzitutto, la erroneità della ritenuta carenza di una posizione qualificata di legittimazione della soc. Q. (par. 6.1. della decisione) affermata con riferimento alle censure (dedotte nei ricorsi nn. 1142/04 e 472/05) avverso i nuovi atti di pianificazione urbanistica, conculcanti il suo jus aedificandi.

La posizione della appellante non sarebbe lontanamente equiparabile a quella di chi è titolare di una aspettativa generica ad una utilizzazione proficua dei suoi immobili, bensì sarebbe quella di un soggetto specificamente e particolarmente inciso perché proprietario di area storicamente investita da previsioni edificatorie per metà attuate e per aver eseguito opere di urbanizzazione superiori alla volumetria realizzata. Dal che sarebbe derivato un onere di particolare motivazione sulle osservazioni presentate.

Non varrebbe l’assunto secondo cui l’onere di motivazione doveva ritenersi affievolito, in quanto lo strumento urbanistico era meramente confermativo in parte qua delle prescrizioni nate dalla "variante alle zone costiere" adottata nel 2000.

Le censure troverebbero, poi, conferma, nella parte della sentenza che ha accolto l’unico profilo impugnatorio che ha ritenuto di condividere: la illegittimità del punto 3 dell’art. 17/C delle NTA della variante.

Infine, sarebbe comprovato il vizio di sviamento di potere, negato dai primi giudici, sia per le vicende che hanno preceduto l’approvazione della variante (ostruzionismo opposto alle iniziative della società di far luogo alla variante lottizzatoria conforme al PRG del 1997), sia per l’inesistenza di criteri urbanistici atti a motivare la scelta fatta dall’Amministrazione.

Al riguardo osserva il Collegio come sia noto che il piano di lottizzazione costituisce – nell’assetto normativo rilevante ratione temporis e definito dall’art. 28 della legge urbanistica n. 1150 del 1942, come modificato dall’art. 8 della legge ponte n. 765 del 1967 – uno strumento urbanistico equiordinato al piano particolareggiato e ad esso sostanzialmente alternativo.

Nel silenzio della legge, la giurisprudenza ha ritenuto applicabile ai piani di lottizzazione – attesa l’esigenza di non condizionare a tempo indeterminato il potere comunale di pianificazione del territorio – il termine decennale di validità previsto per i piani particolareggiati dall’art. 17 della ridetta legge n. 765 del 1967.

In tale contesto di riferimento normativo, la giurisprudenza della Sezione ha da tempo chiarito che le nuove scelte urbanistiche, contenute nella variante di p.r.g., con cui il Comune rivede direttive pregresse ed adegua le strutture territoriali esistenti, non sono impedite dall’affidamento del lottizzante alla intangibilità della destinazione urbanistica delle aree oggetto di lottizzazione convenzionata – né richiedono particolare motivazione – allorché la perdita di efficacia della lottizzazione per scadenza del termine decennale abbia determinato il venir meno dei presupposti dello "ius aedificandi" e della posizione qualificata del lottizzante (ex multis cfr. IV Sez. n. 1743 del 2005; n. 6882/10).

Applicando tale criterio orientativo al caso in esame, non può non rilevarsi che alla data di adozione e di approvazione della variante di cui si discute erano trascorsi oltre dieci anni dalla stipula della relativa convenzione, avvenuta il 31/7/80; la relativa convenzione era quindi scaduta e di tale evenienza l’Amministrazione era consapevole.

Quindi, alla data di approvazione dello strumento urbanistico l’odierna appellante non risultava titolare di una posizione giuridicamente qualificata e differenziata né poteva vantare alcuna consolidata pretesa, in qualche modo ostativa all’introduzione delle modifiche di piano da lei avversate.

Infatti, come è noto, la regola generale che riserva all’Amministrazione ampia discrezionalità nel rivedere le proprie precedenti previsioni urbanistiche senza necessità di motivare specificamente le singole scelte di piano subisce eccezione solo in quelle situazioni particolari in cui il principio della tutela dell’affidamento impone che il piano regolatore dia conto del modo in cui è stata effettuata la ponderazione degli interessi pubblici e sono state operate le scelte di pianificazione, così rendendole sindacabili davanti al giudice amministrativo.

Per costante giurisprudenza, peraltro, meritevoli di questa particolare forma di tutela sono solo quelle situazioni caratterizzate da un affidamento "qualificato", fra le quali non può rientrare la posizione del privato titolare di un fondo considerato da un piano di lottizzazione divenuto ormai inefficace(cfr., in termini, dec. n. 6882 cit.).

Non risultano fondate neppure le censure di carenza di motivazione rivolte con riguardo al SIO: la diversa destinazione prevista dallo strumento urbanistico rispetto a quella indicata dal SIO non è censurabile, attesa la mancanza di una posizione qualificata tutelabile nella società Q..

Del resto, le scelte urbanistiche possono formare oggetto di sindacato giurisdizionale nei soli casi di arbitrarietà, irrazionalità o irragionevolezza ovvero di palese travisamento dei fatti che costituiscono i limiti della discrezionalità amministrativa.

Pertanto, la valutazione dell’idoneità delle aree a soddisfare, con riferimento alle possibili destinazioni, specifici interessi urbanistici, rientra nei limiti dell’esercizio del potere discrezionale, rispetto al quale, ove come nel caso di specie non possano ipotizzarsi abnormi illogicità, non è configurabile neppure il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento basata sulla impropria comparazione con la destinazione impressa agli immobili o zone adiacenti. (IV Sez. n. 6882 cit.; n.4024 del 2009).

Le argomentazioni di cui sopra consentono anche di ritenere insussistente il rilevato vizio di eccesso di potere per sviamento: sono, inoltre, condivisibili le considerazioni svolte dal giudice di I grado che ha ritenuto non potersi evincere dagli atti del giudizio elementi per poter fondatamente sostenere una volontà dell’Amministrazione aprioristicamente a pregiudizialmente contraria agli interessi della società ricorrente.

Le censure ora esaminate vanno quindi disattese.

6. Sulla scorta delle considerazioni che precedono l’appello risulta nel suo complesso infondato e va pertanto respinto.

Le spese di questo grado del giudizio possono essere compensate fra le parti.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Compensa fra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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