Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 09-03-2011) 07-04-2011, n. 14012

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con ordinanza deliberata in data 20 maggio 2010, depositata in cancelleria il 20 maggio 2010, la Corte di Appello di Torino, quale giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza avanzata nell’interesse di A.A. di rimessione in termini ai sensi dell’art. 175 c.p.p. per proporre appello avverso la sentenza del Tribunale di Torino in data 8 maggio 2000 con la quale il prefato era stato condannato alla pena di anni venti di reclusione per i reati di tentato omicidio aggravato ed altro.

Il giudice argomentava la propria decisione rilevando che emergeva dalla lettura degli atti del procedimento che l’ A. si era reso volontariamente irreperibile come risultante dalle dichiarazioni di T.E., ponendosi così nelle condizioni di non poter conoscere il procedimento a suo carico. Egli infatti si era dato latitante, emergendo peraltro anche dalle dichiarazioni di tale H.M. che la stessa era stata minacciata affinchè portasse del danaro al difensore del proprio complice (tale K.). Vi era pertanto prova della conoscenza della pendenza del procedimento.

2. – Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore, ha interposto tempestivo ricorso per cassazione l’ A. chiedendone l’annullamento per violazione dell’art. 175 c.p.p., con riferimento all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e per mancanza e manifesta illogicità della motivazione. Il giudice avrebbe dovuto dare la prova rigorosa della conoscenza da parte del ricorrente del procedimento a suo carico, intesa come conoscenza formale della pendenza del processo e della precisa cognizione degli estremi del provvedimento che lo riguardavano. Per contro gli atti, cui fa riferimento la Corte di Appello, non assicurano questa prova, ma tutt’al più una conoscenza generica e indiretta, oltre che confinata alla sola fase delle indagini preliminari quando ancora la contestazione non ha subito la cristallizzazione di un capo di imputazione definitivo e la certezza di un rinvio a giudizio. Per vero la presunta minaccia alla H.M. riguardava una fase anteriore al decreto di citazione a giudizio e un difensore che non era neppure quello di fiducia dell’ A.. Anche le dichiarazioni rese dall’altra teste, T.E., sono equivoche in quanto la stessa non ricordava a cosa si riferisse la frase da lei pronunciata.
Motivi della decisione

3, – Il ricorso è fondato e merita accoglimento: l’ordinanza impugnata va annullata con rinvio per nuovo esame alla Corte di Appello di Torino.

3.1. – Com’è noto, per adeguare l’ordinamento italiano ai principi del giusto processo, di cui all’art. 111 Cost. ed al principio del contraddittorio di cui all’art. 6, comma 3, della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, specie dopo le decisioni della Corte di Strasburgo allo Stato italiano, il D.L. 21 febbraio 2005, n. 17, art. 1, convertito con modificazioni nella L. 22 aprile 2005, n. 60, ha sostituito l’art. 175 c.p.p., comma 2 il quale, nel testo ora vigente, così dispone: "Se è stata pronunciata sentenza contumaciale o decreto di condanna, l’imputato è restituito, a sua richiesta, nel termine per proporre impugnazione od opposizione, salvo che lo stesso abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento e abbia volontariamente rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione od opposizione. A tale fine l’autorità giudiziaria compie ogni necessaria verifica". La nuova disposizione, così come è stata costantemente interpretata da questa Corte, è inequivoca nello stabilite che in caso di decreto penale di condanna, l’imputato che ne faccia richiesta deve essere restituito nel termine per proporre opposizione a meno che il giudice, il quale a tal fine deve compiere ogni necessaria verifica, non accerti e dimostri con adeguata motivazione che l’imputato aveva avuto effettiva conoscenza del provvedimento ed aveva volontariamente rinunciato a proporre opposizione, non essendo più a tal fine sufficiente la sola presenza di una notifica formalmente valida effettuata a mani di soggetto diverso dal destinatario dell’atto (come è avvenuto nel caso di specie).

3.2. – Ciò posto si osserva che, mentre la prova della non conoscenza del provvedimento doveva in precedenza essere fornita dal condannato, è stata ora introdotta una sorta di presunzione iuris tantum di non conoscenza (Cass., Sez. 6,9 maggio 2006, Kera, m.

234283; Sez. 1, 6 aprile 2006, Latovic, n. 233615), ed è stato posto "a carico" del giudice l’onere di reperire negli atti l’eventuale dimostrazione del contrario (Sez. 1, 21 febbraio 2006, Halilovic, n. 233515), nel senso che deve essere il giudice, richiesto della restituzione in termini, ad accertare l’effettiva conoscenza del provvedimento, soprattutto in presenza di allegazioni da parte dell’imputato (Sez. 5, 21 novembre 2006, Vargas Cabrerà, n. 235336).

Il giudice ha quindi l’onere di compiere ogni necessaria verifica allo scopo di stabilire se dagli atti emerga la prova dell’effettiva conoscenza del processo da parte dell’imputato contumace (Sez. 1, 9 marzo 2006, Coppola, n. 233516), con la conseguenza che la concessione del nuovo termine si impone anche in caso di dubbio, ossia nel caso in cui la prova positiva della conoscenza effettiva non sia pienamente raggiunta (Sez. 5,18 gennaio 2006, Picuti, m.

243003).

3.3. – Per contro, il provvedimento impugnato, nel rigettare la richiesta di restituzione nel termine per proporre appello (senza peraltro porsi la problematica attinente al momento a far data dal quale potesse, in base agli atti, dirsi decorso o meno il termine per la proposizione del termine per impugnare che, a pena di decadenza, è di trenta giorni dalla effettiva conoscenza della sentenza che si intende gravare) non ha dato contezza di tale effettiva conoscenza da parte del condannato vuoi del procedimento in sè, vuoi del provvedimento decisorio, posto che gli assunti addotti (in particolare in relazione al contenuto delle conversazioni intercettate menzionate) non sono inequivoci e sono inoltre confinati al periodo delle indagini preliminari allorquando non solo, non vi è stata la promozione dell’azione penale con la fissazione definitiva dell’addebito, ma non vi è neppure certezza che l’azione penale sia stata in concreto esercitata (sulla questione cfr. Cass., Sez. 1, 24 giugno 2009, n. 29851, Cari, rv. 244316 che ha ritenuto che l’effettiva conoscenza del procedimento, che impedisce la restituzione in termini per l’impugnazione della sentenza contumaciale, va riferita alla conoscenza dell’accusa contenuta in un provvedimento formale di "vocatio in iudicium", solo in tal caso potendo ritenersi volontaria la rinuncia a comparire). Nè può infime dirsi essere stata raggiunta la tranquillante prova della volontà dell’ A. di non comparire nel procedimento a suo carico ovvero di non impugnare la consequenziale sentenza contumaciale (Cass., Sez. 1,30 marzo 2010, n. 20862, Matrone, rv. 247403).

Il giudice ha pertanto disatteso i principi ed i canoni valutativi dianzi indicati ed imposti dal vigente testo dell’art. 175 c.p.p., comma 2, e il provvedimento censurato deve quindi essere annullato con rinvio alla Corte di Appello di Torino perchè proceda a nuovo esame della istanza difensiva.

4. – Ne consegue che deve adottarsi pronunzia ai sensi dell’art. 623 c.p.p. come da dispositivo.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di Appello di Torino.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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