Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino-Alto Adige – Sede di Trento N. 62/2009

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 52 del 2008 proposto dalla società Centro Vacanze Veronza S.p.a., in persona del legale rappresentante signor Bortolo Dalle Nogare, rappresentata e difesa dall’avvocato Gianpiero Luongo ed elettivamente domiciliata presso lo studio dello stesso in Trento, via Serafini, 9

CONTRO

il Comune di Moena (Trento), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Roberta de Pretis ed elettivamente domiciliato presso lo studio della stessa in Trento, via SS. Trinità, 14

CONTRO

la Provincia autonoma di Trento, in persona del Presidente pro tempore, non costituita in giudizio;

per l’annullamento

* della “deliberazione n. 38/05 di data 19.9.2007 del Consiglio comunale di Moena di prima adozione della variante generale al piano regolatore generale”;
* della “deliberazione n. 47/06 di data 26.11.2007 del Consiglio comunale di Moena di adozione definitiva della variante generale al piano regolatore generale”;
* della “deliberazione n. 2761 di data 7.12.2007, pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione n. 51/I/II di data 18.12.2007, della Giunta provinciale di Trento, di approvazione della variante generale al piano regolatore generale di Moena”;
* nonché di “ogni altro atto presupposto, infraprocedimentale e consequenziale”.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione comunale intimata;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Uditi alla pubblica udienza del 12 febbraio 2009 – relatore il consigliere Alma Chiettini – l’avvocato Gianpiero Luongo per la parte ricorrente e l’avvocato Roberta de Pretis per l’Amministrazione comunale;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

F A T T O

1. La società ricorrente espone in fatto di essere proprietaria dell’edificio tavolarmente individuato dalla p.ed. 929, in C.C. Moena, originariamente costituente l’albergo Villa Emma. Con concessione ad edificare n. 04/73, del 16.8.2004, l’Amministrazione comunale ha autorizzato i lavori di demolizione con ricostruzione dell’immobile destinato ad essere trasformato in una “residenza turistico alberghiera”. I relativi lavori hanno avuto inizio in data 2.8.2005.

2. Con la deliberazione del 31.1.2005, n. 6/1, il Consiglio comunale di Moena ha adottato il documento preliminare per l’individuazione degli obiettivi da perseguire con la variante al piano regolatore.

Quindi, con provvedimenti n. 19/3 del 24.3.2005 di prima adozione, e n. 15/2 del 29.5.2007 di adozione definitiva, il Comune di Moena ha deliberato la variante generale al piano regolatore. Successivamente, però, essendo emersa una possibile situazione di incompatibilità di alcuni consiglieri, il Consiglio comunale ha ravvisato l’opportunità di revocare le due deliberazioni per evitare eventuali impugnazioni che avrebbero potuto ritardare i tempi di attuazione delle nuove previsioni.

Di conseguenza, l’Amministrazione comunale con provvedimento n. 38/5 del 19.9.2007 ha nuovamente provveduto alla prima adozione della variante al piano regolatore generale e con deliberazione n. 47/6 alla adozione definitiva, con l’eliminazione delle situazioni di possibile incompatibilità.

La Giunta provinciale ha approvato la variante in questione con il provvedimento n. 2761, di data 7.12.2007, che è dunque in vigore dal 19.12.2007.

L’articolo 40 delle nuove norme di attuazione disciplina le “zone ricettive – alberghiere” disponendo che trattasi di “aree destinate alla costruzione di attività alberghiere ad esclusione delle residenze turistico alberghiere …”.

3. Con ricorso notificato in data 15 febbraio 2008 e depositato presso la Segreteria del Tribunale il successivo 4 marzo, la ricorrente ha impugnato i nominati provvedimenti di adozione e di approvazione della variante al piano regolatore, atti meglio specificati in epigrafe, chiedendone l’annullamento in parte qua con riferimento alla riportata disposizione dell’articolo 40, e deducendo i seguenti motivi di diritto:

I – “violazione degli articoli 39 bis, 40, 41 e 42 della legge provinciale 5.9.1991, n. 22; eccesso di potere per carenza e sviamento di potere”. Si ritiene che il provvedimento di revoca avrebbe necessariamente comportato anche il venir meno dell’atto presupposto: la nuova adozione della variante mancherebbe pertanto del necessario documento preliminare programmatico;

II – “eccesso di potere per manifesta contraddittorietà, per sviamento di potere, per omessa e comunque carente istruttoria, per difetto di motivazione; eccesso di potere per manifesta illogicità anche in relazione alla legge provinciale 15.5.2002, n. 7”. La ricorrente lamenta che l’articolo 40 delle norme di attuazione abbia escluso dalle attività ammesse nelle zone alberghiere le residenze turistico alberghiere che rientrerebbero, da ogni punto di vista, nella tipologia degli esercizi alberghieri;

III – “eccesso di potere per difetto, sotto ulteriore profilo, di motivazione; eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà manifeste”, in quanto i provvedimenti impugnati sarebbero privi di alcuna motivazione sul merito della contestata scelta;

IV- “violazione degli articoli 41 e 42 della Costituzione, anche in relazione alla legge provinciale 15.5.2002, n. 7; eccesso di potere per sviamento di potere e per manifesta illogicità”, perché la normativa impugnata comporterebbe un’irragionevole limitazione alla libertà di iniziativa economica privata.

4. Nei termini di legge si è costituita in giudizio l’Amministrazione comunale intimata chiedendo la reiezione del ricorso perché infondato nel merito.

5. Alla pubblica udienza del 12 febbraio 2009 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

D I R I T T O

1. Con il ricorso in esame la società Centro vacanze Veronza ha impugnato le deliberazioni del Consiglio comunale di Moena di prima adozione e di adozione definitiva della variante al piano regolatore generale, nonché la deliberazione della Giunta provinciale di approvazione di detta variante, chiedendone l’annullamento in parte qua. Viene contestata, in particolare, la nuova formulazione dell’articolo 40 delle n.t.a. del piano regolatore ove, per le aree destinate alla costruzione di attività alberghiere ed attrezzature turistiche, è stata esclusa la possibilità di realizzare residenze turistico alberghiere.

2. Procedendo dal primo motivo di ricorso, con esso si deduce un vizio procedurale relativo all’iter di adozione dei provvedimenti impugnati.

Per la comprensione della censura, occorre premettere che – come già sinteticamente esposto in fatto – la variante urbanistica è stata adottata una prima volta dal Consiglio comunale di Moena con le deliberazioni n. 19/03 del 2005 e n. 15/2 del 2007. Successivamente, “considerato che la partecipazione dei consiglieri comunali alle sedute nelle quali sono stati adottati i due provvedimenti è stata condizionata dagli interessi diretti o di parenti”, l’Amministrazione, con la deliberazione n. 37/04 del 11.9.2007, ha “ravvisato l’opportunità di revocare le due deliberazioni, anche per evitare eventuali impugnazioni che potrebbero dilazionare notevolmente i tempi di effettiva attuazione delle previsioni urbanistiche”, oltre che per “garantire la più ampia partecipazione dei consiglieri comunali all’adozione della variante”.

Il procedimento di adozione, che era iniziato con l’emanazione dell’atto 31.1.2005, n. 6/1, ossia del documento preliminare previsto dall’articolo 39 bis della legge urbanistica provinciale 5.9.1991, n. 22, è stato riattivato, dopo l’anzidetta revoca delle deliberazioni di prima adozione e di adozione definitiva, con le rinnovate deliberazioni di adozione.

La ricorrente sostiene, dunque, che la disposta revoca avrebbe comportato “il venir meno” anche dell’atto presupposto, ossia del documento preliminare, cosicché le due nuove deliberazioni non sarebbero più sorrette dal necessario documento preliminare.

Il motivo è privo di giuridico pregio.

Invero, la citata deliberazione del consiglio comunale n. 37/04 del 11.9.2007 ha revocato le sole deliberazioni n. 19/3 e n. 15/2, per le motivazioni chiaramente esposte sull’incompatibilità di singoli consiglieri.

Ora, secondo i noti principi che disciplinano lo svolgersi del procedimento amministrativo, vanno distinti i vizi che colpiscono l’intero procedimento da quelli che riguardano solo determinate fasi dell’iter. In tale prospettiva, “il canone fondamentale è quello della conservazione degli atti giuridici, operante in tutti i settori dell’ordinamento giuridico, ma che, nel diritto amministrativo assume una valenza rafforzata, in relazione alle specifiche regole di economicità dell’azione amministrativa e del divieto di aggravamento del procedimento”. Da ciò si deduce che la concreta portata di un annullamento, o di una revoca, deve essere rigorosamente circoscritta soltanto agli atti effettivamente inficiati dai vizi accertati. “Di conseguenza, la rinnovazione del procedimento deve limitarsi solo alle fasi viziate ed a quelle successive, conservando l’efficacia dei precedenti atti legittimi del procedimento” (cfr., in termini: C.d.S., sez. V, 8.9.2008, n. 4269).

Nello stesso senso, occorre anche aggiungere che, in applicazione del principio “utile per inutile non vitiatur”, l’annullamento o la revoca si rivolgono agli atti viziati ed a quelli inscindibilmente connessi, ma non anche a quelli funzionalmente indipendenti. Ugualmente è a dirsi per le fasi del procedimento indipendenti da quelle travolte dagli atti di ritiro ed, in particolare, per quelle che le precedono.

Alla luce dei ricordati principi, appare innanzitutto corretto che l’intervenuta revoca, attesa la sua ragione, sia stata limitata alle sole deliberazioni di adozione e che non abbia interessato anche il documento preliminare di carattere programmatico. Con tale atto, infatti, l’Amministrazione si è limitata ad individuare gli obiettivi da perseguire per raggiungere le finalità dalla normativa urbanistica ed a definire le linee strategiche d’azione su cui poi sviluppare le scelte del piano regolatore generale. Trattasi, quindi, di un atto di indirizzo sulle scelte strategiche nella pianificazione del proprio territorio, in relazione al quale non sono emerse specifiche situazioni di incompatibilità di singoli consiglieri.

In secondo luogo, per gli stessi principi già esposti, vista l’autonomia delle manifestazioni di volontà espresse dapprima in sede di definizione delle strategie e successivamente come scelte operative, la fase della sequenza procedimentale precedente, esauritasi col documento programmatico, non è investita né pregiudicata dall’atto di ritiro ed è rimasta quindi immune dalla revoca.

Il primo motivo di ricorso va perciò disatteso.

3a. Con il secondo e con il terzo motivo, che possono essere esaminati congiuntamente, la società ricorrente censura l’intervenuta modifica dell’articolo 40 delle n.t.a. del piano regolatore, e precisamente nella parte in cui si esclude che, nelle aree destinate alle attività alberghiere ed alle attrezzature turistiche, si possano realizzare residenze turistico alberghiere. Al proposito, l’istante deduce sia che la fattispecie esclusa rientra nella tipologia degli esercizi alberghieri (secondo la legislazione provinciale in materia di turismo, di cui alla legge provinciale 15.5.2002, n. 7), sia che non si comprenderebbero le ragioni della scelta compiuta dal pianificatore di Moena.

3b. Il Collegio ritiene opportuno premettere che sulla base della normativa previgente, e precipuamente dell’articolo 12 delle norme tecniche, nell’anno 2004 la società ricorrente ha ottenuto la concessione ad edificare n. 04/73 per realizzare una residenza turistico alberghiera sul sedime dell’edificio ex albergo Villa Emma. Questo è stato completamente demolito per edificare un nuovo fabbricato articolato in cinque livelli fuori terra destinati a 23 unità abitative. Ogni alloggio è composto da soggiorno, cucina, due camere da letto e servizi igienici, per una superficie minima di 65 mq.

Così esplicitata la situazione della ricorrente, essa assume che la nuova versione del citato articolo 40 – lesiva dei propri interessi, anche futuri, essendo già proprietaria di un immobile destinato a residenza turistico alberghiera – sarebbe illogica e immotivata, posto che le residenze turistico alberghiere rientrano a tutti gli effetti nella tipologia degli esercizi alberghieri.

Tali censure non possono essere condivise.

3c. Osserva innanzitutto il Collegio che le scelte urbanistiche, che inevitabilmente valorizzano alcune aree mortificando le prospettive di utilizzazione di altre, costituiscono apprezzamenti di merito, anche se ciò “non significa che esse siano sottratte al sindacato di legittimità, ma solo che quest’ultimo non può che essere limitato alle macroscopiche figure sintomatiche dell’eccesso di potere, dell’arbitrarietà, dell’irrazionalità o dell’irragionevolezza della scelta o del travisamento dei fatti in relazione alle esigenze che si intendono concretamente soddisfare” (cfr., C.d.S., Ad. plen., 22.12.1999, n. 24; T.R.G.A., Trento, 6.6.2005, n. 170, e, da ultimo, C.d.S., sez. IV, 30.9.2008, n. 4712; sez. IV, 9.6.2008, n. 2837 e T.R.G.A. Trento, 9.9.2008, n. 227).

E’ stato poi anche chiarito che la destinazione data con lo strumento urbanistico ad una zona del territorio, e le connesse valutazioni dell’Amministrazione, non necessitano di apposita motivazione oltre a quella che si può evincere dai criteri generali di ordine tecnico – discrezionale seguiti dall’impostazione del Piano stesso, criteri che possono essere desunti anche dagli elaborati tecnici che lo accompagnano richiamati dal provvedimento conclusivo o dalla relazione di accompagnamento al progetto (cfr., ex multis, C.d.S., sez. IV, 11.10.2007, n. 5357).

3d. Così definiti in termini generali i limiti entro cui possono essere sindacate le scelte pianificatorie, va ora precisato che la classificazione delle tipologie degli esercizi alberghieri, disposta dall’articolo 5 della legge provinciale 15.5.2002, n. 7, è stata adottata nell’esercizio della competenza legislativa primaria in materia di turismo e industria alberghiera (articolo 8, primo comma, n. 20) dello Statuto speciale d’autonomia) e dunque al “fine di promuovere la qualificazione del turismo trentino e di garantire al consumatore l’effettivo rispetto del livello dei servizi offerti” (cfr. articolo 1). A tali fini la citata normativa ha introdotto sia un nuovo sistema di classificazione che un sistema di certificazione di qualità aziendale, tra loro complementari.

I generi di esercizi alberghieri individuati dal Legislatore provinciale per le riportate finalità non possono però precostiture un automatico vincolo per il pianificatore territoriale i cui autonomi poteri di scelta, anche nel definire le tipologie degli insediamenti che possono essere realizzati in determinate aree, godono invece dell’ampia discrezionalità sopra ricordata, salvo che non risultino incoerenti con l’impostazione di fondo della pianificazione o non siano manifestamente incompatibili con le caratteristiche oggettive del territorio.

Nello stesso senso, è già stato affermato dal giudice amministrativo che “è legittima la variante al Prg che distingue, nel prevedere gli interventi edificatori ammessi in una certa zona, tra strutture alberghiere e residences, in quanto la l. 17 maggio 1983 n. 217 (ora abrogata dall’art. 11 comma 6, l. 29 marzo 2001 n. 135), che qualificava come strutture ricettive sia gli alberghi che le residenze turistico alberghiere, aveva finalità legate allo sviluppo turistico ed era quindi irrilevante sotto il profilo urbanistico, come analoga irrilevanza sotto il profilo delle scelte urbanistiche del Comune ha la definizione unitaria delle due strutture operata dalla l. reg. Lombardia 28 aprile 1997, n. 12” (cfr., T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 8.10.2004, n. 5497).

3e. Occorre a questo punto osservare che la contestata limitazione, secondo il Collegio, non appare in contrasto con le scelte strategiche poste a fondamento della variante generale in esame, dato che nel Documento preliminare di carattere programmatico si legge che era intenzione del pianificatore recuperare il patrimonio alberghiero dismesso e riqualificare l’esistente e si afferma che “l’obiettivo è quello di evitare il ricorso alla speculazione immobiliare e l’aumento indiscriminato delle seconde case che andrebbero ulteriormente a sbilanciare il già compromesso equilibrio tra posti letto alberghieri ed extralberghieri”.

Nello stesso Documento si riscontra, altresì, che il rapporto residenti / turisti, che dovrebbe essere 1 a 3, a Moena è di 1 abitante ogni 4 turisti, e che la consistenza dei posti letto extralberghieri è doppia rispetto ai letti alberghieri.

Nella relazione illustrativa alla variante, oltre alla ripresa degli stessi concetti (cfr. pag. 7), si legge anche che si intendevano effettuare interventi per “consentire uno sviluppo turistico alberghiero di livello elevato” (cfr. pag. 28).

3f. Collocata in tale quadro, la scelta pianificatoria contestata non appare né incoerente né illogica, posto che gli alberghi residenziali sono strutture particolari rispetto all’albergo tradizionale in quanto prevedono la possibilità di preparare in autonomia i pasti in appositi spazi cucina, o in zone all’uopo dedicate, per ogni singola unità abitativa. In merito, il Collegio condivide quanto controdedotto dall’Amministrazione, la quale ritiene che per tale peculiare tipologia sia prevalente il servizio della residenzialità rispetto a quanto offerto dalle classiche strutture alberghiere.

E’ altresì evidente che le strutture turistico alberghiere comportano un carico urbanistico diverso dalle strutture alberghiere, potendo favorire insediamenti stabili, anche di tipo familiare, con le esigenze infrastrutturali che ne derivano, ad esempio in materia di parcheggi (cfr., in termini, T.A.R. Lombardia, Milano, n. 5497 del 2004, cit.).

E’ infine necessario segnalare che il Legislatore provinciale, per far sì che in tali strutture il carattere della residenzialità rimanga comunque limitato, con l’articolo 18 della legge 11.3.2005, n. 3, ha introdotto, nella già citata legge n. 7 del 2002, l’articolo 13 bis con il quale ha imposto il divieto di frazionamento della proprietà delle residenze turistico alberghiere (per il periodo di permanenza del vincolo urbanistico di destinazione alberghiera dell’area interessata) per impedire l’alienabilità delle singole unità abitative.

Anche tali motivi non possono dunque essere condivisi.

4. Con l’ultimo motivo la società ricorrente denuncia la violazione degli articoli 41 e 42 della Costituzione perché la scelta pianificatoria contestata, incidendo sulle astratte potenzialità delle aree urbanisticamente dedicate allo sviluppo ricettivo alberghiero, costituirebbe un’irragionevole limitazione alla libertà di iniziativa economica oltre che alla proprietà privata.

Il motivo è privo di pregio.

Va ricordato che per la giurisprudenza amministrativa l’introduzione da parte del Legislatore del vincolo alberghiero trova la sua giustificazione negli articoli 41, terzo comma, e 42, secondo comma, della Costituzione, i quali, rispettivamente, consentono alla legge di “funzionalizzare” ai fini sociali sia la libera attività economica sia la proprietà privata (cfr., C.d.S., sez. V, 15.5.2006, n. 2696). Di conseguenza, il Collegio ritiene che la normativa in esame – ove il pianificatore comunale esclude che nelle zone alberghiere si possa realizzare una sola, e particolarissima, tipologia di esercizi – rientri nel relativo potere conformativo. Essa costituisce una chiara applicazione dei principi posti dai richiamati articoli costituzionali per il perseguimento dei dichiarati (e sopra riportati al punto 3e.) interessi prioritari di natura sociale, al fine di favorire uno sviluppo equilibrato della relazione tra residenzialità e turismo, anche nell’ottica del ripensamento del loro rapporto.

In tal senso, il Collegio ritiene non pertinente la giurisprudenza citata dalla difesa di parte ricorrente (C.d.S., sez. V, 2.5.1996, n. 4497), posto che, in questo caso, l’Amministrazione non ha introdotto un generale divieto di cambio di destinazione d’uso nel passaggio da uno all’altro dei tipi di alberghi previsti. Essa ha solo imposto un contenuto sacrificio – nella forma del divieto di realizzare una sola tipologia fra tutte le altre esistenti – sorretto dalla riportata motivazione che dà sufficientemente conto della ragionevolezza della scelta in attuazione degli interessi esplicitati dal pianificatore comunale nell’esercizio della sua discrezionalità, il cui confine insuperabile risiede proprio nella sua intrinseca logicità.

5. In conclusione, per le argomentazioni sopra esposte, il ricorso deve essere respinto.

Le spese del giudizio, in applicazione del principio della soccombenza, sono poste a carico della parte ricorrente e sono quantificate in dispositivo.

P. Q. M.

il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa del Trentino – Alto Adige, sede di Trento, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 52 del 2008, lo respinge.

Condanna la società Centro Vacanze Veronza S.p.a. al pagamento delle spese del giudizio che liquida in € 4.800,00 (quattromilaottocento) (di cui € 4.000 per onorari ed € 800 per diritti), oltre a I.V.A. e C.P.A. ed al 12,5% sull’importo degli onorari a titolo di spese generali.

Così deciso in Trento, nella camera di consiglio del 12 febbraio 2009, con l’intervento dei Magistrati:

dottor Lorenzo Stevanato – Presidente f.f.

dottoressa Alessandra Farina – Consigliere

dottoressa Alma Chiettini – Consigliere estensore

Pubblicata nei modi di legge, mediante deposito in Segreteria, il giorno 26 febbraio 2009

Il Segretario Generale

dott. Giovanni Tanel
N. 62/2009 Reg. Sent.

N. 52/2008 Reg. Ric.

Fonte: www.giustizia-amministrativa.it

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