Cons. Stato Sez. IV, Sent., 01-04-2011, n. 2047 Interpretazione della legge Trasferimenti d’ufficio e su richiesta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato in data 27 maggio 2008, il dott. B. propone appello avverso la sentenza 5 settembre 2007 n. 8592, con la quale il TAR per il Lazio, sez. I, ha respinto il suo ricorso avverso: a) il provvedimento 20 novembre 2001, con il quale il Ministero della Giustizia ha respinto la sua istanza volta ad ottenere l’erogazione dell’indennità di missione, di cui all’art. 6 l. n. 27/1981, oltre interessi sulle somme stesse dalla spettanza al saldo; b) il provvedimento del Ministero della giustizia 14 marzo 2002, con il quale, nell’attribuirgli la predetta indennità, si disponeva al contempo "la riserva di ripetizione all’esito del giudizio in corso".

Il ricorrente, quale sostituto procuratore generale presso la Corte di Appello di Venezia, a seguito di trasferimento da Bassano del Grappa, ove svolgeva le funzioni di Sostituto Procuratore della Repubblica presso il locale Tribunale, ha chiesto l’attribuzione dell’indennità di missione prevista dall’art. 6 l. n. 27/1981, ma il Ministero ha dapprima respinto la richiesta ( provvedimento 20 novembre 2001), poi ha emesso ordine di pagamento di Euro 4.377,58, a titolo di indennità di missione dal 1 ottobre 1998 al 30 settembre 1999, ma "con riserva di ripetizione all’esito del giudizio in corso".

La sentenza impugnata, giudicando del ricorso e dei successivi motivi aggiunti, nel respingerli ha affermato:

– che essendo stata disposta l’erogazione con riserva di ripetizione, essa non determina la cessazione della materia del contendere, né l’amministrazione ha "accertato alcun diritto, facendo espressamente riferimento all’esito del giudizio", e "l’eventuale omessa comunicazione all’interessato dell’apposizione della riserva non incide in alcun modo sulla sussistenza o meno del diritto all’indennità di missione";

– che non sussiste il diritto a percepire l’indennità di missione di cui all’art. 13, co. 2, l. n. 97/1979 (come sostituito dall’art. 6 l. n. 27/1981) – in base al quale l’indennità di missione è corrisposta ai magistrati trasferiti d’ufficio o comunque destinati ad una sede di servizio per la quale non hanno proposto domanda, ancorchè abbiano manifestato il consenso o la disponibilità fuori dalle ipotesi di cui all’art. 2, co. 2, r.d.lgs. n. 511/1946, in misura intera per il primo anno ed in misura ridotta alla metà per il secondo anno – e ciò perché l’art. 1, co. 209, l. n. 266/2005 (norma interpretativa avente applicabilità retroattiva) ha interpretato il citato art. 13 nel senso che per il mutamento di sede la domanda o la disponibilità o il consenso comunque manifestato dai magistrati per il cambiamento della località sede di servizio è da considerare, ai fini del riconoscimento del beneficio economico, come domanda di trasferimento di sede.

L’appellante ripropone in questa sede i motivi respinti in primo grado, proposti avverso i provvedimenti impugnati (riportati sub lettere ad) e propone motivi avverso l’iter argomentativo della sentenza (sub lettere eg):

a) eccesso di potere e violazione di legge; travisamento dei presupposti; violazione e falsa applicazione art. 24 l. n. 144/1999, in relazione agli art. 97 Cost. e 1 l. n. 241/1990; poiché l’art. 24 citato – che secondo l’amministrazione vieterebbe di adottare provvedimenti per l’estensione di decisioni giurisdizionali, salvo che l’interessato non rivesta la posizione di ricorrente o resistente in grado di appello – deve interpretarsi come "divieto di una generalizzata automatica estensione del giudicato ad ogni soggetto della categoria"; al contrario "ove invece il singolo avente diritto ne faccia richiesta, l’amministrazione deve provvedere alla necessaria istruttoria, accertando la sussistenza dei presupposti e, ad accertamento positivo raggiunto, operare il calcolo delle somme dovute per il periodo di spettanza";

b) eccesso di potere e violazione di legge; violazione e mancata applicazione art. 13 l. n. 97/1979, come mod. dall’art. 6 l. n. 27/1981; diritto al percepimento dell’indennità di missione; poiché – sulla base della ricognizione della normativa applicabile – sussiste il diritto del ricorrente al percepimento dell’indennità di missione richiesta nella misura di legge;

c) eccesso di potere in relazione all’apposizione della riserva di ripetizione; illogicità manifesta; sviamento di potere; in quanto la riserva di ripetizione è stata apposta con riferimento al quantum dell’emolumento – da intendersi quindi come riconosciuto – e non in considerazione di un possibile disconoscimento del diritto;

d) violazione e falsa applicazione art. 7 l. n. 241/1990, poiché non è stata data comunicazione di avvio del procedimento, in relazione al provvedimento che ha disposto il pagamento dell’indennità e l’apposizione della riserva di ripetizione;

e) travisamento dei presupposti e carenza di motivazione in merito alla buona fede e al legittimo affidamento del ricorrente sulla definitività delle somme corrisposte; disparità di trattamento; poiché, essendo stato notificato al ricorrente solo l’avviso di pagamento, non contenente alcuna menzione della pretesa riserva di ripetizione, lo stesso "era assolutamente inidoneo a rendere consapevole l’accipiens della provvisorietà del pagamento effettuato" e quindi tale da "radicare nel percipiente il ragionevole convincimento nella definitività dell’attribuzione e della legittima spettanza delle somme corrisposte", legittima convinzione che "avrebbe dovuto prevalere anche sulla applicazione dello jus superveniens";

f) mancata applicazione dell’art. 1, co. 215 l. n. 266/2005; poiché tale comma, non considerato dalla sentenza appellata dimostra "la volontà del legislatore di non intaccare le legittime aspettative pregresse";

g) travisamento dei presupposti; erronea interpretazione ed immotivata applicazione del comma 209 dell’art. 1 l. n. 266/2005; poiché occorre tenere distinti l’attribuzione di funzioni superiori ed il semplice trasferimento "perchè nel mero trasferimento di sede può prevalere l’interesse del singolo magistrato, mentre nel primo la prevalenza va pacificamente riconosciuta all’interesse pubblico" e "ferma la diversità delle due ipotesi, la finanziaria 2006 nulla specifica con riguardo al conferimento di funzioni superiori, cosicchè appare irragionevole estendere il suo portato ai casi nei quali prevale l’interesse pubblico".

Si è costituito in giudizio il Ministero della giustizia, che ha concluso richiedendo il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.

Con memoria datata 15 dicembre 2010, l’appellante ha insistito, in particolare, sull’erroneità della sentenza appellata, che avrebbe dovuto dichiarare la cessazione della materia del contendere e/o l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse.

All’odierna udienza, la causa è stata riservata in decisione.
Motivi della decisione

L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto.

Come è noto, l’art. 13, comma secondo, della legge 2 aprile 1979 n. 97 (come modificato dall’art. 6 l. n. 27/1981), in tema di indennità di missione, prevede che l’indennità di cui alla legge 6 dicembre 1950 n. 1039, indicata al primo comma dell’articolo medesimo, "è corrisposta, con decorrenza dal 1° luglio 1980, con le modalità di cui all’articolo 3, L. 6 dicembre 1950, n. 1039, ai magistrati trasferiti d’ufficio fuori della ipotesi di cui all’articolo 2, secondo comma, del R.D.Lgs. 31 maggio 1946, n. 511, in misura intera per il primo anno ed in misura ridotta alla metà per il secondo anno."

La disposizione ora citata ha esteso la portata dell’art. 1 l. n. 1039/1950 (già introdotta in favore dei magistrati ordinari promossi al grado terzo e destinati a sede diversa da quella in cui esercitavano le funzioni del grado inferiore) ai magistrati trasferiti d’ufficio ad una sede di servizio diversa per motivi differenti dall’incompatibilità ambientale.

La prevalente giurisprudenza di questo Consiglio ha interpretato il citato art. 13 nel senso che devono intendersi ricomprese nell’ambito dei trasferimenti d’ufficio anche le procedure, pur avviate a istanza di parte, caratterizzate dal conferimento al magistrato trasferito di funzioni superiori rispetto a quelle dallo stesso in precedenza espletate

Tuttavia, il legislatore ha introdotto una propria norma interpretativa (art. 1, comma 209, l. 23 dicembre 2005 n. 266), secondo la quale "l’articolo 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, e successive modificazioni, si interpreta nel senso che ai fini del mutamento di sede la domanda o la disponibilità o il consenso comunque manifestato dai magistrati per il cambiamento della località sede di servizio e" da considerare, ai fini del riconoscimento del beneficio economico previsto dalla citata disposizione, come domanda di trasferimento di sede.".

Tale norma, secondo la giurisprudenza di questo Consiglio (Cons. Stato, sez. IV, 22 dicembre 2007 n. 6612; 18 ottobre 2010 n. 7571), stante la sua natura interpretativa, ha efficacia retroattiva e, pertanto, si applica anche ai trasferimenti disposti, come quello all’esame, prima dell’entrata in vigore della norma stessa.

Né è possibile sostenere che tale norma, calandosi su un diverso e consolidato orientamento giurisprudenziale, abbia in realtà natura innovativa.

Come questo Consiglio ha già rilevato (Cons. Stato, sez. IV, 15 febbraio 2010 n. 824), il carattere di interpretazione autentica di una legge non presuppone infatti indispensabilmente una preesistente situazione di incertezza o di conflitti interpretativi nella sua applicazione: è invece necessario e sufficiente che la legge interpretativa imponga una scelta ermeneutica rientrante fra le possibili opzioni interpretative, cioè, stabilisca un significato che ragionevolmente poteva essere ascritto alla legge anteriore.

Entro tali limiti il ricorso allo strumento della interpretazione autentica, pur sopravvenendo in presenza di una diversa giurisprudenza consolidata, non è del resto ex se sospettabile di illegittimità costituzionale, essendo costituzionalmente garantita la sola irretroattività della legge penale.

Alla luce del dettato normativo, non sussiste, nel caso di specie, il diritto del ricorrente a percepire l’invocata indennità di missione, il che comporta l’infondatezza dei motivi (riportati sub lett. a), b) e g) dell’esposizione in fatto), a nulla rilevando l’eventuale, pregresso riconoscimento ed attribuzione di indennità intervenuta in favore di altri magistrati, non ponendosi, quindi, problemi di estensione (o meno) del giudicato formatosi in altri casi.

In particolare, dal chiaro dettato del comma 209, non risulta alcuna possibilità di ritenere che il medesimo (cioè l’interpretazione autentica da esso introdotta) non si applichi all’ipotesi di trasferimento determinato da conferimento di funzioni superiori, posto che la norma fa onnicomprensivamente riferimento a tutti i casi di "mutamento di sede" intervenuto per effetto di domanda, disponibilità o consenso comunque prestato dal magistrato.

Altrettanto infondati sono gli ulteriori motivi di appello, relativi alla effettiva "natura" della ripetizione delle somme; al non essere stata la stessa comunicata (dal che deriverebbe la buona fede dell’accipiens, tale da "resistere" anche allo jus superveniens); al non essere stato comunicato l’avvio del procedimento che ha portato all’emanazione del provvedimento che tale riserva prevede (supra, sub lett. c), d), e).

Il provvedimento di attribuzione dell’indennità di missione prevede espressamente che la stessa viene erogata "con riserva di ripetizione all’esito del giudizio in corso", cioè del giudizio all’epoca instaurato dall’appellante innanzi al TAR Lazio avverso il provvedimento di diniego.

Appare, dunque, evidente che la riserva di ripetizione espressa dall’amministrazione non riguarda la "misura" dell’indennità (che non formava affatto oggetto di contenzioso), bensì la sussistenza stessa del diritto a percepire la medesima, il cui accertamento era, al momento dell’emanazione del provvedimento, sub judice.

Il che, per un verso – come ha correttamente ritenuto la sentenza di I grado – esclude qualunque ipotesi di cessazione della materia del contendere (o di improcedibilità del ricorso); per altro verso, esclude la buona fede del percipiente, non potendo questa essere invocata laddove una erogazione di somme venga disposta dall’amministrazione, con chiara indicazione del suo carattere provvisorio e fermo restando l’esito di un giudizio in corso.

Né assume rilevanza, a tali fini, che il provvedimento contenente la riserva in esame non sia stato comunicato all’appellante, posto che ciò che rileva è la apposizione della condizione da parte dell’amministrazione al momento della (provvisoria) decisione favorevole all’erogazione (come con certezza risultante dal provvedimento emanato) e prima del concreto attuarsi di questa. Così come – stante la insussistenza del diritto – è ininfluente il mancato invio della comunicazione di avvio del procedimento.

Infine, non può trovare accoglimento il motivo (riportato ante sub lett. f), secondo il quale l’art. 1, co. 215, della l. n. 266/2005, dimostrerebbe "la volontà del legislatore di non intaccare le legittime aspettative pregresse". Infatti, tale norma si limita solo a prevedere che "tutte le indennità collegate a specifiche posizioni d’impiego o servizio o comunque rapportate all’indennità di trasferta, comprese quelle di cui… all’art. 13 della legge 2 aprile 1979 n. 97, e successive modificazioni,… restano stabilite nelle misure spettanti anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge".

Risulta evidente come nessuna conseguenza può dispiegare tale norma sulla interpretazione autentica dell’ambito di applicazione dell’art. 13 l. n. 97/1979, di cui al precedente comma 209, posto che con essa il legislatore intende solo escludere che, con le norme precedentemente introdotte, si intenda incidere sulla misura delle indennità. Il che non influisce, come è evidente, sul diverso aspetto della individuazione degli aventi diritto alle indennità medesime, così come retroattivamente stabilita dalla norma di interpretazione autentica.

Per le ragioni esposte, l’appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Le spese e gli onorari del doppio grado di giudizio possono essere compensati, avuto riguardo agli indirizzi giurisprudenziali prevalenti all’epoca della proposizione del ricorso introduttivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello,proposto,da B.A. (n. 4318/2008 r.g.), lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Compensa tra le parti spese, diritti ed onorari del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *