Cons. Stato Sez. IV, Sent., 01-04-2011, n. 2038 Reati in genere e sanzioni amministrative

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso al TAR Campania la società T.C., titolare di esercizio di distribuzione di carburanti sito in Torre Annunziata (a servizio dell’Autostrada A/3), impugnava il decreto del Direttore generale dell’amministrazione dei Monopoli di Stato 24 gennaio 2002 n. 04/22860, nonchè il decreto del direttore dell’Ispettorato compartimentale dei Monopoli di Stato di Napoli 29 maggio 2002 n. 3008; con detti provvedimenti erano, rispettivamente, inflitta la sanzione della chiusura dell’esercizio per venti giorni, e definita la decorrenza della disposta sanzione dal 31° giorno successivo alla data di notifica del secondo degli atti summenzionati. Questi atti costituivano conseguenza di un controllo operato da agenti della Guardia di Finanza presso il predetto l’esercizio di distribuzione, in occasione del quale venivano rinvenuti kg. 0,420 di tabacco (TLE) di contrabbando.

A sostegno del ricorso la società istante deduceva:

– difetto assoluto di motivazione; eccesso di potere per manifesta illogicità; erroneità ed inesistenza dei presupposti di fatto; omessa ponderazione della fattispecie contemplata basata su mera presunzione; contraddittorietà; ciò in quanto il provvedimento di irrogazione della sanzione, non considerando la modica quantità rinvenuta (equivalente a circa 40 pacchetti di sigarette), non ha considerato la destinazione ad uso personale, ma ha affermato che tale quantitativo "lascia presupporre la destinazione a vendita";

violazione del giusto procedimento ed eccesso di potere, in quanto la sanzione è sproporzionata al caso considerato.

Con la sentenza epigrafata il Tribunale amministrativo ha accolto il ricorso.

Il Ministero dell’economia ha però impugnato la sentenza del TAR, chiedendone la riforma e svolgendo motivi ed argomentazioni riassunti nella sede della loro trattazione in diritto da parte della presente decisione.

L’appellata società T.C. si è costituita nel giudizio, resistendo al gravame.

Alla pubblica udienza del 28 gennaio 2011 il ricorso è stato discusso e trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1.- La controversia sottoposta alla Sezione concerne la legittimità della sanzione della chiusura per venti giorni di un esercizio carburanti, irrogata a carico della società appellata in applicazione del’art. 5 della legge n. 50/1994; tale norma prevede la sanzione amministrativa della chiusura dell’esercizio ovvero della sospensione della licenza o dell’autorizzazione per un periodo non inferiore a cinque giorni e non superiore ad un mese, nel caso in cui all’interno di esercizi commerciali o di esercizi pubblici sia contestata nei confronti dei titolari o di loro coadiuvanti o dipendenti la detenzione o la cessione di tabacchi lavorati in violazione delle leggi vigenti ovvero la cessione abusiva.

2.- Con la decisione gravata il TAR ha affermato l’illegittimità della misura inflitta, che ha quindi annullato, osservando in sintesi che:

– soggetti attivi della condotta illecita possono essere anche soggetti diversi dal titolare dell’esercizio, mentre la condotta deve essere rappresentata o dalla cessione dei tabacchi ovvero da una loro detenzione, da intendersi come finalizzata alla vendita;

– nella fattispecie, la limitata quantità dei tabacchi di contrabbando rinvenuti non sorregge, sul piano logico, la motivazione posta a fondamento del provvedimento sanzionatorio, e ciò sia con riferimento alla presunzione di destinazione alla vendita (stante la complessiva, modesta quantità dei tabacchi rinvenuti) sia con riferimento ad una sanzione superiore al minimo edittale, che l’amministrazione ha giustificato proprio con riferimento ad un particolare "quantitativo";

– il provvedimento non ha motivato in ordine alle ragioni che hanno indotto l’amministrazione a ritenere i predetti tabacchi di proprietà della società esercente l’impianto di carburanti e non invece (come potrebbe parimenti far presupporre la loro minima entità), dei dipendenti della società medesima (in particolare, del dipendente presente all’atto del controllo).

3.- Le tesi accolte dal TAR sono avversate dall’appellante Ministero, il quale argomenta, in sintesi, che:

– non sussiste difetto di motivazione, sia in quanto questa può essere ricostruita attraverso gli atti del procedimento, sia in quanto l’art. 5 della citata legge n. 50/1994 non prevede discrezionalità, prevedendo espressamente quale fattispecie sanzionata anche la mera detenzione di tabacchi lavorati di contrabbando;

– una volta accertata la sussistenza dell’illecito in parola, non può considerarsi sproporzionata la sanzione applicata, tenuto conto che la fattispecie contestata è la più grave tra quelle previste dall’art. 5;

– quanto all’ipotesi di considerare la riferibilità dell’illecito al titolare dell’esercizio oppure a collaboratori o dipendenti, su analogo caso il Consiglio di Stato ha ritenuto preponderante il fatto obiettivo dell’infrazione riscontrata (parere n.918 2001 del 6.11.1991).

4.- L’appello è fondato. Le questioni sulle quali la Sezione è chiamata pronunziarsi sono essenzialmente tre.

La prima è se l’art. 5 della legge 50/94 preveda margini di discrezionalità, nell’irrogazione della chiusura temporanea dell’esercizio, per differenziare, in tema di gravità, l’ipotesi della mera detenzione dei tabacchi dalla detenzione finalizzata alla vendita dei medesimi;

la seconda investe la sussistenza o meno di un differente trattamento dell’illecito previa differenziazione tra i soggetti possibili autori della condotta, vale a dire tra titolare dell’esercizio e suoi dipendenti o collaboratori;

la terza verte sulla esistenza di una discrezionalità (e quindi della necessità di motivare) nell’applicazione dell’entità temporale della sanzione irrogata in rapporto all’apprezzamento della fattispecie; in caso affermativo occorre nella specie verificare se, sotto tale aspetto, la sanzione inflitta sia rispettosa del principio di proporzionalità.

Il Collegio ritiene di dover dare esito negativo a tutte le tre problematiche.

4.1- Ed invero, in primo luogo la lettura della norma permette di escludere che essa rechi una differenziazione della fattispecie oggettiva tra mera detenzione e detenzione finalizzata alla vendita; le ipotesi previste sono invece unicamente ed autonomamente "la detenzione o la cessione di tabacchi lavorati"; entrambe, come emerge dalla corretta applicazione della norma, sono poi sanzionabili con la chiusura dell’esercizio, essendo evidente che la disposizione non intende introdurre differenziazioni sanzionatorie sotto il profilo della gravità. Pertanto, non esistendo nella legge una "tertium genus" di illecito costituito dalla detenzione finalizzata alla vendita (come invece sostanzialmente ritenuto dal TAR), non sussiste nella specie un potere discrezionale dell’amministrazione di individuazione di tale tipo di condotta illecita ed è conseguentemente inconfigurabile un dovere di motivare la sanzione in rapporto a detta tipologia.

Per contro non assume rilievo che il provvedimento abbia presunto la detenzione preordinata alla vendita, essendo comunque la sola accertata detenzione sufficiente per potere irrogare la sanzione.

4.2- Quanto al secondo profilo (possibile differenziazione di trattamento tra titolare dell’esercizio suoi dipendenti o collaboratori), il Collegio non ritiene di doversi discostare dal parere n.918 2001 del 6.11.1991); anche qui è evidente che per la norma, prevedendosi la sanzione sia nel caso che l’infrazione sia commessa dal titolare dell’esercizio che da suoi dipendenti o collaboratori, è indifferente che l’illecito sia accerti essere stato commesso dall’uno a dall’altro dei soggetti indicati. Ciò che in effetti assume un ruolo preponderante è l’obiettiva sussistenza dell’infrazione (detenzione o vendita).

4.3 – In ordine al terzo aspetto, infine, il Collegio riconosce nel sistema la necessità che l’amministrazione proceda ad un’applicazione della misura in proporzione alla gravità della condotta (che nel caso in esame il TAR ha ritenuto rapportare alla modesta quantità della merce detenuta e agli altri elementi indicati dalla sentenza); detta esigenza è in effetti confermata dal semplice fatto che la norma prevede un minimo (5 giorni) e un massimo (un mese) di durata della chiusura. Ma con specifico riferimento alla sanzione inflitta nel caso in esame, osserva il Collegio che la stessa non è stata determinata nella misura massima prevista dalla legge, ma in venti giorni, il che denota oggettivamente come l’amministrazione abbia compiuto una valutazione dell’illecito in termini di gravità, valutazione che poteva ritenersi del tutto mancata (violando quindi certamente il principio di proporzionalità) solo nel caso in cui fosse stata prescelta la durata massima indicata dalla norma.

Il provvedimento non può quindi considerarsi privo di motivazione nemmeno sotto il profilo testè trattato.

4. – Conclusivamente l’appello è meritevole di accoglimento, con conseguente riforma della sentenza impugnata e rigetto del ricorso di primo grado.

4.1 Le spese processuali seguono il principio della soccombenza (art. 91 c.p.c), con riferimento ad entrambi i gradi del giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, accoglie l’appello proposto e per l’effetto, in riforma delle sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.

Condanna la società T.C. al pagamento, in favore del Ministero dell’economia, delle spese di entrambi i gradi di giudizio, che liquida complessivamente in Euro cinquemila, oltre accessori.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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