Cass. civ. Sez. III, Sent., 07-07-2010, n. 16029 RESPONSABILITA’ CIVILE

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

1.- Il (OMISSIS) la trentunenne M.A.P., mentre alla guida di una vettura stava percorrendo la strada statale (OMISSIS), finì su un’aiuola spartitraffico posta a sinistra della carreggiata sulla quale viaggiava e delimitata da un cordolo di cm.

10, sulla quale erano stati depositati, occupandone l’intera area, grandi tubi in cemento armato di proprietà del Consorzio per lo Sviluppo Industriale e dei Servizi Reali alle Imprese (da ora in avanti Consorzio), destinati ad essere utilizzati per la costruzione della condotta fognaria di (OMISSIS), anch’essa di proprietà del Consorzio.

Nel gennaio del 1995 agì giudizialmente innanzi al tribunale di Lecce nei confronti del Consorzio e di M.A. (che, in sede di accertamento tecnico preventivo chiesto dal proprietario del veicolo, era stato dal Consorzio indicato come appaltatore dei lavori), domandandone la condanna solidale al risarcimento dei danni (L. 1.850.000.000) per le gravissime lesioni riportate, dalle quali era derivata la sua totale invalidità permanente.

I convenuti resistettero. Il M.A. negò di essere l’appaltatore. L’attrice chiamò dunque in causa M.C., effettivo appaltatore dei lavori, il quale resistette affermando che i tubi in cemento armato erano stati direttamente acquistati dal Consorzio, il quale si era fatto carico del trasporto ed aveva individuato il sito di scarico.

Con sentenza del 15.3.2004 l’adito tribunale, estromesso dal giudizio M.A., ritenne che l’attrice avesse concorso per il 50% al verificarsi del fatto, condannò il Consorzio a risarcirle la metà dei danni (liquidati in Euro 269.950,50 per danni non patrimoniali ed in Euro 180.790,91 per danni patrimoniali, oltre accessori) e M.C. – nei confronti del quale disse prescritto il diritto dell’attrice – a rimborsare al Consorzio la metà di quanto avrebbe pagato, compensando le spese tra tutte le parti.

2.- La decisione è stata riformata dalla corte d’appello di Lecce che, decidendo con sentenza n. 467/05, in accoglimento dell’appello principale del Consorzio, ha rigettato la domanda, con assorbimento dell’appello incidentale della M. ed integrale compensazione delle spese.

3.- Avverso la sentenza ricorre per cassazione M.A.P., affidandosi a tre motivi, cui resistono con controricorsi il Consorzio e M.C..

M.A., cui il ricorso è stato notificato nonostante il passaggio in giudicato della sentenza di. primo grado nei suoi confronti, non ha svolto attività difensiva.

Ricorrente e controricorrenti hanno depositato memorie li illustrative.

Motivi della decisione

1.- L’illustrazione dei motivi è preceduta dalla premessa che, del tutto al di fuori della realtà storica dei fatti e senza che nessuna delle parti lo avesse mai sostenuto, la corte d’appello ha affermato che la M., percorrendo la SS (OMISSIS), giunta nel tratto di strada in quel momento interessato dai lavori di costruzione della rete fognaria della Zona Industriale di (OMISSIS) …" etc; e che, inoltre, i lavori erano segnalati da appositi cartelli.

In realtà – afferma -: (a) la zona industriale di (OMISSIS) non si trova sulla SS (OMISSIS), bensì nell’area destinatavi dal piano regolatore; (b) l’incidente s’è verificato al di fuori della zona industriale e in luogo estraneo al cantiere dei lavori di costruzione della rete fognaria; (c) l’aiuola spartitraffico sulla quale erano depositati i blocchi di cemento si trovava al di fuori della sede stradale e del cantiere costituito dai lavori della rete fognaria, sicchè sulla strada non vi erano (perchè non dovevano esservene) cartelli segnalatori dei lavori.

I controricorrenti oppongono a tale precisazione l’inammissibilità della stessa in sede di ricorso per cassazione, assumendo che, se mai, di tanto la ricorrente avrebbe potuto dolersi per mezzo della revocazione.

La ricorrente a sua volta assume che non di errore percettivo si sarebbe trattato, ma della considerazione, da parte della corte d’appello, di "fatti estranei alla realtà storica, mai evidenziati da nessuna delle parti in causa". 1.1.- Col primo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e segg., dell’art. 115 c.p.c., dell’art. 2051 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

La ricorrente si duole che l’affermazione secondo la quale le tubazioni in cemento erano bensì di proprietà del Consorzio ma che, dovendo essere interrate sotto la strada, erano state affidate all’impresa ( M.C.) appaltatrice, che le aveva prese in custodia e sulla quale quindi gravava l’obbligo di adottare tutte le cautele necessarie ad evitare che potessero essere causa di danno per terzi, sia stata fatta senza alcun riscontro negli atti processuali e sia contraria alle norme che disciplinano l’obbligo della custodia, giacchè l’opera appaltata doveva pacificamente essere realizzata con materiali della pubblica amministrazione committente, con la conseguenza che l’appaltatore ne avrebbe assunto la custodia solo successivamente alla collocazione nel cantiere, del tutto estraneo alla strada ed al margine della carreggiata dove erano stati depositati i tubi di cemento; i quali, al momento dell’incidente, si trovavano dunque nella custodia del Consorzio proprietario.

1.2.- Col secondo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 40 e 41 c.p., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Ci si duole che la corte d’appello abbia escluso il nesso di causalità tra presenza dei tubi e lesioni riportate dalla ricorrente M. sol perchè ella aveva perso il controllo della vettura che conduceva, senza considerare:

a) che, senza quei tubi sull’aiuola, non si sarebbe avuta la decelerazione violenta che aveva causato le lesioni;

b) che la corte non era chiamata ad indagare se sussistesse nesso causale tra monoblocchi (tubi di cemento) ed incidente, ma tra la presenza dei monoblocchi e la gravità delle lesioni conseguite all’urto.

Era poi priva di riscontro fattuale l’affermazione che i lavori in corso erano segnalati da appositi cartelli, perchè lavori in corso non v’erano, sicchè era del tutto erronea in fatto ed in diritto la conclusione che nel caso in esame la presenza delle tubazioni di cemento non ha in alcun modo contribuito a causare l’incidente.

1.3.- Col terzo motivo la sentenza è, da ultimo, censurata per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 1062 del 1963 e art. 2049 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, assumendosi che il committente è comunque responsabile ex art. 2049 dei danni provocati dall’appaltatore e che, in regime di appalto pubblico, la responsabilità della pubblica amministrazione committente permane per effetto dell’ingerenza che essa esercita all’interno del cantiere, attraverso il proprio rappresentante tecnico (direttore dei lavori).

Si insiste poi nel rappresentare che, nella specie, i monoblocchi non erano ancora entrati nella disponibilità dell’appaltatore, trovandosi depositati provvisoriamente e precariamente al di fuori del cantiere.

2.1.- Il primo motivo è fondato sotto il profilo del vizio della motivazione.

La sentenza non chiarisce in virtù di quali risultanze probatorie – a fronte dell’affermazione del M.A. in primo grado che il Consorzio s’era fatto carico del trasporto ed aveva individuato il sito di scarico (pagina 6, quinta e sesta riga della sentenza) e di quella contrapposta del Consorzio in appello che i tubi in cemento erano stati invece consegnati all’appaltatore (pagina 8 della sentenza, decima ed undicesima riga) – abbia ritenuto che i tubi, acquistati dal Consorzio, fossero stati consegnati all’appaltatore (pagina 12, quindicesima riga).

L’accertamento è di determinante rilievo in relazione al principio secondo il quale "per gli effetti di cui all’art. 2051 c.c. custode della cosa è chi ha l’effettivo potere materiale su di essa. Ne consegue che, in caso di appalto, dei beni, acquistati dal committente è custode il committente o l’appaltatore a seconda che, al momento in cui si verifica l’evento dannoso provocato dalla cosa, essa non sia stata ancora o sia stata già consegnata all’appaltatore". 2. – Il secondo motivo è fondato.

La corte d’appello è incorsa in un evidente errore di diritto laddove ha escluso il nesso causale tra la presenza del tubi di cemento sull’aiuola e l’evento di danno derivato alla vittima (lesioni personali) in ragione del fatto che la strada era rettilinea e che la vittima stessa perse il controllo dell’autovettura in assenza di qualsiasi situazione di pericolo.

L’esclusiva imputabilità alla stessa conducente della fuoriuscita dalla carreggiata dell’autovettura e della successiva invasione dell’aiuola spartitraffico posta al di fuori della sede stradale sulla sua sinistra non è in sè sufficiente ad escludere il nesso causale tra presenza dei blocchi di cemento e l’evento di danno dalla stessa subito (che è costituito dalle lesioni e non già dall’invasione dell’aiuola spartitraffico). Per poterlo affermare sarebbe stato necessario poter dire che l’evento di danno (lesioni personali) si sarebbe ugualmente verificato e sarebbe stato altrettanto grave se i blocchi non fossero stati posti sull’aiuola, non essendo altrimenti il concorso della vittima idoneo ad interrompere il nesso di causalità materiale fra una concausa (presenza dei tubi di cemento sull’aiuola spartitraffico) e l’evento.

3.- Così chiarita la rilevanza, sotto il profilo giuridico, dei fatti che vengono in considerazione, è priva di determinante rilievo la circostanza che vi fossero o meno segnali di pericolo (peraltro non specificati nella sentenza impugnata) relativi ad affermati lavori, "segnalati da appositi cartelli".

La presenza di un ipotetico segnale di pericolo relativo a lavori in corso non varrebbe comunque ad elidere la responsabilità del custode, se il danno provocato dalla cosa non sia qualificabile come fortuito per gli effetti di cui all’art. 2051 c.c. alla stregua di tutte le circostanze del caso. E "fortuito" – che è una qualificazione incidente sul nesso causale e non sull’elemento psicologico dell’illecito, come mostra di ritenere la corte d’appello laddove fa riferimento alla esclusa "colpa" del Consorzio (alla seconda riga del terzo capoverso di pagina 13 della sentenza) – è solo ciò che si pone del tutto al di fuori della possibile attitudine della cosa a provocare danni, pur in presenza di un concorrente apporto causale della stessa vittima; sicchè, in tanto potrebbe essere nella specie ravvisato il fortuito in quanto motivatamente sì ritenesse in fatto che l’urto occasionale di un autoveicolo contro un ostacolo fisso, massiccio ed anelastico collocato ai margini della carreggiata sia del tutto estraneo alle nozioni di comune esperienza.

La questione relativa alla ritenuta presenza dei segnali di pericolo non assume dunque il rilievo che l’art. 395 c.p.c., n. 4, presuppone per l’impugnazione di una sentenza per revocazione. Mentre quella relativa alla ubicazione del cantiere (sulla statale o fuori della statale, come insistentemente sostiene la ricorrente) è suscettibile si assumere rilevanza solo ai fini dell’individuazione del soggetto tenuto alla custodia: dunque, di un apprezzamento che il giudice del rinvio dovrà compiere a seguito dell’accoglimento del primo motivo di ricorso.

4.- Il terzo motivo è manifestamente infondato.

L’art. 2049 non è applicabile al committente per il fatto compiuto dall’appaltatore se non nel caso in cui, in base ai patti contrattuali, quest’ultimo sia stato un semplice esecutore degli ordini del committente ed abbia agito quale nudus minister, attuandone le specifiche direttive. Mentre l’ingerenza della pubblica amministrazione committente nell’esecuzione dei lavori all’interno del cantiere, tramite il direttore dei lavori dalla stessa pubblica amministrazione designato, è nella specie esclusa dalla stessa prospettazione della ricorrente, la quale ha sostenuto che i tubi di cemento erano stati depositati al di fuori del cantiere, sicchè la loro collocazione sull’aiuola spartitraffico non si assume connessa agli aspetti tecnici concernenti la realizzazione dell’opera fognaria (nei quali avrebbe potuto ingerirsi il direttore dei lavori della pubblica amministrazione, con conseguente responsabilità del Consorzio sotto tale specifico profilo).

5.- Conclusivamente, accolti il secondo motivo di ricorso e per quanto di ragione il primo, rigettato il terzo, la sentenza va cassata con rinvio alla stessa corte d’appello in diversa composizione per una rinnovata valutazione del fatto nel rispetto degli enunciati principi.

Il giudice del rinvio regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE accoglie per quanto di ragione il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, rigetta il terzo, cassa in relazione alle censure accolte e rinvia, anche per le spese, alla corte d’appello di Lecce in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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