Cons. Stato Sez. V, Sent., 01-04-2011, n. 2035 u.s.l.

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza n 459 del 20 maggio 2003, il Tar Basilicata ha accolto il ricorso dell’ambulatorio F.P.P. s.r.l., odierno ricorrente, contro le deliberazioni regionali di proroga dell’accreditamento provvisorio di strutture ambulatoriali, tra cui il Centro F.K.T. di C.T., ritenendo l’individuazione delle risorse disponibili da parte della regione non suscettibile di sostituire la programmazione regionale del fabbisogno sanitario richiesto dall’art. 16 della L.R. Basilicata n. 28/2000 nel testo all’epoca vigente.

Successivamente, l’art. 7 della legge regionale 7 agosto 2003, n. 29, a parziale modifica dell’art. 16 della L.R. n. 28 del 2000, ha disposto che la Giunta regionale definisse, ai fini dell’accreditamento, tenuto conto dei livelli essenziali di assistenza, il fabbisogno delle prestazioni sanitarie "anche solo individuando le risorse complessivamente disponibili per le diverse tipologie di prestazioni".

La Regione, con la deliberazione di Giunta n. 1794 del 7.10.2003, ha preso atto del superamento dei rilevi del giudice amministrativo in ordine alle proroghe di accreditamenti provvisori, tra cui quello del Centro F.K.T. di C.T..

2. L’ambulatorio F.P.P. s.r.l. ha impugnato dinanzi al Tar per la Basilicata, nei confronti sia della Regione che della ASL n.4 di Matera, la menzionata deliberazione di Giunta: per omessa comunicazione di avvio del procedimento; per eccesso di potere in violazione alla sentenza intervenuta; per violazione dell’art. 16 L.R. n. 28/2000; ha altresì censurato la disciplina regionale per violazione dell’art. 117 della Costituzione per contrasto con gli indirizzi statali ed in particolare l’art. 7 della L.R. n. 29/2003 per violazione degli artt. 3, 24, 101, 102, 103, 104, 108 e 113 della Costituzione.

3. Il Tar ha respinto il ricorso, giudicando legittimamente applicata la disciplina transitoria recata dalle leggi regionali susseguitesi per garantire continuità alle strutture sanitarie e considerando manifestamente infondate le censure di costituzionalità della disciplina sopravvenuta, in quanto caratterizzata da una natura transitoria, preordinata a garantire la concorrenza nelle more della definizione delle regole a regime, evitando il contenzioso tra le strutture accreditate nel 1993 e le nuove strutture,ed idonea ad assicurare certezza del rispetto dei vincoli di compatibilità finanziaria e dei livelli di assistenza.

4. Ricorre in appello l’interessato che, dopo avere illustrato l’evoluzione della normativa in materia di accreditamento delle strutture sanitarie, censura la sentenza di primo grado per:

a) erroneità ed illegittimità del rigetto per erronea valutazione degli effetti vincolanti derivanti dalla sentenza n. 459/2003 nonché per violazione degli art. 102, 103, 104, 108,113, 97 e 24 della Costituzione in riferimento all’art. 7 L.R. n. 29/2003, violazione dell’art. 33 L.n. 2034/1971 e falsa interpretazione dell’art. 7 L.R. n. 29/2003;

b) erroneità ed illegittimità del rigetto per violazione e falsa applicazione ed interpretazione delle norme sull’accreditamento provvisorio, in particolare dell’art. 8 quater della legge n. 229/99; violazione dell’art. 117 della costituzione in riferimento all’art. 7 L.R. n.29/2003;

Chiede pertanto, in riforma della sentenza di primo grado, l’annullamento dei provvedimenti contenenti proroga dell’accreditamento o, in subordine, la rimessione della questione di costituzionalità della disciplina regionale.

5. Si sono costituite in resistenza la Regione Basilicata e la Azienda Sanitaria USL n. 4 di Matera.

6. In prossimità dell’udienza di discussione, le parti hanno depositato memorie difensive.

7. All’udienza del 21 gennaio 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1. L’infondatezza dell’appello esime il collegio dal giudicare sull’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado sollevata dalla Regione appellata.

Sul punto, tuttavia, corre appena l’obbligo di precisare, in una con la giurisprudenza di questo Consiglio, che l’instaurazione o la prosecuzione di un giudizio non è consentita quando essa sia finalizzata a tutela di interessi illegittimi o pretese emulative (cfr. fra le tante, sez. V, 7.9.2009, n. 5244; sez. V, 17 dicembre 2008, n. 6293; sez. IV, 22 dicembre 2007, n. 6613; sez. IV, 11 dicembre 1998, n. 1629; Cons. giust. amm., 14 agosto 1995, n. 269), quale in effetti si prospetta quella del ricorrente che, inoltre, non ha provato alcun danno in concreto, se non quello, ipotetico, ad una contrazione della propria attività per effetto di quella della concorrente struttura sanitaria provvisoriamente accreditata.

2. Nel merito, i motivi di appello, che data la loro connessione possono essere trattati congiuntamente, sono comunque infondati.

3. L’art. 8 quater del d. lgs. n. 502/92, come introdotto dal d. lg. n. 229/1999, al comma 7, prevede espressamente la possibilità di accreditamento provvisorio di nuove strutture o di nuove attività in strutture preesistenti per il tempo necessario alla verifica del volume di attività svolto e della qualità dei risultati.

L’art. 16, comma 3 della L.R. 5.4.200, n. 28 ha disposto: "La giunta regionale definisce nel rispetto della programmazione sanitaria nazionale e/o regionale con proprio provvedimento il fabbisogno di prestazioni sanitarie ai fini del rilascio dell’accreditamento anche attraverso l’individuazione delle risorse complessivamente disponibili per le diverse tipologie di prestazioni per la stipula di appositi accordi contrattuali tra le Aziende sanitarie e le strutture accreditate.".

Nelle more della definizione del fabbisogno di prestazioni sanitarie, la Regione Basilicata è intervenuta con diverse delibere miranti a consentire la proroga degli accreditamenti provvisori (delibera di G.R. n. 1276 dell’11.6.2001, n.1156 del 26 giugno 2002, n. 1413 del 31 luglio 2002).

Il Tar Basilicata, con sentenza n 459 del 20 maggio 2003, ha annullato alcune proroghe, tra cui quella dell’odierna appellata, in base ad una interpretazione dell’art. 8 quater e dell’art. 16, comma 3, L.R. n. 28/2000, secondo cui non sarebbe sufficiente ai fini della proroga dell’accreditamento provvisorio la quantificazione delle risorse disponibili.

Successivamente, l’art. 7 della legge regionale n.29 del 7.8.2003, modificando l’art. 16 della L.R. n.28 del 5.4.2000, ha stabilito che la definizione ai fini dell’accreditamento del fabbisogno regionale, tenuto conto dei livelli essenziali di assistenza, potesse essere operato "anche solo individuando le risorse complessivamente disponibili per le diverse tipologie di prestazioni", confermando gli accreditamenti provvisori rilasciati dalla Regione per un periodo di 36 mesi dal 31 luglio 2002.

In base a tale norma è stata emessa la delibera impugnata che il Tar ha giudicato legittima

e dal cui giudizio il Collegio non ritiene di discostarsi, in quanto conforme alla disciplina regionale che ha precisato le modalità di definizione del livello finanziario di compatibilità degli accreditamenti provvisori, considerando equivalente, nella fase transitoria, la definizione del fabbisogno finanziario con l’individuazione delle risorse complessivamente disponibili, tenuto conto dei livelli essenziali di assistenza.

4. Né può ritenersi che l’emanazione della legge regionale e della delibera fossero preclusi dall’intervenuta pronuncia del Tribunale amministrativo regionale.

Invero, in disparte la mancata formazione di giudicato per essere stata la sentenza impugnata in grado di appello, va considerato che la precisazione (mediante l’aggiunta della parola "solo") da parte della legge regionale n. 29/2003 delle modalità di individuazione delle risorse ai fini dell’accreditamento provvisorio, non contrasta, in violazione dell’art. 117 della Costituzione, con le norme di principio statali in materia di accreditamento provvisorio.

Il comma 1 dell’art. 8 quater del d. lgs. n.50271992 prevede che l’accreditamento istituzionale sia rilasciato dalla regione subordinatamente alla rispondenza delle strutture sanitarie richiedenti ai requisiti ulteriori di qualificazione ed alla loro funzionalità rispetto agli indirizzi di programmazione regionale e alla verifica positiva dell’attività svolta e dei risultati raggiunti. Al fine di individuare i criteri per la verifica della funzionalità rispetto alla programmazione nazionale e regionale, la regione definisce il fabbisogno di assistenza secondo le funzioni sanitarie individuate dal Piano sanitario regionale per garantire i livelli essenziali e uniformi di assistenza.

Il comma 7 prevede che, nel caso di richiesta di accreditamento da parte di nuove strutture, esso possa essere concesso, in via provvisoria, per il tempo necessario alla verifica dell’attività svolto e della qualità dei suoi risultati.

Alla luce della natura provvisoria degli accreditamenti di cui al comma 7, si spiega – come correttamente evidenziato dal primo giudice – una disciplina di carattere transitorio che demandi alla regione la programmazione delle prestazioni sanitarie, nelle more della definizione del fabbisogno mediante la verifica dei volumi delle attività, "anche solo individuando le risorse complessivamente disponibili per le diverse tipologie di prestazioni".

La disposizione di cui all’art. 16, comma 3, non contrasta pertanto con i principi fondamentali della legislazione statale che esigono che l’eventuale ingresso di nuove strutture sanitarie debba essere compatibile con i bisogni sanitari in un quadro di risorse certe e disponibili, ma non detta per l’accreditamento provvisorio specifiche modalità attraverso cui imporre il tetto finanziario programmato.

Come già stabilito da questa Sezione (cfr. Cons. St. 25.8.2008, n. 4076), l’accreditamento trova i suoi presupposti logico – giuridici, oltre che nell’effettivo fabbisogno assistenziale (nella specie rispettato dall’imposizione di tenere conto dei livelli di assistenza), anche nell’ineludibile esigenza di controllo della spesa sanitaria, obbligo che influisce nella possibilità di attingere le risorse necessarie per la remunerazione delle prestazioni erogate. In linea con tali principi la legge regionale ha imposto, nella fase transitoria, l’indicazione delle risorse complessivamente disponibili, tenuto conto dei livelli essenziali di assistenza, così coniugando programmazione finanziaria e livelli di assistenza.

5. Manifestamente infondate sono poi le censure di legittimità costituzionale delle disposizioni regionali di cui agli artt. 7 e 9 L.R. n.29/2003 per contrasto con gli artt. 102, 103, 104, 108,113, della Costituzione.

Le norme regionali richiamate non possono essere infatti qualificate come leggeprovvedimento, riferendosi ad un numero indeterminato di destinatari e non concernendo un oggetto rientrante tra quelli propri dei provvedimenti amministrativi. Esse non intervengono prendendo luogo di atti illegittimi, ma regolano in via transitoria il regime dell’accreditamento provvisorio, già disciplinato con legge regionale ( legge n. 28/2000), nelle more della definizione del fabbisogno delle prestazioni per gli accreditamenti istituzionali, nell’interesse alla continuità dell’esercizio e del mantenimento della concorrenza tra strutture tutte già accreditate provvisoriamente. Costituiscono, pertanto, espressione della discrezionalità di cui gode il legislatore regionale titolare della potestà legislativa concorrente (cfr. Corte Cost.12.2.2010, n. 48).

Non sussiste, pertanto, una lesione al canone di ragionevolezza, né può configurarsi un’ipotesi di sanatoria rispetto all’accertamento giurisdizionale, in quanto il legislatore con l’art. 7 della l.r. n. 29 del 2003, ha agito sul piano astratto delle fonti normative senza ingerirsi nella specifica risoluzione delle concrete fattispecie in giudizio (cfr. Corte Cost. 13.10.2000, n. 419), nel rispetto dell’ineludibile principio di compatibilità finanziaria.

Non può, quindi, neanche configurarsi la finalità di sanatoria quale vulnus alla funzione giurisdizionale invocata dall’appellante ai fini della rimessione al sindacato di legittimità costituzionale.

6. Conclusivamente, l’appello deve essere respinto.

7. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese di giudizio liquidate in euro 5.000,00, oltre accessori come per legge, in favore di ciascuna delle parti appellate costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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