Cons. Stato Sez. V, Sent., 01-04-2011, n. 2031 risarcimento danni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il presente ricorso, notificato il 1° ottobre 2010, è stato proposto per ottenere il risarcimento dei danni discendenti da una serie di provvedimenti (emanati fra il 1998 ed 2002) di recupero di somme a carico della società istante, organismo intermediario nella erogazione di fondi comunitari transitati dalla Regione Campania; il recupero è stato dichiarato illegittimo dalla decisione irrevocabile di questa Sezione n. 142 del 14 gennaio 2009 (che ha riformato la sentenza di primo grado del T.a.r. Campania sezione staccata di Salerno).

2. Ottenuta la soddisfazione richiesta a mezzo di una decisione irrevocabile, resa da questa Sezione in sede di ottemperanza (n. 3800 del 16 giugno 2010), la società ha proposto il ricorso in trattazione per conseguire, apparentemente secondo il rito dell’ottemperanza, il risarcimento del danno patito a causa del comportamento illegittimo a suo tempo tenuto dalla Regione Campania, con riferimento specifico al danno all’immagine, alla perdita di chance e ai costi aggiuntivi sostenuti (tutti danni correlati all’illegittimo esercizio del potere di recupero).

3. La Regione Campania non si è costituita in giudizio.

4. La causa è passata in decisione all’udienza camerale del 21 gennaio 2011, previa segnalazione al difensore presente, ai sensi dell’art. 73, co. 3, c.p.a., della tardività della memoria conclusionale depositata in data 17 gennaio 2011.
Motivi della decisione

5. Il ricorso è sia infondato che inammissibile e deve essere respinto nella sua globalità.

Preliminarmente và dichiarata l’inutilizzabilità processuale della memoria conclusionale tardivamente depositata dalla difesa appellante in violazione sia dei termini ordinari che di quelli dimidiati sanciti dal combinato disposto degli artt. 73, co.1, e 87, co.3, c.p.a.

6. Và premesso ai fini della reiezione del ricorso, se qualificato in termini di domanda di risarcimento del danno derivante dalla condotta tenuta dall’amministrazione in sede di esecuzione del giudicato che:

a) in sede di ottemperanza il giudice è vincolato alla sentenza da ottemperare e il suo intervento non può decampare dal "dictum" della stessa;

b) nella specie, le prescrizioni contenute nelle menzionate decisioni di questa sezione (nn. 142 del 2009 e 3800 del 2010) sono state tutte osservate;

c) la causa petendi della domanda non è incentrata sulla affermazione di danni derivanti dalla mancata esecuzione, violazione o elusione del giudicato come richiesto dall’art. 112, co. 3, c.p.a.;

d) in ogni caso non è stato soddisfatto l’onere di allegazione e prova dei fatti costitutivi delle singole poste di danno richieste.

7. La domanda risarcitoria, ove la si voglia qualificare come autonoma, ai sensi dell’art. 112, co. 4, c.p.a., è comunque inammissibile per le seguenti ragioni.

7.1. Come evidenziato nella precedente ricostruzione dei fatti salienti di causa, tale domanda non è stata proposta all’interno di un giudizio di ottemperanza, come imposto dalla lettera e dalla ratio della norma sancita dal menzionato co. 4, primo periodo, secondo cui "Nel processo di ottemperanza può essere altresì proposta la connessa domanda risarcitoria di cui all’articolo 30, comma 5, nel termine ivi stabilito" (in termini la relazione illustrativa, p. 51 "…è stata prevista la facoltà di proporre nel giudizio in esame anche le domande risarcitorie per i danni derivanti dalla mancata esecuzione…").

Sul punto il nuovo codice ha cristallizzato un preciso orientamento giurisprudenziale, formatosi sotto l’egida della precedente normativa, che ammetteva la proposizione della domanda risarcitoria in sede di ottemperanza solo per il ristoro dei danni insorti in occasione dell’esecuzione del giudicato (cfr. fra le tante, Cons. St., V, 28 febbraio 2006, n. 861; sez. VI, 8 marzo 2004, n. 1080); è evidente che nella specie non è stato instaurato alcun giudizio di ottemperanza ulteriore rispetto a quello fruttuosamente concluso con la richiamata decisione n. 3800 del 2010.

7.2. La domanda autonoma in esame non soddisfa neppure l’ulteriore requisito richiesto per la proposizione, ex art. 30, co. 5, c.p.a., dell’azione di condanna per la prima volta in sede di ottemperanza, dalla norma sancita dal più volte menzionato co. 4, secondo periodo: "In tal caso il giudizio di ottemperanza si svolge nelle forme, nei modi e nei termini del processo ordinario").

Nel caso di specie viene meno la regola basilare del doppio grado di giudizio essendo stata portata la domanda risarcitoria autonoma direttamente alla cognizione del Consiglio di Stato.

Come ricorda la relazione illustrativa "Ancora, è possibile proporre nel giudizio di ottemperanza per la prima volta le connesse domande di risarcimento del danno derivante dall’illegittimità del provvedimento " (p. 51).

Si tratta di una delle più significative innovazioni previste dal codice con riferimento al carattere cognitorio del processo di ottemperanza; la prevalente giurisprudenza precedente, infatti, era ferma nel ritenere inammissibile la proposizione di tale domanda risarcitoria (cfr., fra le tante, Cons. St, sez. V, 27 aprile 2006, n. 2374; sez. IV, 21 ottobre 2004, n. 6914; sez. IV, 1 febbraio 2002, n. 396). Il codice ha invece recepito l’indirizzo minoritario che ammetteva la proposizione, in sede di ottemperanza, della domanda risarcitoria dei danni discendenti dall’originario illegittimo esercizio della funzione pubblica, a condizione, inter alios, che venisse introdotta davanti al T.a.r. per evitare la violazione del principio del doppio grado di giudizio (cfr. Cons. St., sez. VI, 18 giugno 2002, n. 3332).

Siffatta individuazione dell’ambito applicativo della norma in esame, oltre ad essere sostenuta sia dall’esegesi letterale che da quella storica, è conforme, in parte qua, alla sistematica del codice: l’art. 112, nell’imporre di seguire le "forme", i "modi" e i "termini"del processo ordinario è decisamente nel senso di risolvere il cumulo tra la domanda di esecuzione e quella risarcitoria mediante l’applicazione integrale del rito ordinario innervato dal principio generale del doppio grado di giudizio.

La tesi contraria non può trovare ingresso perché:

a) in un contesto normativo complessivamente attentissimo alla definizione delle regole sulla competenza, una deroga al riparto T.a.r. – Consiglio di Stato avrebbe dovuto esprimersi in modo chiaro ed esplicito;

b) l’azione risarcitoria "isolata", proposta dopo il passaggio in giudicato della sentenza di annullamento, vuoi per i danni direttamente discendenti dal cattivo esercizio della funzione pubblica, vuoi per i danni derivanti dalla mancata esecuzione del giudicato, appartiene sempre alla cognizione del T.a.r., nella logica propria del doppio grado;

c) allorquando il codice ha inteso consentire, in materia di ottemperanza, in deroga agli ordinari criteri di distribuzione della competenza in senso verticale, che sia portata all’attenzione diretta del Consiglio di Stato la domanda risarcitoria (quella collegata all’inesecuzione del giudicato ex art. 112, co. 3), lo ha fatto senza richiamarsi ai limiti, alle forme ed ai modi dell’ordinario processo di cognizione.

8. Sulla scorta delle rassegnate conclusioni il ricorso va dichiarato inammissibile.

9. Nulla per le spese di lite non essendosi costituita in giudizio la Regione Campania.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo dichiara inammissibile.

Nulla per le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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