Cass. civ. Sez. III, Sent., 07-07-2010, n. 16027 DANNI IN MATERIA CIVILE E PENALE

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

1.- Nel novembre del 1999 T.G., magistrato a (OMISSIS), agì giudizialmente innanzi al tribunale di Milano nei confronti del fratello T.A., avvocato in (OMISSIS), domandandone la condanna al risarcimento dei danni non patrimoniali, indicati in L. 500.000.000, derivatile dalle molteplici iniziative diffamatorie del fratello che, in relazione a questioni ereditarie insorte fra i due a seguito della morte della madre (deceduta nel (OMISSIS)), aveva scritto a più autorità (procura della Repubblica di Perugia, presidente del locale tribunale per i minori, CSM) attribuendo alla sorella comportamenti integranti ipotesi di reato, sfociati bensì in archiviazioni ma che avevano comportato un’ispezione ministeriale ed accertamenti da parte del Consiglio superiore della magistratura.

Il convenuto resistette.

Acquisiti documenti mediante ordine di esibizione al presidente del tribunale per i minori di Perugia ed assunta la prova delegata, il tribunale di Milano accolse la domanda nei limiti di Euro 20.000,00 con sentenza n. 4542/2002. 2. – L’appello di T.A. è stato respinto dalla 1^ corte d’appello di Milano con sentenza n. 2226/05". 3.- Il T. ricorre per cassazione affidandosi ad undici motivi, illustrati anche da memoria.

Resiste con controricorso T.G..

Motivi della decisione

1.- La sentenza è censurata:

– col primo e col secondo motivo per violazione dell’art. 210 c.p.c. e dell’art. 94 disp. att. c.p.c. per essere stata ordinata al presidente del tribunale per i minorenni di Perugia l’esibizione di documenti, per l’arco degli anni dal 1995 al 1998, senza la specifica indicazione dei documenti da esibire;

– col terzo, per violazione dell’art. 112 c.p.c. per non essersi la corte d’appello pronunciata sull’eccezione di nullità e decadenza della prova testimoniale delegata al presidente del tribunale di Perugia;

– col quarto, per violazione dell’art. 118 disp. att. c.p.c. per non avere la corte d’appello specificato i fatti ritenuti diffamatori ed il relativo disvalore, segnatamente in relazione all’elemento dell’animus diffamano, negato dal convenuto in primo grado;

– col quinto, in via subordinata, per violazione o falsa applicazione dell’art. 2043 c.c. per le stesse ragioni;

– col sesto, per violazione della L. n. 890 del 1982, art. 8 per essersi la notificazione del decreto di fissazione della prova delegata perfezionata il 10.12.2000, dopo la scadenza del termine del 9.12.2000 fissato dal giudice;

col settimo, per violazione dell’art. 2700 c.c. essendo documentalmente provato che il plico (contenente il provvedimento di cui sopra) era stato ritirato presso l’ufficio postale il 20.12.2000;

– con l’ottavo, subordinato al sesto motivo, per vizio della motivazione in ordine al termine finale ed iniziale della giacenza del plico stesso;

– col nono, per omessa rilevazione dell’inadeguatezza del tempo intercorso tra il perfezionamento della notifica e la data fissata per l’espletamento della prova (13.12.2000) in relazione alla circostanza che il ricorrente risiedeva a Milano e che il giorno 11 era festivo;

– col decimo, per omessa pronuncia sulla richiesta di riduzione del danno riconosciuto all’attrice in Euro 20.000,00;

– con l’undicesimo, per non avere la corte d’appello considerato che la denuncia presentata alla questura di Perugia era rivolta nei confronti di "anonimi" e che la sorella del denunciante vi era "nominata solo per essere interrogata circa l’accertamento dei fatti che riguarda(va)no una vicenda familiare". 2.- Tutti i motivi sono infondati:

– il primo ed il secondo poichè la corte d’appello ha correttamente ritenuto che avesse un oggetto specifico l’ordine rivolto al presidente del tribunale per i minorenni di esibire le missive inviategli dal T. in un determinato arco di tempo e riferite alla posizione della sorella del mittente (il quale aveva addotto di averle smarrite);

– il terzo poichè (in disparte il rilievo che la corte s’è espressamente pronunciata sul punto, escludendo la nullità, come risulta dalla sentenza, a cavallo delle pagine 4 e 5), il vizio di omessa pronuncia non è configurabile in ordine alle eccezioni di rito e, più in generale, in ordine alle questione impedienti di ordine processuale, ma solo nel caso di mancato esame di domande od eccezioni di merito che richiedano necessariamente una statuizione di accoglimento o di rigetto (Cass., sez. un., 18.12.2001, n. 15982). In ordine alle questioni processuali può invece profilarsi un vizio della decisione per violazione di norme diverse dall’art. 112 c.p.c. se ed in quanto la soluzione implicitamente data dal giudice alla problematica prospettata dalla parte si riveli erronea e censurabile, oltre che utilmente censurata (cfr., ex plurimis, Cass., nn. 1184/06, 13649/05, 3927 e 18147/02, 5482/97).

– il quarto poichè la sentenza s’è ampiamente diffusa sul punto – alle pagine 6, 7 e 8 – facendo riferimento al richiamo, da parte del primo giudice, di: a) tutte le denunce, esposti, note accompagnatorie, solleciti a firma del T.; b) la fitta corrispondenza (ben presto divenuta unilaterale intrattenuta col Presidente del Tribunale dei Minori di Perugia, … oltretutto dettagliatamente riportate nello stesso atto di citazione più volte richiamato nella sentenza … tali da rendere di solare evidenza il neanche tanto nascosto intendimento perseguito dall’odierno appellante di sortire il deprecabile effetto di rendere difficile per l’attrice continuare serenamente il proprio operato …;

– il quinto perchè la diffamazione costituisce anche un illecito civile e l’animus diffamandi è stato positivamente accertato da entrambi i giudici di merito;

il sesto perchè si verte in ipotesi di termine ordinatorio, il cui mancato rispetto non da luogo, in se stesso, a nullità;

– il settimo poichè la circostanza è pacifica e non risulta negata dalla corte d’appello;

– l’ottavo perchè il vizio di motivazione non può che concernere una quaestio facti, e non già l’inosservanza di una norma processuale;

– il nono perchè prospetta una difficoltà, ma non una circostanza processualmente rilevante o comunque tale da rendere impossibile il diritto di difesa;

– il decimo poichè la conferma della sentenza di primo grado ha l’inequivoca valenza di un implicito giudizio di adeguatezza della somma determinata dal tribunale e di rigetto dell’istanza di riduzione dell’appellante;

– l’undicesimo poichè la denuncia è stata dalla corte d’appello considerata (con apprezzamento di fatto la cui inadeguatezza il ricorrente avrebbe potuto contestare solo sulla base del non riferito contenuto della denuncia stessa) la più virulenta espressione della trama ordita dall’appellante nei confronti della sorella.

3.- Il ricorso è respinto.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in Euro 3.200,00, di cui 3.000 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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