Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 15-03-2011) 08-04-2011, n. 14058

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 6 luglio 2010, la Corte di appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza del Gup presso il Tribunale di Rimini, in data 18/9/2009, rideterminava in anni quattro e mesi quattro di reclusione ed Euro 1.400,00 di multa la pena inflitta a B.F. per i reati di rapina impropria, resistenza a pubblico ufficiale e porto ingiustificato di grimaldelli.

La Corte territoriale respingeva tutte le censure mosse con l’atto d’appello e provvedeva a rideterminare la pena per correggere un errore di calcolo effettuato dal primo giudice.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato personalmente sollevando un unico motivo di gravame con il quale deduce violazione di legge con errata ed insufficiente motivazione in relazione alla qualificazione del fatto come rapina, anzichè furto aggravato e violenza privata con resistenza all’arresto. Eccepisce inoltre violazione e falsa applicazione dell’art. 337 c.p. dolendosi di motivazione insufficiente e contraddittoria.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi non consentiti nel giudizio di legittimità. Infatti si tratta, all’evidenza, di motivi del tutto generici, e che, in ogni caso, per l’assoluta aspecificità, non permettono alcuna seria e concreta valutazione delle censure. Viceversa, il ricorrente ha del tutto ignorato le ragioni poste a base del provvedimento impugnato così incorrendo nel vizio di aspecificità conducente, a norma dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), all’inammissibilità dell’impugnazione (Cass., sez. 6, n. 35656, 6 luglio 2004, Magno).

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in Euro 1.000,00 (mille/00).
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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