Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 15-03-2011) 08-04-2011, n. 14055

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 17/3/2010, la Corte di appello di Genova, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Imperia, in data 30/9/2009, qualificato il fatto come unica rapina consumata ed esclusa la continuazione delle condotte, riduceva la pena inflitta a F.G., S.S. e G.G. per il reato di rapina aggravata in concorso, rideterminandola in anni quattro di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa ciascuno.

Avverso tale sentenza propongono ricorso personalmente tutti e tre gli imputati.

F.G. propone due motivi di ricorso con i quali deduce il vizio di illogicità della motivazione, dolendosi che la Corte territoriale non abbia qualificato il fatto come tentativo di rapina, anzichè rapina consumata, nonchè violazione di legge, in relazione agli artt. 62 bis e 133 c.p., dolendosi del mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.

S.S. propone due motivi di ricorso con i quali deduce il vizio di illogicità della motivazione, dolendosi che la Corte territoriale non abbia qualificato il fatto come tentativo di rapina, anzichè rapina consumata, nonchè violazione di legge, in relazione agli artt. 62 bis e 133 c.p., dolendosi del mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.

G.G. propone due motivi di ricorso con i quali deduce violazione di legge e vizio della motivazione, dolendosi che la Corte territoriale non abbia qualificato il fatto come tentativo di rapina, anzichè rapina continuata, nonchè violazione di legge e vizio della motivazione, in relazione agli artt. 62 bis e 133 c.p., dolendosi del mancato riconoscimento delle attenuanti genetiche.
Motivi della decisione

Tutti e tre i ricorsi sono infondati.

Per quanto riguarda le censure, comuni a tutti e tre i ricorrenti circa la qualificazione giuridiche del fatto come rapina consumata anzichè tentata, le stesse non trovano fondamento nella ricostruzione dei fatti, così come operata dai giudici di merito, dalla quale emerge che effettivamente F.G. sottrasse all’impiegata M.R., dopo averla bloccata una busta contenente 3.000 dollari conseguendone il possesso, sia pure per breve tempo, fino all’intervento dei Carabinieri che hanno interrotto l’azione criminosa nel corso della sua esecuzione. Nè le conclusioni in fatto a cui sono pervenuti i giudici di merito possono essere considerate viziate da manifesta illogicità per il fatto che la Corte territoriale ha utilizzato, oltre alla deposizione della teste anche la prova logica costituita dal fatto che la busta con la somma in questione è stata rinvenuta riposta in un armadio del locale della banca assieme al cutter utilizzato dal rapinatore.

Del resto non può dubitarsi che nella fattispecie sussistano gli estremi del delitto compiuto anzichè tentato poichè: "Il reato di rapina si consuma nel momento in cui la cosa sottratta cade nel dominio esclusivo del soggetto agente, anche se per breve tempo e nello stesso luogo in cui si è verificata la sottrazione, e pur se, subito dopo il breve impossessamento, il soggetto agente sia costretto ad abbandonare la cosa sottratta per l’intervento dell’avente diritto o della Forza pubblica" (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 35006 del 09/06/2010 Ud. (dep. 28/09/2010) Rv. 248611).

Parimenti infondati sono i motivi concernenti le non concesse attenuanti generiche e la misura della pena giacchè la motivazione della impugnata sentenza, e di quella conforme del primo giudice, si sottraggono ad ogni sindacato per avere adeguatamente richiamato i precedenti penali specifici di ciascun imputato, elementi sicuramente rilevanti ex artt. 133 e 62 bis c.p.p., nonchè per le connotazioni di complessiva coerenza dei suoi contenuti nell’apprezzamento della gravità dei fatti. Nè i ricorrenti indicano elementi non considerati in positivo decisivi ai fini di una diversa valutazione.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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