Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 15-03-2011) 08-04-2011, n. 14054

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 1 aprile 2010, la Corte di appello di Catanzaro, in parziale riforma della sentenza del Gup presso il Tribunale di Paola, in data 2/9/2009, riconosciute all’imputato appellante le attenuanti generiche rideterminava in anni tre e mesi otto di reclusione ed Euro 600,00 di multa la pena inflitta a T. M. per i reati di estorsione tentata e continuata e per una serie di episodi danneggiamento con incendio e di minacce aggravate.

La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello, in punto di sussistenza di validi elementi di prova, e confermava le statuizioni del primo giudice, ritenendo accertata la penale responsabilità dell’imputato in ordine ai reati a lui ascritti, provvedendo a rideterminare la pena in virtù del riconoscimento delle attenuanti generiche.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato per mezzo del suo difensore di fiducia, sollevando sette motivi di gravame.

Con il primo motivo deduce mancanza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione con riferimento all’accertamento della responsabilità dell’imputato per il reato di tentata estorsione, in danno di A.V. e S., di cui al capo a), dolendosi che la Corte d’appello non avrebbe articolato argomentazioni valide per consentire provata, oltre ogni ragionevole dubbio, la colpevolezza del prevenuto.

Con il secondo motivo deduce violazione di legge in relazione all’art. 597, comma 2), lett. A), con riferimento al reato di danneggiamento con incendio di un autocarro di A. S., di cui al capo B), dolendosi che la Corte d’Appello non abbia proceduto alla esatta qualificazione giuridica del fatto, non potendo coesistere l’ipotesi di reato di cui all’art. 323 con quella di cui all’art. 324 c.p..

Con il terzo motivo deduce la stessa eccezione di non esatta qualificazione giuridica del fatto con riferimento al danneggiamento con incendio di due autovetture di proprietà di A. S., di cui al capo C), dolendosi anche di motivazione insufficiente e contraddittoria.

Con il quarto motivo deduce mancanza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione con riferimento all’accertamento della responsabilità dell’imputato per il reato di estorsione, in danno di A.G., di cui al capo D). In proposito eccepisce che il contenuto delle intercettazioni ambientali effettuate nel carcere di (OMISSIS) ha valore neutro e non prova nulla circa la colpevolezza del T.. Contesta inoltre la sussistenza degli estremi della minaccia nelle espressioni adoperate dall’imputato per mandare a chiedere del denaro ad A. G..

Con il quinto motivo deduce mancanza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione con riferimento all’accertamento della responsabilità dell’imputato per i reati di cui ai capi E), L) ed M) dell’imputazione. Con riferimento a quest’ultimo capo deduce anche violazione di legge in relazione alla qualificazione giuridica del fatto di incendio.

Con il sesto motivo deduce violazione di legge in relazione all’art. 597, comma 2), lett. A), con riferimento all’imputazione di minacce in danno del luogotenente dei CC S.A., di cui al capo F), dolendosi della mancata esclusione dell’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 10.

Con il settimo motivo deduce violazione di legge in relazione all’art. 597, comma 2), lett. A), con riferimento all’imputazione di minacce in danno di A.S., di cui al capo F), dolendosi della mancata esclusione dell’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 1.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi non consentiti nel giudizio di legittimità.

Per quanto riguarda le censure in tema di vizi della motivazione, dedotte con i motivi uno, tre, quattro e cinque, va riconfermata la ormai pacifica giurisprudenza, più volte riaffermata anche a Sezioni Unite, secondo cui l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. L’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile "ictu oculi", dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le incongruenze logiche che non siano manifeste, ossia eclatanti, assolutamente incompatibili con altri passaggi argomentativi risultanti dal testo del provvedimento impugnato e considerandosi disattese le deduzioni delle parti che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purchè siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento. Ne consegue che non possono trovare ingresso in sede di legittimità i motivi di ricorso fondati su una diversa prospettazione dei fatti nè su altre spiegazioni formulate dal ricorrente, per quanto plausibili o logicamente sostenibili alla pari di quelle accolte dal giudice, (cfr. Cass. SS.UU. 24/1999 Spina, rv. 214794; SS.UU. 12/2000 Jakani 216260).

Alla luce di tali pacifici principi di diritto, devono essere considerate inammissibili le censure con le quali il ricorrente ha dedotto il vizio di motivazione.

In particolare, per quanto riguarda l’imputazione di tentata estorsione di cui al capo a), la motivazione della sentenza impugnata è immune da vizio logico-giuridici essendo le conclusioni assunte dai giudici di merito fondate su argomenti inoppugnabili, quali il fatto che l’imputato stesso ha confessato di aver commesso, su istigazione di A.G. il danneggiamelo dell’autocarro Fiat Iveco (capo B) di proprietà di A.S., cioè uno degli atti intimidatori rientranti funzionalmente nella strategia estorsiva posta in essere da A.G. nei confronti dei fratelli A.V. e S..

Per quanto riguarda il reato di danneggiamento di autovetture di cui al capo c), le contestazioni del ricorrente sono generiche e non scalfiscono l’impostazione della motivazione e non fanno emergere profili di manifesta illogicità della stessa, che ha fondato il giudizio di colpevolezza sulla base di elementi indiziari gravi, precisi e concordanti, in coerenza con le regole che governano la formazione della prova.

Per quanto riguarda il reato di estorsione in danno di A. G., il ricorrente contesta la lettura dei risultati delle captazioni ambientali e ne propone una differente lettura. Pertanto le censure del ricorrente svolgono, sul punto dell’accertamento della responsabilità, considerazioni in fatto insuscettibili di valutazione in sede di legittimità, risultando intese a provocare un inammissibile intervento in sovrapposizione di questa Corte rispetto ai contenuti della decisione adottata dal Giudice del merito.

Infine le contestazioni di vizio della motivazione rispetto ai delitti di cui ai capi E), L) ed M), sono generiche e non evidenziano vizi di sorta nel percorso motivazionale seguito dai giudici di merito.

Quanto alle censure in punto di qualificazione giuridica dei fatti di incendio, contestati sub B), C) ed M), le censure sono inammissibili sotto un duplice profilo: per carenza di interesse in quanto non incidono sul trattamento sanzionatorio inflitto al ricorrente e perchè manifestamente infondate in quanto, alla luce della descrizione del fatto contenuta nel capo di imputazione è evidente che all’imputato è stato contestato il delitto di danneggiamento seguito da incendio di cui all’art. 424 c.p., il cui comma 2 richiama espressamente l’art. 423 c.p., prevedendo che se l’incendio si verifica si applica la pena prevista per il reato di cui all’art. 323 ridotta da un terzo alla metà.

Quanto, infine, alle censure, sollevate con i motivi sesto e settimo, in punto di mancata esclusione delle aggravanti contestate nei delitti di minacce di cui ai capi F) ed N) dell’imputazione, le stesse risultano infondate. In particolare per quanto riguarda la minaccia al luogotenente dei CC S.A.G. è dallo stesso capo di imputazione che emerge che la minaccia è stata commessa contro il pubblico ufficiale a causa dell’adempimento delle sue funzioni.

Per quanto riguarda le minacce telefoniche ad A.S., il ricorrente non indica alcun elemento per il quale possa escludersi il movente dei motivi abietti.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in Euro 1.000,00 (mille/00).
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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